CANTI DI BANZI
raccolti da Michele Feo e dalla consorte Gabriella Mazzei
quale primo dono alla loro figlia Giuditta Moly in occasione della sua nascita

    Mi trovavo a fare il militare ad Ozzano Emilia (BO), nell'agosto 1976, ed il giorno 12 compivo il mio 25° compleanno, senza alcun festeggiamento. A Pisa, invece, stava per nascere, o era nata da poco, Giuditta Moly, figlia di un altro banzese, Michele Feo, e di Gabriella Mazzei, ed il 17 dello stesso mese egli faceva stampare i "Canti di Banzi", da lui raccolti per offrirli alla figlia, in segno di benvenuto per la sua nascita, alla stregua di "un mazzolino di canti umili e splendidi come fiori montani".
    Tali canti sono stati donati anche alle persone che Michele e Gabriella stimavano ed amavano e, a distanza di quasi trent'anni, anche se con Michele Feo ho avuto appena qualche contatto telefonico-telematico - sicché non posso annoverarmi tra le persone oggetto di stima ed amore - me n'è giunta comunque "l'eco", che voglio diffondere in questo sito, un po' come le colline e rupi di Banzi, riverberavano l'eco delle nostre voci, che da bambini lanciavamo a squarciagola contro, per sentirne il ripetuto sempre più flebile ritorno.
    Dichiara Feo: "Sono canti della mia terra, che abbiamo raccolto dalla voce dei miei genitori, degli zii e di altri parenti, o sono ricordi della mia infanzia.... Li ho sentiti cantare nella valle del torrente, dalla vigna di Nonno Francesco: venivano da altre vigne, da lontananze impensabili. Li ho sentiti sulle aie accompagnare la trebbiatura: l'uomo che menava il mulo in tondo sulle spighe (la "trezza") cantava melodie brevi in distico, lente e trascinate all'infinito, che sembravano l'immagine della sua fatica. Li cantavano le donne durante la lavatura dei panni, i giovani nelle serate tiepide o durante le feste di Capodanno e Carnevale. Cullavano i bambini, consolavano gli innamorati, lodavano le cose buone ed essenziali, davano ordine e ritmo al dolore, alla gioia, alla fatica, agli odi e alle speranze. Sono un po' la mia 'negritudine'. Intenderli e amarli fuori del mondo in cui sono nati è difficile. Questa minuscola antologia non è un viaggio alla ricerca delle radici, tuttavia vuole e deve essere un omaggio a quanto di noi abbiamo perso".
   
E questi canti costituiranno per tanti, sicuramente lo sono anche per me, come per Feo, una"scheggia nella ferita", perché anch'io ho fatto in tempo a vedere e sentire mio padre cantare nell'aia, dove all'ombra di qualche quercia (o "cirrast") ho dato i primi passi ("so' scaplat"); ho sentito mia madre cantilenare mentre "annacav la m'nenn"; ho sentito alla sera gli stornelli di Michele "u cantant"; a Carnevale sono andato per le case a fare "e tcubba e tcubba e lariulà".
   Chi appartiene alla mia generazione è stato testimone di una transizione epocale di civiltà, avendo fatto ancora in tempo a vedere cavalli, muli, asini e maiali legati agli anelli di ferro ("vucclecch") fissate all'esterno delle pareti di casa; avendo visto le galline razzolare tranquillamente per strada; avendo coabitato con gli animali (cavallo, mulo od asino, maiale, conigli e galline, oltre al gatto ed al cane); avendo visto ammazzare dopo Natale il maiale in casa ed appeso aperto alla trave del tetto davanti alla porta spalancata per far frollare la carne; avendo visto i mietitori che venivano dalla marina alloggiare e dormire in piazza all'aperto; avendo visto la propria mamma lavare i panni al ruscello ed impastare il pane in casa; essendo andato ad attingere l'acqua alla fontana con la brocca di creta ("cicin"), o alla vigna col "panar" per trasportare i fichi; essendo andato a raccogliere le "gregne" di grano, a spigolare, a raccattare rami secchi di legna al bosco, ghiande per il maiale da ingrassare; avendo giocato "o' picc'l": tutte cose che non si ripeteranno mai più, ma che a qualcuno ritornano nella mente e nel cuore, e che non vuole far cadere nell'oblio, come Feo ha inteso fare, registrando dalla viva voce dei protagonisti della civiltà passata i canti che effondevano nel cielo della nostra campagna, o tra le strade del paese, e che scandivano i diversi momenti ed occasioni del nostro vivere.
    Offro allora qui alcuni dei "canti" che Feo ha salvato dall'oblio, per far rievocare il passato a chi ne è stato protagonista, e per aprirne invece qualche squarcio a chi è venuto dopo di noi, che porti - come la figlia di Michele Feo - il nome dei propri antenati o meno, non importa.
    Buona lettura!

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... ed ecco i
Canti di Banzi
raccolti da Michele Feo

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