A Capedacqua du Vanzudde
Talvolta, senza nascondere la mano, qualche
sasso mi è capitato di lanciarlo da questo sito, nello stagno di Banzi.
Però, non essendo sul posto, non posso rendermi esatto conto
dell'effetto che produce il cerchio d'onda, quando lambisce la riva.
Tuttavia, se non avrà l'effetto di uno tsunami, perché vittime non mi
risulta ne abbia mai provocato, almeno un po' di solletico a qualcuno lo
farà.
Così, per esempio, è stato col festeggiamento
del settimo centenario della nascita del Petrarca, avvenuto, a distanza
di oltre due anni dal lancio del mio sasso, nella chiesa di Santa Maria
di Banzi, il 17 dicembre scorso.
Debbo confessare però al riguardo di essere
rimasto alquanto deluso, per non aver trovato adeguatamente documentato
l'evento su internet. Infatti, vi ho rinvenuto solo l'album fotografico
della mostra nel sito di Antonio Sapio (fai attenzione però collega web
master: il prof. Michele Feo, "ha avuto", non "ebbe i
natali a Banzi", perché egli non fu, è ancora), e su quello degli
"Amici di Ursone" un articolo di un tale Gianrocco Guerriero,
che ha un grande pregio: di farti sentire un cretino - almeno a me -
perché, l'ho letto e riletto diverse volte, ma il significato di certe
espressioni non sono proprio riuscito ad afferrarlo: quanti hanno capito
ad esempio questa?: «Una poesia, quella intesa dal Petrarca, che
vuol fungere da ‘costante di moto’ nel caotico fluire degli eventi,
delle vite ed, in sintesi, della Storia: l’eternità dunque
riconsegnata nelle mani dell’uomo, ancorché ridotta ad ‘infinito
potenziale’ irraggiungibile, anziché ‘attuale’».
I critici hanno questa abilità, di non
farti capire niente, di fare astrazioni di fronte alle quali il lettore
si sente uno stupido, perché gli fanno venire la sensazione di aver
letto solo in sequenza le lettere delle parole componenti i versi, senza
percepirne il significato. Se - lo dico solo come ipotesi di fantasia -
io dovessi diventare un poeta famoso, do disposizione che nessun critico
si occupi di me, perché desidero che i miei lettori intendano solo ciò
che le mie parole riescano a far capire, senza l'astrusa loro
intermediazione interpretativa.
Non ho potuto leggere invece neppure una
parola di ciò che abbiano detto i relatori, il prof. Michele Feo prima
di tutti; ma mi sarebbe piaciuto gustarmi per intero anche il discorso
introduttivo del sindaco. Questo, infatti, mi è stato comunicato solo
in parte da una mia segreta "ambasciattrice". Tuttavia, io
voglio beneficiare i miei pochi lettori (oramai saranno diventati due,
al massimo tre) della lettura di questo pezzo introduttivo del primo
cittadino di Banzi: eccolo di seguito.
«Cari Elettori,
oggi vi ho convocato qua non per festeggiare l'esito d'un voto, bensì
per onorare un vate: Francesco Petrarca. Voi sapete tutti che egli è
stato un grandissimo poeta, che aveva inaugurato un nuovo stile di
poesia, denominato appunto "dolce stil novo". Non sapete,
invece - ed oggi ne avete in anteprima da me la rivelazione - che,
per quanto egli fosse di origine Toscana, non di rado veniva a
ritemprarsi a Banzi, ospite dell'Abate Ursone - presso il quale lo
inviava il suo protettore Cardinale Colonna - che lo trattava, quale
ospite d'onore, con ogni riguardo, riservandogli un appartamento della
sua "abbazzia", e mandandolo a rifocillare spesso alla
"capannina".
Circolata a Banzi la voce che egli fosse uno
dei poeti massimi (e siccome era tale anche di peso perché Ursone si
prodigava nel farlo rimpinzare bene), tutti lo chiamavano scherzosamente
"Petrarcone". Ma taluno si confondeva e lo chiamava invece
Petraccone, qualcun altro lo appellava alla banzese Don Ciccio.
Come sapete, egli componeva delle liriche, che
sono quelle poesie che si declamano accompagnate dalla lira, ma
Petrarcone non ne aveva solo una, bensì tante, e giacché molti banzesi
volevano emulare il poeta toscano, andavano spesso a chiedergliele in
prestito, per comporre poesie. Non voglio qui dilungarmi a raccontare
cosa succedesse poi a quei malcapitati aspiranti poeti banzesi,
sussurrarvi una confidenza invece sì: Laura era l'ispiratrice delle sue
poesie, ma a Banzi non c'era chi non sapesse che sesso invece egli lo
andava a fare con ...»
Purtroppo l'ambasciata della mia "Ambasciattrcie"
si è interrotta qua, ma già il prologo del discorso sindacale dimostra
senz'altro di essere stato all'altezza d'un primo cittadino.
Per rimanere un po' in tema, volevo cogliere
l'occasione per lanciare da questo sito un altro sasso. Lo spunto me lo
ha offerto uno studioso francese, tale Denys Eissart, il quale, invece
di dedicarsi a festeggiare il santo Natale, è venuto ad inciampare nei
giorni scorsi nel mio sito, per chiedermi, in quanto amatore egli di
Orazio, ed autore e web master del sito http://quintus.horatius.free.fr/,
l'autorizzazione ad inserire nello stesso la mia foto del monumento
dedicato alla "Fons Bandusiae".
Ecco testualmente la sua lettera, in ben tre
lingue, perché egli, gentilissimamente, me l'ha trasmessa tradotta
anche in inglese ed italiano:
« Bonjour.
Je suis le webmaster d'un site consacré au poète latin Horace.
J'ai trouvé sur votre site une photo de la "Fons Bandusiae".
M'autorisez-vous à la reproduire sur mon site ? (avec mentions de votre
nom et de votre site évidemment) Pourriez-vous m'indiquer où la photo
a été prise?
Merci beaucoup.
Hello. I am the webmaster of a website devoted to
the Latin poet Horace.
I found on your site a photograph of the “Fons Bandusiae”.
Do you authorize me to reproduce it on my site? (with mentions of your
name and of your site obviously)
Could you indicate to me where the photo was taken? Thank you very much.
Ciao.
Sono il webmaster di un “website” dedicato al poet latino Orazio.
Ho trovato sul vostro website una fotografia “di Fons Bandusiae„.
Lo autorizzate a riprodurlo sul mio website? (con le menzioni del vostro
nome e del vostro website ovviamente) Potreste indicare a me dove la
foto è stata presa?
Grazie molto.
Denys Eissart »
Naturalmente, io l'ho autorizzato senz'altro a
pubblicare tale mia foto nel suo sito, provando, tuttavia, un certo
imbarazzo, perché non so per chi egli mi abbia preso. Nel rispondergli,
comunque, mi sono premurato di indicargli tutti i siti specialistici
sull'argomento, annotandogli i relativi links di "Amici di
Ursone", Lucania on line, Marotta di Banzi - con raccomandazione di
visitare questo sito molto spesso -, non escluso, ovviamente, quello di
Sapio, a che quell'amatore di poesia potesse apprezzare anche le sue.
A proposito, indico qua agli "Amici di
Ursone" l'indirizzo web del sito di quello studioso francese, perché,
se lo trovassero interessante, eventualmente lo linkino nel loro (a meno
che non faccia ciò schifo perché l'idea proviene da me), che è il
seguente: http://quintus.horatius.free.fr.
Ma di Eissart mi piace riportare qua anche
l'ultima lettera, particolarmente simpatica, che mi ha inviato dopo
avergli dato tutte le informazioni. Ecco anche questa:
«I particolari precisi che mi fornite sono realmente molto
interessanti per me.
Queste sono esattamente le informazioni che ho raccolto.
Grazie molto.
Non parlo italiano, ma lo leggo un piccolo. (Specialmente Buzzati e
Calvino)
Ho letto alcuni dei vostri poesias.
Ho apprezzato molto.
I anche scrivo (in un altro stile) (http://www.eissart.org/)
Se un giorno faccio un viaggio in Venosa dirò il buon giorno a voi.
Amicizie nella poesia.
E li ringrazio una nuova volta
Denys Eissart
(Scusarlo per questa lingua artificiale...)»
Ma quali scuse Denys, io ti ringrazio
commosso di questa tua lettera! Tu scrivi in modo assai più
intelligibile di Gianrocco Guerriero!
In ogni caso, mi sembra doveroso rendere
omaggio al cugino d'oltralpe, pubblicando qua la sua versione della
"Fons Bandusiae" oraziana: potrebbe essere utile almeno all'ex
professore di francese di Banzi, per fare un ripasso!
À la fontaine de Bandusie
d'après l'Ode III, 13 d'Horace
Ô
source de Bandusie, plus limpide que le cristal le plus
pur, toi qui es digne de l'offrande du vin doux et des
fleurs, demain tu recevras en sacrifice un chevreau que le
front renflé de cornes naissantes voue déjà à Vénus
et aux combats. Mais, pour lui, ce sont là de vaines
ambitions, car ce rejeton d'un troupeau plein d'ardeur va
sous peu rougir de son sang tes fraîches eaux.
Toi, même la pénible époque de
la Canicule brûlante ne saurait t'affecter et tu offres
une fraîcheur bienvenue aux taureaux las des labours
comme aux bêtes errantes.
Désormais, tu feras toi aussi
partie des plus célèbres fontaines, puisque j'aurai
chanté l'yeuse qui s'élève au-dessus du creux rocheux
d'où se répandent tes flots volubiles.
(Traduit et adapté du latin par
Denys Eissart)
poesia tratta dal sito http://www.eissart.org/horace/ode_III_13.htm
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Ma qual è il sasso che intendevo
lanciare? Questo: visto che sarà assai improbabile che "noi
ci darem la mano ... a Capodacqua di Genzano", si potrebbe
invece organizzare un convegno (tipo quello sul Petrarca) "a
Capedacqua du Vanzudde" - mi conceda il prof. Michele Feo di
prendere a prestito, col massimo rispetto che gli porto, il titolo della
sua versione della poesia oraziana - per fare una festa in onore della
nostra "Fons Bandusiae".
Non so quanta partecipazione ci sia stata per
Petrarca, ma sono sicuro che il convegno "a Capedacqua du Vanzudde"
sarebbe un successone, anche perché i banzesi sentirebbero la poesia di
Orazio molto più vicina al loro spirito.
La si potrebbe organizzare a ferragosto.
Immagino già il belare dei capretti ed agnelli cui frons turgida
cornibus, e lo scintillio delle lame dei coltelli, pronti a scannare
loro la gola, l'applauso fragoroso quando, sgozzato il primo capretto, gelidos
inficiet tibi rubro sanguine rivos. Intanto che si consuma il
sacrificio, i commensali (pardon convegnisti) reciterebbero in tutte le
lingue i versi oraziani, senza trascurare di dar fuoco alla brace, che a
sua volta attenderebbe ardentemente di abbracciare con molto calore
quelle innocenti creature esanimi.
L'amministrazione comunale potrebbe poi
approfittare per fare un gemellaggio con quella del Comune di
appartenenza dello studioso francese Denys Eissart (le cui mail mi hanno
fatto concepire questa idea), che sarebbe invitato insieme ad una
delegazione comunale, con reciproco scambio di visita poi in Francia da
parte di una delegazione banzese.
Ma, più che le parole, valga la seguente foto
- grato all'autore che me ne ha autorizzato la riproduzione - a rendere
l'atmosfera del convegno "a Capedacqua du Vanzudde".
Foto tratta da: http://www.tafaro.it/pagine_web/immagini/foto_amici/amici.htm
A conclusione di questa
pagina, desidero fare due chiose.
1. Per l'agnello (o capretto), sia prima che dopo la venuta di Cristo,
non è cambiato niente: una volta per ispirare i versi ad Orazio,
un'altra per togliere i peccati del mondo, egli è votato sempre al
sacrificio: verso questa creatura mi sta maturando una certa solidarietà,
tale da indurmi ad aggiungere ai miei figli nel rifiutare di mangiarne
la carne.
2. Mi ero ripromesso di non parlare più di Banzi, stante il fatto che
è diventato assai flebile il mio senso di appartenenza ad esso, ed
invece spunta fuori sto francese che mi induce, quasi mi costringe a
farlo ancora.
Giuro però, che questa pagina sarà l'ultima. Anzi no, facciamo
penultima, perché non vorrei che quella mia amica "Ambasciattrice"
riesca a trafugare e farmi avere segretamente anche l'atteso discorso
che, a fine anno, ascolteranno i banzesi dal loro primo cittadino! Come
farei a non riportarlo qua? L'omissione potrebbe dare adito ad essere
intesa come un reato di lesa maestà, ed io non intendo fare la fine che
toccherà nel prossimo mese a Saddam Hussein.
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