cento anni fa
il 26 ottobre 1911 nacque Lorenzo Carcuro
Il 29 ottobre 1911, Domenico Carcuro, mio nonno, si recò ancora una volta alla casa comunale di Banzi, per dichiarare la nascita del suo dodicesimo figlio, mio padre Lorenzo, avvenuta in via Solferino senza numero, tre giorni prima, ovverosia il 26 ottobre 1911, frutto dell'amore coltivato con la sua consorte Anna Turi, frutto che sarebbe stato l'ultimo, giacché il nonno avrebbe compiuto 53 anni il 24 dicembre e la nonna 46 anni il 13 dello stesso mese. Alla formalità burocratica della ricezione della denuncia della nascita, poiché il sindaco era assente, provvide l'assessore delegato Gerardo Centomani, con l'assistenza dei testimoni Teodosio Zotta, sacerdote, e Nicola Martinelli, messo esattoriale. L'ufficiale di stato civile, "Letto il presente atto alle parti costituite, viene firmato solamente da me e dai testimoni, avendo il dichiarante detto di non saper scrivere", concluse ritualmente così lo stesso, perché all'epoca le persone alfabetizzate non erano la regola, bensì l'eccezione. L'atto di nascita riportava il numero 58, il che significa che entro la fine dell'anno, probabilmente le nascite a Banzi sarebbero state una settantina, forse quindici-venti volte quelle che si registrano ora in un anno, con una differenza tuttavia, di senso opposto: che la sopravvivenza dei pochi nati di adesso è assicurata pressoché al cento per cento, mentre quella dei bimbi nati all'inizio del novecento assomigliava ad un terno al lotto, Pertanto, in quel tempo il paese sarà stato tutto un andirivieni presso l'ufficiale di stato civile: non solo per denunciare le tante nascite, ma anche per denunciare, di numero assai poco inferiore, le morti. Non trascurabile sarà stato anche l'impegno del parroco a celebrare matrimoni, sia perché all'epoca tutti si accasavano, sia perché non di rado si era costretti a dover celebrare un secondo matrimonio: come accadde a mio nonno Domenico, sposatosi in prime nozze con Rosa Carnicella (da cui ebbe due figli, Francesco ed Emanuela), in seconde nozze con Anna Turi (da cui ebbe altri dieci figli), a mio zio Nicola ed anche allo stesso mio padre, sposatosi l'8 gennaio 1933 con Filomena Simone ed il 21 dicembre 1940 XXIII (l'annotazione a margine dell'atto di nascita reca anche l'anno dell'era fascista) con Maria Saveria Teto (mia madre), sebbene non a Banzi ma a Genzano di Lucania. Mio padre, comunque, non costrinse l'ufficiale di stato civile a dover redigere subito il suo atto di morte (ciò sarebbe avvenuto il lontano 2 maggio 2005), a lui procurò aggravio di lavoro solo per la trascrizione dei due atti di matrimonio e di ben sette atti di nascita, essendo stato, dopo Donato con i suoi nove figli (due maschi e sette femmine), il più prolifico dei suoi fratelli con la procreazione, avvenuta con le due mogli, di: Anna (con la prima), quindi (con la seconda) Domenico, Filomena, Caterina, Domenico, Antonio, Michelina. Non mi sono sbagliato ad indicare due volte Domenico, perché il primo Domenico, mentre mio padre fu richiamato in guerra, fu richiamato in Cielo ad appena otto mesi, con la conseguenza che egli, in quanto lontano in Albania, non potette andare a denunciare in Comune né la sua nascita, né la sua morte.
Domani, cento anni fa, dalla casa posta in via Solferino a Banzi, si levarono, padre, i tuoi vagiti. Certamente il nonno Domenico aveva già provveduto a procurare della legna sufficiente da ardere nel camino per scaldare la casa, sebbene non sarà stato lui ad accendere il fuoco, perché alle ore 10:15 di giovedì 26 ottobre 1911, in cui vedesti la luce in quella casa, egli era sicuramente in campagna a lavorare, probabilmente con i tuoi fratelli maggiori Vito, Nicola e Rocco, per procurare da mangiare, se non ancora a te, alla tua mamma Anna ed agli altri tuoi due piccoli fratelli Teodosio ed Antonio. Del resto, anche quando nacqui io, il 12 agosto 1951, tu andasti regolarmente a lavorare, facendo la scoperta del mio arrivo alla sera. Ricordi? Ti volevano far credere che fossi una bambina, invece tu, dal timbro dei miei vagiti, intuisti che ero Tonino. Ma, ritornando al nonno, che non si sarà risparmiato nessuna fatica, fino all'ultimo giorno dei suoi quasi 76 anni di vita, probabilmente riposandosi solo a Natale, Pasqua e San Vito, la domenica successiva alla tua nascita dovette perdere qualche ora di tempo per adempiere alla formalità della redazione dell'atto in Comune. In tutti gli anni trascorsi a Banzi, non mi sono mai posto di individuare dove fosse la casa dove nascesti, ma immagino ora la gioia che la animò quel giorno e tanti successivi, sprigionata dal cuore di tua mamma e tuo papà, mentre contemplavano l'ultimo miracolo compiuto dal loro amore; quella dei tuoi cinque fratelli vicini, gioia che rimbalzò lontano fino in America, dove la notizia della tua nascita avrà fatto sussultare anche i cuori degli altri tuoi tre fratelli Francesco, Michele e Donato.
E da quel giorno sono trascorsi ben cento anni, di cui vissuti da te oltre 93! Il pullulare di infiniti ricordi mi terrebbe bloccato qui a scrivere senza sosta un romanzo. Ma io, come te, debbo assolvere intanto al dovere di continuare a lavorare. E, sono sicuro che non te la prenderai, se non vengo davanti alla tua lapide in raccoglimento, a portarti un mazzo di fiori, rivolgendoti da lontano il mio pensiero ed il mio affetto. Non so se, dove ti trovi adesso, si usi festeggiare le ricorrenze, e se tra esse ci sia ancora un collegamento con gli eventi accaduti in questo mondo. Se per caso ciò dovesse avvenire, e domani dovesse esserci una grande festa in ricordo dei cento anni trascorsi dalla tua nascita, ti prego di salutarmi anche tutti i commensali, in attesa d'incontrarli per la prima volta o di incontrarli di nuovo. Ma forse tu, come il nonno Domenico, preferisci non perdere tempo dietro alle feste e, piuttosto, lavorare nella vigna del grande Padre, come al solito alacremente, al punto da farti spesso riprendere, come faceva il tuo chef in Germania, che ti implorava dicendoti: "Lorenzo, bitte, langsam, langsam, nicht schnell schnell". Anch'io, quando avrò finito di lavorare come segretario comunale ed andrò in pensione, vorrò piantare una vigna da zappare e fare il vino come te, buono come quello di cui ti diedi da bere un goccino in ospedale al San Carlo di Potenza una notte di gennaio 2005, per bagnarti un po' le labbra durante una nostra lunga conversazione, una delle ultime fatte con te. Vorrò coltivare la vigna per essere pronto a venire a lavorare insieme a te, per farti fare bella figura davanti a tutti, a che tu possa dire con orgoglio: "questo è mio figlio Tonino!" Sono sicuro che ti farà piacere sentire questa mia volontà ... sì lo so papà, non debbo avere fretta, verrò da te "langsam, langsam": ho ancora tanto da fare a questo mondo!
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25 ottobre 2011