C'ERA, C'E', CI SARA'
pensieri, ricordi, emozioni e riflessioni d'un solstizio d'inverno

     Lo giuro, il titolo di questa pagina non mi è stato affatto indotto dalla nostalgia di tornare ancora a scuola, quasi fossi mosso dalla voglia di ritornare a cimentarmi a scrivere le parole difficili, a fare una sorta di prova di verifica per vedere se ci azzecco o meno a mettere apostrofi ed accenti. Io ho avuto un ottimo maestro, che in quattro e quattr'otto, come avesse una bacchetta magica, mi ha saputo insegnare tutto, e non solo come e quando si usano gli apostrofi e gli accenti, ma anche le "h". Mi ricordo ancora, infatti, che egli declamava: "cu, ca, co acca no, che chi acca sì". E da allora in avanti, usando quel motto come una pietra di paragone, non ho mai sbagliato un'acca... almeno così mi pare.    Il titolo di questa pagina mi è stato ispirato, invece, dalla delicata e commovente poesia di Juan Ramon Jmnez, titolata "C'era", che mi ricordo aver inserito l'anno scorso in questo sito come esaltazione più pura ed autentica dell'evento del Natale, e che mi piace riproporre ancora, eccola:

C'ERA

L’agnello belava dolcemente.
L’asino, tenero, si allietava
in un caldo chiamare.
Il cane latrava
quasi parlando alle stelle.
Mi svegliai…Uscii. Vidi orme
celesti sul terreno
fiorito
come un cielo capovolto.
Un soffio tiepido e soave
velava l’alberata:
la luna andava declinando
in un occaso d’oro e di seta
apersi la stalla per vedere se Egli
era là…
C’era…

    Insieme a lui c'era, naturalmente, anche sua Madre, Maria, che lo accudiva ed allattava, giacché, per quanto Egli fosse figlio dello Spirito Santo, era diventato umano e, quindi, doveva anche nutrirsi, come tutti i bambini.    Io ho fatto l'università a Bologna e spesso andavo a disintossicarmi dallo studio con delle passeggiate. Una delle mie mete preferite era il Santuario della Beata Vergine di San Luca. Lungo il porticato che conduceva al colle dove si trovava la basilica, notavo il modo originale di indicazione delle date, che, se per esempio fosse l'anno corrente, sarebbe stato "2006 dal parto della Vergine Maria". Trovo che ciò sia un doveroso riconoscimento a quella Santa Donna, che quanta sofferenza ha dovuto patire per adempiere alla missione di generare un siffatto Figlio!
    
    Lunedì scorso, durante una seduta di giunta, il sindaco ha mostrato tutti i biglietti d'auguri che erano pervenuti: ne ho adocchiato uno che ha catturato subito la mia attenzione, sia per la suggestività dell'immagine, che per il messaggio contenuto dentro, l'autore del quale, come gli artefici delle scritte del santuario bolognese, poneva molto in risalto il ruolo della donna.
    Certo, il sindaco di Verbania, che ne era il mittente, non è da escludere che abbia inteso perseguire con quel biglietto d'auguri lo scopo politico di accattivarsi la simpatia dell'elettorato femminile, ma la poesia di Mario Luzi che vi era riportata, mi ha commosso, straziandomi un po' l'anima.
    Ecco, di seguito, il biglietto d'auguri, e la poesia del defunto poeta e senatore a vita toscano.


                                                                        Verbania 27 gennaio 2006 - Foto di Paolo in-Puntolinesnc di Minioni (VB)

AUGURIO

Camera dopo camera la donna
inseguita dalla mattina canta,
quanto dura la lena
strofina i pavimenti,
spande la cera. Si leva, canto tumido
di nuova maritata
che genera e governa,
di spazzole, di panni
penetra tutto l’alveare, introna
l’aria già di primavera.
Ora che tutt’intorno, a ogni balcone,
la donna compie riti
di fecondità e di morte,
versa acqua nei vasi, immerge fiori,
ravvia le lunghe foglie, schianta i seccumi, libera i buttoni,
per il meglio della pioggia,
per il più caldo del sole,
o miei giovani e forti,
miei vecchi un po’ svaniti,
dico, prego: sia grazia essere qui,
grazia anche l’implorare a mani giunte,
stare a labbra serrate, ad occhi bassi
come chi aspetta la sentenza.
Sia grazia essere qui,
nel giusto della vita,
nell’opera del mondo. Sia così.

Mario Luzi, Augurio, in Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1974, p.282

  Letta tale poesia, come non andare col pensiero anche a mia madre, specialmente in questo periodo di Natale, ricordando quanto fosse indaffarata a compiere le alchimie per preparare, in un'atmosfera densa di aromi di cannella, noce tostata, vincotto, ecc., le tanto sospirate leccornie natalizie: "cozon, coz'ncidd, pettl e scart'ddat"?
    Ma questa mattina ho avuto un motivo in più per ricordarla, perché mi sono ritrovato tra le mani il mio libro "Una madre", per portarlo ad una signora che me ne aveva fatto richiesta, e che è venuta apposta ad attendermi alla stazione di Gallarate per riceverlo. Dopo averle scritto la dedica, mi si è aperto nella pagina dove c'era la poesia "Mi sembra incredibile: ne ho letto alcuni versi, mi sono sentito come delle coltellate d'emozione in profondità nel cuore, l'ho richiuso allora in fretta. La signora Enrica, tuttavia, ha voluto condividere quelle coltellate con me, trovandole "bellissime".

        Oggi ho potuto vedere, in un certo senso, anche quell'agnello di Juan Ramon Jmenez che "belava dolcemente". Di ritorno da Druogno, ad un certo punto ho sentito il trenino fare una brusca frenata. Cosa era successo? Che una pecora col suo agnello si erano fermati, incuranti del treno, proprio a pascolare tra i binari. Finalmente liberatili, se no seno andati a pascolare nel prato circostante, con l'agnello che saltellava felice accanto alla mamma, che con altrettanta felicità lo conduceva con sé. Che meraviglia vederli insieme! Tuttavia, non ho potuto trattenermi dal riflettere che essi erano riusciti sì oggi a scampare le ruote del treno, ma domani o dopodomani non avrebbero potuto scampare allo scannatoio.
   Ed alla sera un'altra visione, mai avuta prima, mi si è presentata di ritorno dalla seduta consiliare a Bognanco: una cerva mi è apparsa all'improvviso davanti alla macchina. Anch'io come il treno, sono riuscito ad evitarla, e lei mi ha trotterellato un po' davanti, scansandosi poi a lato. Superato il mio disturbo, avrebbe probabilmente ripreso a leccare per strada il sale sparso per il gelo. Ed anche per lei non ho potuto non riflettere, che, se era riuscita salva dal mio investimento, sicuramente, primo o poi, non avrebbe potuto non soccombere alle pallottole di qualche cacciatore, o caso mai ai morsi dei lupi che stanno facendo ritorno da quelle parti.
   Paradossalmente, non finirà ucciso e mangiato invece il coniglio che alberga a casa mia. Oggi mia figlia l'ha fatto visitare dal veterinario, che l'ha trovato in ottima salute. Esso però è rimasto tutt'altro che nano, come quando era stato acquistato. Ciononostante, non finirà cucinato in pentola al sugo, come sarebbe stato il destino al quale l'avrebbe condotto mia madre mezzo secolo fa. Chissà se egli lo immagina ciò, o se invece continua a vivere con la paura di essere prima o poi divorato, conscio del suo status di preda. A meno che, viceversa, non si senta offeso e tradito per non vedere attuato il suo destino di essere divorato, aspettandosi, invece delle carezze, la lama del coltello che gli tagli la gola.

   Ma le visioni di questo solstizio d'inverno non erano ancora finite, perché questa sera ad una rotonda ho visto spuntare, come funghi, dieci olivi. Ho rallentato con la macchina per osservarli meglio. Erano delle piante secolari, provenienti, chissà, dalla Puglia o dal Portogallo. Che tristezza vederle là! Se non ci fosse stato tutto il traffico ed il rumore delle macchine, mi sarei fermato, sarei andato vicino ad accarezzarli, li avrei consolati dicendo loro: "Coraggio, non siete i soli a finire in questo freddo grigio del nord! Oggi è il solstizio d'inverno, ma vedrete finirà questa gelida stagione ed anche qua arriverà la primavera e ci sarà il sole!".

    Mi sento di essere diventato questo Natale un po' più buono. Sono certo che la Befana, se dovesse venirmi a fare ancora la sorpresa della calza, non mi farebbe trovare più il carbone che metteva in superficie mia madre per nascondermi sotto qualche caramella. Al massimo, se volesse prendersi un po' gioco di me, mi metterebbe della carbonella, per vedere di nascosto l'effetto che mi farebbe. Ma questa parola, giacché sono diventato buono, mi farebbe ora solo sorridere, e ripetere ancora "cu, ca co, acca no, che chi acca sì".
    Buon Natale allora anche al mio maestro ... ed a Donato (l'unico che da Banzi, fino a questo momento, si sia ricordato di me ed abbia avuto il coraggio di inviarmi un messaggio di auguri).

 21 dicembre 2006

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