CHE
BELLA SORPRESA A GENZANO NELLA CALZA DELLA BEFANA!
Quest'anno
(2021), nella calza portata a Genzano di Lucania, la befana ha infilato
una sorpresa sensazionale: i rifiuti radioattivi!
Nel
2003 la mobilitazione di tanti fieri lucani riuscì a sventare il colpo di
mano tentato dal Governo Berlusconi con il decreto-legge 14 novembre 2003,
n. 314, che prevedeva la costruzione di un deposito unico nazionale delle
scorie radioattive nel territorio di Scanzano Jonico.
Quel
pericolo, tuttavia, non è stato scongiurato definitivamente.
"Occorre
rimanere attenti, vigili, in un perenne stato di allerta, pronti a
scendere in campo, decisi, determinati, compatti, per impedire che la
nostra Lucania sia irrimediabilmente e per sempre profanata",
scrivevo da Varese in https://www.carcuro.com/scanzano_ionico.htm.
Il
mio sito web era il tredicesimo dei
386 che presero a cuore la causa di Scanzano Jonico, come
documentato in http://www.noalnucleare.com/noalnucleare.php?ap=13, creato
ad hoc per combattere il nucleare in Basilicata.
Ma
quest'ultimo sito (ci ho cliccato or ora), non esiste più e forse anche
le gente lucana, alle prese col coronavirus, e senza nessuno più che
assomigli minimamente al glorioso Giovanni Passannante, probabilmente non
avrà la forza ed il coraggio di mettersi a protestare come allora,
finendo col subire pronamente, questa volta, la localizzazione della
discarica, che può avvenire, nientedimeno, nel territorio compreso fra i
comuni di Genzano di Lucania, Acerenza ed Oppido Lucano... però, a ben
considerare, in quanto facenti essi parte del distretto turistico
"Terre di Aristeo", potranno disporre ora di una "attrazione" in più per i turisti.
Stamattina,
rileggendo la storia riguardante la mancata realizzazione della discarica
unica nazionale a Scanzano Jonico, ho scovato un disegno di legge relativo
all'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta, fatta per
capire come fossero andate le cose.
In
tale documento si legge che, chi stava ai vertici delle istituzioni lucane
ed avrebbe dovuto difendere gli interessi della loro popolazione, sotto
sotto, pur militando in partiti contrapposti rispetto a quelli al governo
nazionale, era accondiscendente alla scelta scriteriata fatta da questo,
Per
esperienza diretta, avuta come segretario comunale, i migliori favori si
fanno e ricevono proprio dagli oppositori politici, che, all'apparenza
fanno vedere di combattersi, segretamente, invece, se la intendono, con
reciproco scambio di cortesie.
Io,
per esempio, ero antipatico ad un candidato sindaco non risultato eletto.
Nessun
problema, quello eletto gli fa il piacere di cacciarmi via, in modo che
così s'è guadagnato la benemerenza nei suoi confronti e non ha avuto
rotto le scatole in seguito.
In
un altro comune, cosa inaudita fino a quel momento, il sindaco s'inventa
di nominare assessore un consigliere di minoranza, così possono fare a
tarallucci e vino insieme, venendo meno per la popolazione la garanzia del
controllo da parte dei consiglieri di opposizione.
I
miei capostipiti paterni e materni, Carcuro e Teto, dalla Grecia vennero a
Genzano di Lucania, attratti probabilmente dalla fertilità della terra e
dall'abbondanza delle acque resorgive, dedicandosi per secoli
all'allevamento di pecore, capre, maiali, galline, alla coltivazione di
frumento, vigneti, oliveti, orti: mio nonno materno Antonio Teto, fino
agli inizi degli anni sessanta, allevava mandrie di maiali, che veniva a
vendere anche alla fiera di Banzi, denominato perciò il porcaro di
Genzano di Lucania, l'ultimo a farlo in quel paese.
Gli
impianti di estrazione del petrolio stanno avvelenando le falde acquifere
in Val d'Agri, le scorie radioattive inquineranno l'ambiente in Alto
Bradano.
Come
si comporteranno ora i soggetti che rappresentano le istituzioni
lucane?
Vorrei
sperare in modo diverso rispetto al 2003, allorché le ambigue condotte
tenute fecero avvertire addirittura la necessità di istituire una
commissione parlamentare d'inchiesta, come si evince dalla premessa del disegno di
legge n. 1415, riportato di seguito.
Pur
non avendo da spartire più niente con la Lucania, da Varese ne sono molto
preoccupato.
Legislatura 15ª - Disegno di legge N. 1415
SENATO DELLA REPUBBLICA
---- XV LEGISLATURA ----
N. 1415
DISEGNO DI
LEGGE
d'iniziativa dei senatori ADDUCE, PIGLIONICA, DI SIENA, PALERMO, CARLONI,
BOCCIA Antonio, CASSON, PISA, RANDAZZO, BENVENUTO, PEGORER e RIPAMONTI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 20 MARZO 2007
----
Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle procedure e
sui criteri di individuazione del sito di Scanzano Jonico per il deposito
delle scorie radioattive
----
Onorevoli Senatori. - Il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, prima
della conversione con legge 24 dicembre 2003, n. 368, individuava nel
territorio del Comune di Scanzano Jonico (MT), in una miniera di salgemma
situata nella piana metapontina del Golfo di Taranto a poche centinaia di
metri dal mare, il sito geologico nel quale localizzare il deposito unico
nazionale delle scorie nucleari radioattive.
A seguito della protesta delle popolazioni locali e dell'articolato lavoro
della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei
deputati, il Governo, con proprio emendamento, in data 27 novembre 2003,
decise di modificare il decreto legge sopprimendo la norma che prevedeva
l'ubicazione del suddetto deposito a Scanzano Jonico, non prevedendo alcun
sito alternativo allo stesso.
Il provvedimento fu adottato in aperta violazione del principio
costituzionale di leale collaborazione tra amministrazione centrale e
amministrazioni locali, nonché, nello specifico, in violazione dei
contenuti e delle procedure di consultazione e di informazione previste
dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3267 del 7
marzo 2003 - relativa alla gestione dei rifiuti radioattivi - posto che
né le istituzioni locali, né la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano furono
chiamate preventivamente a pronunciarsi sulla scelta del sito; né tale
carenza fu colmata dalle affermazioni di alcuni Ministri, secondo cui
taluni non meglio identificati amministratori locali sarebbero stati
preventivamente coinvolti.
Non va sottaciuto, inoltre, che la decisione presa allora dal Governo
contraddiceva quanto previsto dal cosiddetto "disegno di legge
Marzano" sul riordino del settore energetico (A.S. 2421), divenuto
poi legge 23 agosto 2004, n. 239. In particolare, la decisione era in
contrasto con l'articolo 30, comma 3, lettera d), del citato disegno di
legge, laddove si prevedeva che la localizzazione del deposito nazionale
dei rifiuti radioattivi dovesse essere "effettuata dal Ministro delle
attività produttive, d'intesa con i Ministri dell'ambiente e della tutela
del territorio e della salute", e con la Regione interessata, sentiti
gli enti locali coinvolti, entro diciotto mesi dalla data di entrata in
vigore della legge medesima.
Ma l'elenco delle colpevoli omissioni e incongruenze non finisce qui. Non
furono tenute in alcun conto le conclusioni cui era giunto dopo anni di
ricerche ed approfondimenti il "Gruppo di lavoro sulle condizioni per
la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi" nominato sulla base
dell'accordo sottoscritto da Governo, regioni e province autonome il 4
novembre 1999 per svolgere l'attività d'istruttoria sulla gestione in
sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Allo stesso modo, non furono prese in considerazione le proposte
riguardanti le iniziative di informazione, gli strumenti di confronto e di
coinvolgimento delle popolazioni e degli enti locali, né furono adottate
procedure per la scelta del sito dove realizzare il deposito con le quali
evidenziare gli strumenti di raccordo, collaborazione e coordinamento tra
i diversi livelli di governo e di amministrazione.
Né furono considerate le valutazioni della delegazione italiana presso il
Gruppo "Questioni atomiche" della Unione europea, del 2003, che
escludevano la scelta di un sito unico per il deposito delle scorie
radioattive e la localizzazione di tale sito in un territorio come quello
di Scanzano Jonico.
Quella improvvida scelta del Governo, peraltro, operata attraverso lo
strumento del decreto legge, provocò grande disorientamento e notevole
imbarazzo presso i rappresentanti italiani in quel consesso.
D'altra parte, il Governo non tenne neppure conto delle conclusioni dello
stesso gruppo di lavoro della Società gestione impianti nucleari (SOGIN
Spa) che, nel giugno del 2003, indicava tra i siti da escludere quelli
soggetti al rischio di inondazione, ovvero il sito di Scanzano Jonico che
si trova a poche centinaia di metri dal mare Ionio. L'inadeguatezza del
suddetto sito trova fondamento, inoltre, nei gravi rischi di alluvioni, di
inondazioni e di erosione della costa metapontina, che provoca un
arretramento della linea valutata nell'ordine di 2,5 metri all'anno, così
come è stato dimostrato anche dagli studi effettuati dall'Istituto di
ricerca per la protezione idrogeologica (IRPI) del Consiglio nazionale
delle ricerche, condotti con il finanziamento dell'Unione europea proprio
sull'area della Piana di Metaponto.
Va ricordato che la decisione del Governo risultò in contrasto con le
conclusioni dell'indagine condotta dalla Commissione ambiente, territorio
e lavori pubblici della Camera dei deputati, nelle quali si escludeva in
modo netto l'ubicazione del sito unico nazionale delle scorie radioattive
nelle regioni nelle quali vi erano preesistenze nucleari, come in
Basilicata dove è ubicato l'impianto ITREC Centro Enea di Trisaia di
Rotondella (MT).
Non è, infine, privo di rilevanza il fatto che il Governo procedette
senza il parere della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, che della decisione di ubicare
il sito nucleare a Scanzano Jonico non fu nemmeno informata.
Nella seduta di giovedì 27 novembre 2003, il Consiglio dei ministri
approvò alcuni emendamenti al citato decreto legge n. 314 del 2003 al
fine, soprattutto, di espungere dal predetto provvedimento l'indicazione
di Scanzano Jonico quale sito unico nazionale destinato ad ospitare tutti
i rifiuti radioattivi esistenti nel nostro Paese. Ebbene, fonti di stampa
riferirono che, al termine del predetto Consiglio dei ministri, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio avrebbe dichiarato:
"Scanzano era stato scelto con il consenso degli amministratori
locali, che poi hanno fatto i furbi" ("La Repubblica" del
28 novembre 2003).
La questione assunse subito colorazioni alquanto ambigue e torbide. In
merito alle voci sulle relazioni tra ambienti governativi e poteri locali,
il settimanale "Panorama" del 21 novembre 2003, in un articolo
riguardante la scelta di Scanzano Jonico dal titolo "Le mediazioni di
Carlo Jean, il sì del Sindaco a Berlusconi, poi, inatteso il voltafaccia
del primo cittadino. Segreti e retroscena sull'affaire delle scorie
nucleari in Basilicata" riferisce di una telefonata tra il sindaco di
Scanzano Jonico e il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio
Berlusconi, nel corso della quale l'Altieri avrebbe testualmente detto:
"Presidente, stia tranquillo, faremo una discarica di
eccellenza", circostanza quest'ultima smentita da un comunicato
stampa di Palazzo Chigi.
Il "The Guardian - Review", poi, in un articolo del 22 novembre
2003 riferiva che: "il sindaco di Scanzano Ionico, Mario Altieri
esprime una serie di pensieri contraddittori. Dapprima dichiara che il
sito è una condanna a morte per la città di 7.000 persone, in seguito
dichiara che i suoi cittadini non sanno quanto ciò sia buono perché lo
Stato pagherà 25.000 euro di affitto annuale per l'area sotterranea. Il
sindaco poi prosegue sostenendo: "Ma non posso dirlo alla gente,
perché mi mangerebbero".
Inoltre, per completare il contesto e lo sfondo dell'affaire, nel corso
dell'audizione del 3 dicembre 2003 davanti alla Commissione parlamentare
d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso
connesse, il generale Jean, presidente della SOGIN Spa sostenne che alla
decisione di individuare Scanzano Jonico come sito per l'ubicazione del
deposito nazionale delle scorie nucleari e radioattive si era giunti dopo
alcuni colloqui avuti con il Ministro dell'ambiente On. Matteoli e che si
potevano utilizzare studi risalenti ad alcuni decenni precedenti
effettuati da società dell'Ente nazionale idrocarburi (ENI) in Basilicata
e segnatamente nelle miniere di salgemma di Scanzano Jonico, senza
peraltro ravvisare la necessità di effettuare alcuno studio ed
approfondimento.
Allo studio della SOGIN Spa, consegnato in data 25 novembre 2003 alla
Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei
deputati, dal generale Jean solo in apertura dell'audizione prevista sui
contenuti del decreto-legge n. 314 del 2003, sono allegate alcune lettere
di esperti presentati come collaboratori alla elaborazione dello studio.
Abbiamo riunito degli esperti - dichiara il Presidente della SOGIN spa -
elencati nella penultima tabella del fascicolo, che hanno collaborato con
noi e che hanno fatto una validazione dello studio presentato dal Governo.
Si tratta del prof. Colombo, sismologo dell'Università di Genova, del
professor Finetti, geologo del sale, del professor Scandone, geologo della
zona, del professor Renato Ricci, presidente onorario della Società
italiana di fisica, che aveva anche l'esperienza di Commissario dell'APAT,
quando si chiamava ANPA; del professor Umbertini, per le catastrofi
idrogeologiche, tutte datate posteriormente alla data di emanazione del
decreto legge e che si esprimono in modo generico sullo studio effettuato,
dando conto di non conoscere, in alcuni casi, neppure i luoghi di cui si
tratta. In particolare due di queste lettere sono fotocopie identiche
firmate da due esperti diversi.
Tutta questa vicenda, che gira intorno alle scorie nucleari, sin
dall'inizio ha assunto contorni oscuri e preoccupanti. Prova ne sia
l'attività svolta, nella scorsa legislatura, dal Ministero dell'ambiente
e da alcuni suoi altissimi esponenti, che ricoprivano incarichi anche
nella SOGIN Spa. La sensazione che si ricava da questo intreccio tra
controllori e controllati è che nella gestione del business, fu concessa
alla SOGIN Spa carta bianca e, quindi, ampia discrezionalità nelle
scelte.
Un evidente e scandaloso conflitto di interessi riguardava il Professor
Paolo Togni, Vicepresidente della SOGIN Spa, all'epoca dei fatti di
Scanzano Jonico e contemporaneamente capo di gabinetto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio.
Questo conflitto di interessi emergeva in modo plateale - solo il Governo
non se ne accorse! - perché il professor Togni, nella sua veste di
Vicepresidente della SOGIN Spa, era sottoposto alla vigilanza dell'APAT,
Azienda che a sua volta era sottoposta alla vigilanza del Ministero
dell'ambiente. E ancora lo stesso professor Togni, poco prima della nomina
ministeriale, risultava essere presidente della filiale italiana della
Waste Management, uno dei tre colossi mondiali nel settore dello
smaltimento dei rifiuti e della produzione di energia.
Il professor Paolo Togni, nella sua veste di capo di gabinetto del
Ministro Matteoli, appena assunse la sua carica ordinò il cambio di 23
dei 40 membri del VIA (la Commissione di valutazione di impatto
ambientale) e il tribunale amministrativo regionale (TAR) sentenziò nel
2003 che quelle sostituzioni furono illegittime, intimando il reintegro
degli espulsi.
Sempre il professor Paolo Togni fu il promotore di un decreto ministeriale
nel quale si prevedeva "un affievolimento, anziché un irrigidimento
delle sanzioni per i soggetti che inquinano", annullato nel marzo
2003 con una sentenza della Corte dei Conti.
Il Ragioniere generale dello Stato, infine, si è interessato alle
attività del professor Paolo Togni per mancata attuazione del decreto del
Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 178, relativo alla nomina
dei dirigenti, per effetto della quale vi fu il blocco di tutte le
attività dei direttori generali, con la motivazione che la legge delega
sull'ambiente, che fu poi approvata dal Parlamento, avrebbe cambiato tutte
le competenze loro attribuite.
Tutti questi riferimenti al professor Paolo Togni sono puntualmente
riscontrabili in un servizio giornalistico del 13 giugno 2003, comparso
sul quotidiano "Liberazione" a firma di Sabrina Deligia.
Con il passare del tempo, la vicenda di Scanzano Jonico si è arricchita
di ulteriori elementi che rafforzano l'esigenza di istituire una
Commissione parlamentare d'inchiesta.
Il 18 febbraio del 2006, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, On.
Giovanardi affermò sul "Quotidiano di Basilicata" che i vertici
della Regione, della provincia di Matera e del comune di Scanzano Jonico
erano stati informati nel 2003 della decisione del Governo di realizzare
nel comune lucano la discarica nazionale delle scorie radioattive e che
queste autorità avevano approvato il progetto.
A seguito di tale dichiarazione, l'attuale Sottosegretario Filippo
Bubbico, allora presidente della regione Basilicata, querelò il ministro
Giovanardi. "Dopo aver cercato senza successo di portare le scorie
nucleari a Scanzano - spiegò Bubbico - il ministro Giovanardi cerca di
portare in Basilicata altre scorie, con affermazioni false e calunniose di
cui dovrà rispondere in tribunale".
Infatti, nella stessa intervista del 18 febbraio, Giovanardi riferì che i
nomi degli amministratori pubblici lucani che avrebbero dato il via alla
discarica erano riportati nel verbale del Consiglio dei ministri. Dopo che
il progetto fu reso noto nel novembre 2003 e di fronte alle proteste
popolari, gli amministratori locali ripiegarono in ritirata, sostenendo di
non aver mai saputo niente della discarica e di essere contrari alla sua
realizzazione.
Questi ulteriori elementi costrinsero ancora una volta il Presidente della
regione Basilicata Filippo Bubbico a ribadire che non esistevano né atti
né assensi formali o informali della regione Basilicata o di altre
regioni che autorizzavano l'allora governo di centrodestra ad emanare un
decreto illegittimo nel metodo e nel merito come quello sulla discarica
nucleare di Scanzano.
In una dichiarazione all'Ansa del 25 maggio 2006, sempre il ministro
Giovanardi, riferendosi al Consiglio dei ministri del 13 novembre 2003,
cita le parole dell'ex ministro per l'ambiente Altero Matteoli: una volta
acquisito il consenso del Sindaco, sapevamo che non era sufficiente,
perché ci sono anche la provincia e la regione. Allora abbiamo parlato
con la provincia e anche questa si è trovata d'accordo nell'accogliere il
sito; poi con la regione, che è di colore politico diverso dal nostro.
Comunque il Presidente della regione ha detto: "Non sono entusiasta,
non dirò mai accogliamo il sito, ma non farò neppure le barricate;
subirò le scelte del Governo senza fare troppe storie".
Il Ministro Giovanardi - prosegue l'Ansa - cita anche l'intervento del
sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta: anche
all'interno della regione prescelta, i sondaggi effettuati dicono che se
è il Governo a imporre la scelta, loro la subiscono e finiranno per
assecondarla; oppure la contrasteranno, ma senza eccedere, senza
oltranzismi. Dicono così, soltanto perché non potranno farne a meno. La
loro, per così dire, sarà solo una protesta di bandiera.
Infine, il Presidente della regione Basilicata Filippo Bubbico avrebbe
affermato, sempre secondo Gianni Letta, che, se il Governo avesse fatto
una scelta, lui l'avrebbe contrastata, ma non avrebbe mai cavalcato la
protesta. Tutt'al più avrebbe chiesto misure di accompagnamento, cioè
vantaggi di tipo economico che potessero in qualche modo risarcire la
regione, soprattutto il territorio e il comune interessato, dal danno che
potrebbe derivare da una simile scelta e da una eventuale imposizione di
questa natura.
Sempre in tema di deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi, è
opportuno richiamare le puntualizzazioni fornite dal Ministro dello
sviluppo economico Bersani, nel corso della sua audizione di fronte alla
Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, svoltasi il
1º marzo 2007. Il Ministro Bersani, a tal fine, afferma: tutti i paesi
che hanno il nucleare - la Francia, la Spagna, la Svezia e la Germania -
non hanno un sito geologico; in questo momento, al mondo non ce l'ha
nessuno, neanche gli Stati Uniti, perché è un problema. Questi Paesi
hanno dei siti di superficie a sicurezza totale, usati sia per i rifiuti a
più alta intensità (si tratta in questo caso di depositi temporanei, che
vanno dai 100 ai 150 anni, in attesa di trovare un sito geologico) sia per
il trattamento di rifiuti a più bassa intensità. Poi le progettualità
sono diverse, c'è chi li mette in parte sotto terra e in parte fuori, chi
li mette tutti fuori ma sono posti normali.
Era stato avviato tra il 1995 e il 2001 - ha aggiunto ancora Bersani - un
meccanismo partecipativo con le regioni per verificare questa
opportunità, sempre secondo un principio di democrazia efficiente che
consulta, candida, sente e poi decide solo dopo aver esaurito questa fase,
altrimenti le decisioni non hanno legittimità.
In considerazione di tutto quanto esposto, con l'articolo 1 del disegno di
legge, si ritiene opportuno istituire, ai sensi dell'articolo 82 della
Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta al fine di
indagare su tutta la vicenda e sulle motivazioni che hanno portato alla
scelta di Scanzano Jonico, quale deposito nazionale per la raccolta, lo
smaltimento e lo stoccaggio di scorie radioattive, ai sensi del
decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368.
Con l'articolo 2, si definisce la composizione e la durata della
Commissione e con l'articolo 3 si fissano i poteri e i limiti della
Commissione.
L'articolo 4 stabilisce gli obblighi al segreto dei commissari, del
personale e di ogni altra persona addetta alla Commissione, mentre
l'articolo 5 disciplina l'organizzazione dei lavori della Commissione.
L'articolo 6, infine, stabilisce l'entrata in vigore della legge.
DISEGNO
DI LEGGE
Art.
1.
(Istituzione e funzioni)
1. È istituita,
ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare
di inchiesta, di seguito denominata "Commissione", al fine di
indagare sulle procedure e sui criteri di individuazione del sito di
Scanzano Jonico quale deposito nazionale per la raccolta, lo smaltimento e
lo stoccaggio di scorie radioattive, ai sensi del decreto-legge 14
novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
dicembre 2003, n. 368.
2. La Commissione ha i seguenti compiti:
a) accertare l'esistenza e la natura degli studi commissionati dal Governo
o dei quali lo stesso si è avvalso per giungere all'individuazione del
sito di Scanzano Jonico quale deposito nazionale di rifiuti radioattivi,
verificando in particolare se, quando e con quale atto il Governo ha
commissionato tali studi e se, quando e con quale atto la Società
gestione impianti nucleari (SOGIN Spa) ha trasmesso al Governo gli studi
eventualmente commissionati;
b) valutare le motivazioni tecniche ed economiche della scelta di un sito
unico geologico, in considerazione della riconosciuta scarsità delle
scorie di III categoria;
c) accertare l'attendibilità delle informazioni fornite dalla SOGIN Spa
attraverso lo "Studio per la localizzazione di un sito di deposito
nazionale centralizzato dei rifiuti radioattivi" presentato alla
Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei
deputati dal Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari
e Presidente della SOGIN Spa in occasione dell'audizione informale svolta
in sede di Ufficio di Presidenza del 25 novembre 2003, verificando in
particolare le informazioni che si riferiscono alle determinazioni da
parte della comunità scientifica;
d) esaminare e valutare la congruità e l'efficacia delle procedure poste
in essere e dei parametri assunti per la scelta del sito, anche alla luce
dell'esperienza e dei risultati raggiunti in altri Paesi;
e) esaminare e valutare se le procedure utilizzate abbiano contemplato gli
strumenti di consultazione e di raccordo idonei a favorire la
collaborazione e l'azione coordinata tra i diversi livelli di Governo e di
amministrazione;
f) verificare quali strumenti di informazione, confronto, coinvolgimento
siano stati adottati nei riguardi delle popolazioni e degli enti locali
interessati.
Art. 2.
(Composizione e durata)
1. La Commissione è composta da venti senatori e venti deputati, nominati
rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal
Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei
componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un
rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del
Parlamento.
2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il Presidente, due
vicepresidenti e due segretari.
3. La Commissione conclude i propri lavori entro quattro mesi dalla data
della sua costituzione e presenta al Parlamento, entro i successivi due
mesi, la relazione finale sulle indagini da essa svolte.
Art. 3.
(Poteri e limiti)
1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri
e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
2. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti
relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità
giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e
documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti
dal segreto. In tale ultimo caso, la Commissione garantisce il
mantenimento del regime di segretezza.
3. Per i fatti oggetto dell'inchiesta parlamentare, non è opponibile alla
Commissione il segreto di Stato, né quello d'ufficio, professionale e
bancario.
4. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le
disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
5. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non debbano essere
divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o
inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli
atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle
indagini preliminari.
Art. 4.
(Obbligo del segreto)
1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa ed ogni
altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a
compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di
ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda
gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 2 e 5.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione
dell'obbligo di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte
di atti o documenti funzionali al procedimento di inchiesta dei quali è
stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del
codice penale.
Art. 5.
(Organizzazione dei lavori)
1. La Commissione, prima dell'inizio dei lavori, adotta il proprio
regolamento interno a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
2. Le sedute sono pubbliche; tuttavia, la Commissione può deliberare, a
maggioranza semplice, di riunirsi in seduta segreta.
3. La Commissione può avvalersi direttamente dell'opera di agenti e
ufficiali di polizia giudiziaria.
4. Per l'espletamento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di
personale, locali, e strumenti operativi messi a disposizione dai
Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono ripartite in parti
uguali tra la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica e sono
poste a carico dei rispettivi bilanci interni.
Art. 6.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
|