COSI' ARRIVO’ LA TELEVISIONE

    Ad un certo punto, naturalmente, preceduta dalla radio, la televisione arrivò anche a Banzi.
    Io, bambino, avevo avuto modo di osservare, prima, l’apparecchio radiofonico da mia sorella Anna, che aveva una Allocchio Bacchini. Se la sua denominazione riuscivo a decifrarla, perché associavo la parola Allocchio a quella specie di occhio verde-giallo che si illuminava quando la radio veniva accesa, rimaneva per me invece un mistero capire come nella radio ci potesse essere una persona, anzi tante, che parlavano: come facevano a starci dentro?
    Certo, anche se non avevo ancora letto "I Viaggi di Gulliver", sapevo dell’esistenza dei nani, però quando cercavo di individuarne qualcuno nella radio spiandovi attraverso le fessure, non riuscivo a scorgere che solo quella specie di mostri delle valvole, dei condensatori e degli altri suoi componenti. Sicché la radio ha costituito per me uno dei primi misteri irrisolto.
    Però essa non mi faceva impressione, perché la potevo vedere, toccare, era docile, mansueta, domestica, divenuta poi appunto l’antesignana della categoria degli elettrodomestici, per essere attraversata dall’elettricità; faceva parte ormai anch’essa, come il gatto, il cane, le galline, il maiale di ciò che popolava la casa.
    Viceversa, il cinematografo non aveva niente di domestico ed infatti mi faceva una certa impressione, quando, da 50 metri da casa, alla domenica pomeriggio, giungeva quella tremenda ed orribile voce di colui che urlava la pubblicità del film che sarebbe stato proiettato: erano sempre da guerra, celebrativi dei mitici personaggi dei gladiatori, di Ercole, Sansone, Maciste, Ursus, oppure di indiani contro cowboy. L’impressione aumentava poi nel vedere la calca di persone davanti al cinema, che fremeva per entrarvi.

    Ma ad un certo punto fece ingresso nelle case, andandovi ad occupare il posto d’onore, il secondo elettrodomestico, che però in seguito sarebbe diventato primo per importanza: il televisore, anzi la televisione.
    Ovviamente per diversi anni essa è rimasta privilegio di pochi ed ha rappresentato un motivo di distinzione nelle classi sociali delle famiglie. Ma col tempo, anche in ciò, avvenne il riscatto, e la televisione, pian piano, fece ingresso nelle case plebee.
    Accadeva allora che il vicinato spesso si radunasse alla sera in quella od in quell’altra casa a vedere qualche film. In ogni caso non mancava di farlo quando, al giovedì sera, imperversava Mike Buongiorno con "Lascia o raddoppia", ed il raduno era di rigore quando andava in onda "Il festival di Sanremo".
    Le sedie in casa non erano però sufficienti per far accomodare tutti, allora ognuno si portava dietro la propria. Siffatte visite, com’è immaginabile, non erano tuttavia completamente gradite, anzi costituivano un autentico motivo di disturbo per coloro che dovevano subirle, i quali, sovente, erano costretti ad accelerare la cena, per evitare di offrire anche da mangiare e da bere (senza dire della violazione della privacy, anche se all'epoca non si sapeva ancora che si chiamasse così).
    Qualcuno allora, per calmierare quelle presenze, aveva imposto una sorta di pagamento di biglietto d’ingresso: 10 lire. Così aveva ottenuto l’effetto di ridurre il numero delle visite serali, con un gran sollievo per tutta la famiglia ospitante.
    C’era però chi non se la sentiva di esigere tale pagamento. Peggio per lui: i suoi "clienti" aumentavano a dismisura perché le voci correvano e a casa sua si dirigevano coloro che avevano ricevuto lo sfratto altrove.
    Da Luigi Tafaro, il nonno omonimo d’un mio cognato, che non applicava biglietti d’ingresso, l’affluenza era sempre elevata. Avevo modo di notarlo non tanto alla sera, che ero a letto a dormire, bensì al pomeriggio ed in particolare l’avevo rilevata in un periodo in cui veniva trasmesso a puntate uno sceneggiato dal titolo "Una tragedia americana": quando la puntata terminava, vedevo uscire tutta la marea del vicinato, più di qualcuno del quale ancora con gli occhi rossi ed il fazzoletto in mano.
    Fra di loro c’era anche la signora Maria, soprannominata Maria la bomba, per via della sua eccessiva rotondità, la quale però non seguiva tanto la trama del film, bensì era intenta ad osservare le facce di coloro che apparivano sullo schermo, facendovi in continuazione dei commenti a bassa voce, perché era convinta che essi la vedessero e la potessero sentire. Allora, a seconda del contesto e di ciò che diceva, o faceva scoppiare gli altri in una fragorosa risata, o in una protesta generale per l’irritazione che provocava: lei, però, non riusciva a trattenersi dal continuare a fare i suoi commenti.
    La televisione arrivò ad un certo punto anche nella casa a fianco della nostra e, se fino a quel momento essa era stata per me indifferente, da allora non lo fu più, perché cambiò alquanto il modo di vivere di noi vicini.
    Infatti, mentre prima si stava in allegria, si conversava, si giocava e scherzava con la famiglia accanto, una volta arrivata la televisione, le serate diventarono mute, fra di noi non si parlava più, tutti rapiti (gli altri, non io) dallo schermo del televisore: fin da allora essa mi fece l’effetto di un’intrusa insopportabile.
    Ma oramai non erano più in pochi a possederla e lo si capiva tra i compagni di scuola, alcuni dei quali tra le prime cose che si dicevano in classe al mattino, riferivano della pubblicità viste la sera precedente al carosello, affettando per ciò un’aria di superiorità. La cosa però a me ha sempre lasciato indifferente, non trovandovi in ciò niente d’importante.


Questo racconto è infine finito in un'antologia della scuola media, come si evince dalle seguenti e-mail:

Marina Tarallo <mtarall@tin.it> - mercoledì 14 aprile 2004 - notizie biografiche

Gentile signor Carcuro,
vorrei inserire in un'antologia della Scuola Media un suo racconto sulla televisione, che ho trovato all'indirizzo http://www.carcuro.com/cosi_arrivo_la_televisione.htm.
Mi potrebbe dire dove posso trovare delle informazioni bibliografiche su di lei?
O almeno me le può inviare?
La ringrazio sin da ora
marina tarallo

Marina Tarallo <mtarall@tin.it> - domenica 11 marzo 2007

Gentile signor Carcuro,

Le comunico che è in uscita l'antologia IL BELLO DELLE PAROLE,  Casa Editrice Principato.

Come Lei ricorderà  il Suo racconto sulla televisione è inserito in tale antologia.
.....

Se per caso conosce qualche insegnante che insegna nelle scuole medie del suo paese e può essere interessato/a, mi può comunicare i nominativi, in modo da farli presenti ai rappresentanti?

La ringrazio e La saluto
Marina Tarallo - marina.tarallo@fastwebnet.it




20 luglio 2005 - 07 giugno 2007

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