PINO DI BANZI
DEDICATO ALLA MEMORIA DI ARNALDO MUSSOLINI
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Se, parafrasando
Don Abbondio quando, ignaro della burrasca che di lì a poco sarebbe stata
scatenata sul suo capo dal tentativo di matrimonio clandestino che avrebbero
posto in essere, e che egli avrebbe sventato, quei "facinorosi" di
Renzo e Lucia , "seduto sul suo seggiolone...con un libricciolo aperto
davanti", "ruminava tra sé - Carneade chi era costui? "Carneade!
questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di
studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo
era costui?"; se dovessi chiederti anche tu chi invece fosse Arnaldo, io
posso aiutarti a scoprirlo.
Ti dico subito che si tratta di pino, con l’iniziale
minuscola però, perché se essa fosse stata invece maiuscola, non avresti avuto
bisogno di alcun aiuto: te ne saresti andato di filato a Pino Massaro, anche se
non avessi avuto la prerogativa di conoscerlo bene come me, per averlo visto
nascere e crescere davanti a casa mia e per essere egli anche un compagnone di
vecchia data di mio nipote Vito Tafaro, col quale è diventato anche compare, a
suggello di un rapporto di amicizia e di affetto più unico che raro.
La scoperta, tuttavia, l’ho fatta solo di recente anch’io
e fino a quel momento Arnaldo sapevo che fosse solo il nome di Forlani, quello
che, dopo la strapazzata avuta da Antonio Di Pietro durante il processo per
tangentopoli, è scomparso dalla circolazione.
Io mi ricordo una risposta memorabile che diede ad un
giornalista che lo stava intervistando all’indomani della sua nomina a
Presidente del Consiglio dei Ministri – o Premier, come Emilio Fede ama chiamare
sempre il suo divino Silvio: "Qual è il primo impegno – gli chiese - che ha
annotato nell’agenda?". "Andare dal parrucchiere" – Forlani rispose.
Ma non se ne sa mai abbastanza, perché di recente – dicevo
- ho fatto la scoperta che c’è un Arnaldo anche a Banzi. Come Don Abbondio,
anche se non mi stavo dondolando su alcun seggiolone, mi sono chiesto
ripetutamente anch’io se costui fosse "un letteratone del tempo
antico", oppure un monaco benedettino vissuto nei secoli passati nell’abbazia
di Banzi, un sagrestano lontano predecessore di fra’ Liberato, oppure almeno
un famoso brigante. Invece, niente di tutto questo, neppure facendo appello alla
mia più sfrenata fantasia, sono riuscito ad immaginare che quell’Arnaldo
indicasse a Banzi un segno della "gloriosa era fascista": il nome di
un pino, dedicato ad Arnaldo Mussolini, fratello del duce, scomparso
nel dicembre 1931, piantato nel recinto della scuola per onorarne la sua
memoria.
Questa scoperta non è di poco conto. Infatti, da indagini
che ho svolto, risulta che Banzi può fregiarsi di essere uno dei tre luoghi in
tutta Italia dove venga conservato un simbolo alla memoria del fratello minore
dell’artefice e fondatore del fascismo.
Il primo è una lapide posta nella chiesa di Santa
Maria Nuova a Mercato Saraceno (FC), dove il Duce, a dispetto dell'editto
napoleonico e delle osservazioni del prevosto di quel tempo, volle che il
fratello fosse sepolto, perché il cimitero di Paderno era inagibile per la neve
caduta in quei giorni. Ad onor del vero però, successivamente - per l’esattezza
un anno dopo - le spoglie furono traslate nel cimitero di quel paese.
Il secondo è un’altra lapide posta ad Erice (TP) nella Villa Comunale Balio
(giardini al Castello).
Entrambe tali lapidi però non hanno niente a che fare con la
maestosità del nostro pino di Banzi, cresciuto rigoglioso per oltre 70 anni,
che ha dato ospitalità a chissà quanti nidi ed assistito alla schiusa delle
uova di infiniti uccellini, riparo con la sua ombra in estate, durante chissà
quante partite a bocce, al mio maestro don Peppe, Cicccillo Lancellotti,
Settimio il messo, Gerardo Vigliotti il guardacampestre, l’avvocato Caffio, il
maresciallo, il medico De Mattia, in breve tutti i maggiorenti e nullafacenti
del paese che non trovavano un modo diverso per ammazzare il tempo.
Ma, a proposito del medico De Mattia, una domanda mi sorge
spontanea: come mai, egli che ostentava senza alcun ritegno, anche nell’ambulatorio,
di essere un nostalgico fascista non ha mai appeso alle pareti, insieme all’aquila
che aleggiava nel denso fumo delle tante Alfa con le quali ti asfissiava, anche
il quadro del pino Arnaldo?
Non penso che egli ignorasse che quell’albero fosse stato piantato appositamente per essere dedicato alla memoria del
fratello di Benito. Caso mai si era fatto promotore lui stesso dell’idea di
mettere a dimora tale pianta, chissà prendendo forse in tutta la sua vita l’unica
volta tra le sue mani anche un piccone, od almeno una pala. E poi, chissà che
piacevole sensazione avrà provato quando, durante la canicola estiva vi faceva
sosta sotto la sua chioma, traendo anche l’ispirazione per fare i suoi lanci
precisi delle bocce, competendo così nel gioco con suo cognato Peppino, che
può anche aver umiliato qualche volta, il quale però, se faceva
brutta figura con le bocce, si sarebbe potuto sempre rifare a scuola con noi
scolari, facendo stragi a suo piacimento, vuoi con scapaccioni e bacchettate,
vuoi con bocciature vere e proprie.
Ma, ritornando all’Arnaldo pino, se il mese di dicembre
1931 fu fatale per l’Arnaldo Mussolini e la tanta neve caduta costrinse suo
fratello a dare prova della sua prepotenza, facendolo riposare, in barba alle
leggi, per un anno nella chiesa di Santa Maria Nuova a Mercato Saraceno -
ordinando caso mai anche di sospendere la venerazione dei Santi per tributarla
al suo congiunto - il mese di dicembre 2003 stava per essere fatale anche per il
nostro pino, che ha corso anch’esso il rischio di essere seppellito nella
chiesa di Banzi, dal momento che la troppa neve caduta lo stava per far
stramazzare a terra.
Per fortuna, a differenza dell’Arnaldo romagnolo, l’Arnaldo
lucano di Banzi ha saputo resistere di più, rimanendone solo mutilato, sia pure
gravemente. Ma non importa, la sua linfa la saprà distribuire agli altri rami,
che potranno trarre beneficio dalla perdita del fratello.
Certo che, se fosse stato abbattuto completamente dalla neve,
sarebbe stato per me motivo di grande tristezza, perché egli aveva assistito
alle trepidazione del mio cuore, testimone addirittura della mia prima
dichiarazione d’amore. Poi, quando a Banzi fosse continuato ad arrivare "Il
mago della sera", a chi avrebbe potuto più svelare con un brusio i
suoi segreti?
Il nostro pino, però, potrebbe essere sfruttato non solo
poeticamente, bensì anche politicamente. Dal momento che Banzi può vantare la
prerogativa di essere uno dei tre Comuni d’Italia a conservare una siffatta
memoria, si potrebbe organizzare un raduno nazionale fascista nel nostro paese,
ricevendo l’onore (per qualcuno forse anche il piacere) di avere tra gli
ospiti anche l’Alessandra pronipote dell'Arnaldo.
Poi il Comune potrebbe combinare anche un grandissimo affare.
Basterebbe infatti prendere la parte di albero abbattuto e farlo in minuscole
schegge da vendere come cimeli a tutti i partecipanti: il suo bilancio diventerebbe
sicuramente florido, sì che forse per qualche anno potremmo anche sperare di
vedere abbassata l’aliquota ICI al 4 per mille.
Ma forse qualche nostalgico fascista banzese, o anche
genzanese, si sarà già accaparrata la parte di pino caduta, se la sarà
portata a casa, l’avrà anche già bruciata nel camino. E - c’è da
scommettere – mentre ardeva il pino Arnaldo, avrà sicuramente visto emettere una fulgida
"fiamma tricolore".