DI METAMORFOSI IN METAMORFOSI
Che
nome gentile - pensai tra di me - è Margherita di Savoia, quando, nel luglio
del 1970, vi andai la prima volta, immaginando di trovarvi, oltre al mare,
prati pieni di margherite, che dovevano essere speciali, se erano valse a dare
la denominazione al luogo!
Era
la prima volta che, a quasi 19 anni, andavo al mare, non propriamente in
vacanza, bensì per tenere compagnia a mia sorella Filomena ed a bada i suoi tre
bambini, Donatina, Vito e Renzo, che in autunno avrebbero compiuto,
rispettivamente, 6, 5 e 2 anni.
Insieme venne anche la più piccola delle mie sorelle, Lina,
e tutti vi fummo portati da mio cognato Gigino con la sua Seicento, che oltre a
7 persone, caricò anche ombrellone, giochi per bambini, vettovagliamento vario,
praticamente tutto ciò che sarebbe potuto essere necessario, od anche solo
utile, per trascorrere un mese lontani da casa: il portapacchi, gli assi e le
ruote, comunque, ressero ed anche il motore, da dietro, spinse tutto e tutti,
sia all'andata che al ritorno.
C'è da precisare che la Seicento della Fiat allora, oltre ad
avere il motore collocato dietro e l'apertura anteriore delle porte - la qual
cosa costringeva mia sorella ad essere sempre alquanto guardinga, sia quando
entrava, che quando usciva dalla macchina, anche perché all'epoca le donne non
indossavano affatto i pantaloni, almeno non mia sorella – aveva
la cilindrata che corrispondeva al suo nome, non come adesso: la Seicento che ha
comperato qualche mese fa mia figlia Elena, ad esempio, è 1050 di cilindrata.
Non sapevo allora che il nome Margherita di Savoia fosse il
risultato di una metamorfosi, l'ultima avvenuta nel corso dei secoli, della
località delle famose saline italiane denominate in epoca romana Salinae
Cannarum, che ha dovuto soccombere, anzi "abdicare" nel 1879 per
onorare la prima regina d'Italia, Margherita di Savoia appunto.
Evidentemente è destino che quei posti siano segnati dalla
storia, come le vicine e famose Canne della Battaglia - teatro della celebre
battaglia avvenuta nel 216 avanti Cristo, in cui i cartaginesi, guidati da
Annibale, sconfissero i romani, facendone prigionieri oltre 10 mila - e
Barletta, città della disfida. Per fortuna che nessun fatto cruento ha dovuto
verificarsi per Margherita di Savoia!
Una metamorfosi simile si è verificata anche per un paese
della nostra Lucania, che si aggiunge così a quella subita dalla regione,
trasformatasi nella brutta Basilicata. Ma, se la metamorfosi riposa anch'essa su
motivi di natura "reale", come quella della località salina (e
termale-balneare)
pugliese, tuttavia l'accadimento che ne è stato causa, stava per essere
cruento, perché si ricollega al tentativo di regicidio posto in essere dal
lucano Giovanni Passanante, a Napoli il 17 novembre 1878, nei confronti del re
Umberto I.
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Si racconta - tratto da http://www.soslucania.org/pillole%20di%20storia.htm
- che sua maestà, in carrozza insieme con la regina
Margherita,
stava attraversando Napoli “quand’ecco
un uomo, male in arnese, sottile di persona, brutto di volto, feroce negli
occhi, avente la mano avvolta in un panno rosso, si slanciò dalla folla allo
sportello della carrozza; saltò sullo scalino del “montatorio” e cercò con
un coltello di colpire il re”
(Felice Venosta , Umberto I re D’Italia. Cenni biografici con documenti.).
Quell'uomo
è Giovanni Passanante, cuoco di 29 anni, nativo di Salvia nella provincia di
Potenza. Sull’impugnatura del suo coltello sono incise le parole “Viva la
Repubblica Internazionale!”. Ha con sé una piccola bandiera rossa con la
scritta “Viva la Repubblica! Viva Orsini!”. Nessuno aveva pensato alla
possibilità di un attentato: Passanante è una sorpresa, un guastafeste. Con
lui è l’altra Italia che si fa viva, quella che non s’appaga di strette di
mano, di sorrisi e di elemosine, e nemmeno si ritrova nei trasformismi dei
governi di sua maestà. Questa
volta il colpo ha fatto cilecca. Umberto è stato appena scalfito ad un
braccio…
Dopo
qualche giorno il re riceve i sindaci della Basilicata, tra i quali ovviamente
c’è anche quello di Salvia, Giovanni Parrella. Egli non aveva una giacca nera
da indossare per la solenne occasione, neppure aveva i soldi per comperarsela.
Allora convocò d'urgenza il consiglio comunale per farsene deliberare
l'acquisto. Al cospetto del re balbettò:
Ma Salvia non può non espiare e dai consiglieri della corona giunge il
suggerimento circa le modalità. Infatti a dicembre il consiglio comunale di
Salvia delibera e nel febbraio del 1879 un decreto reale esaudisce “il
desiderio dei fedeli sudditi” che d'ora in poi il paese si chiamerà Savoia di
Lucania.
(dalla perizia medica redatta su incarico dei giudici istruttori).
Anni dopo, quando il deputato Agostino Bertani riuscirà a penetrare nella
fortezza, lo spettacolo che si presenta ai suoi occhi è orribile.
Bertani ha ottenuto il permesso di vederlo, ma solo
attraverso il buco della porta della cella e con l’obbligo di avvicinarsi in
punta di piedi: non ha ottenuto il permesso di essere visto, non quello di
parlargli, perché il condannato non deve mai avvertire la presenza di anima
viva. Bertani vede immobile sul pagliericcio un essere gonfio, gessoso,
rantolante, evidentemente non più in senno: sente dire che è arrivato ad
inghiottire i propri escrementi. Il deputato radicale esce dal maschio
profondamente turbato e protesta vivacemente “questo
non è un castigo” scrive ”è una
vendetta peggiore del patibolo” e minaccia un’interpellanza. Allora il
governo si muove, una perizia decide che il condannato non è sano di mente e
così è trasferito al manicomio criminale di Montelupo, presso Pisa. E’
l’anno 1889: esplode lo scandalo. Francesco Saverio Merlino ricorda che al
confronto il regime carcerario borbonico, che Settembrini ci ha descritto, ci
guadagna parecchio e che “ la pazzia
del Passanante è conseguenza diretta ed esclusiva del trattamento spaventoso
che gli è stato inflitto al penitenziario, trattamento che i regolamenti non
permetterebbero”. Anna Maria Mozzoni, su Critica sociale, ricorda quando
ha accompagnato Bertani fino al cancello della torre
e il medico del penitenziario che ”mi
disse dell’indole dolce del prigioniero, che tenuto, da anni, con tanti
rigori, non si era mai lasciato sfuggire una parola di impazienza. Mi disse che
volgeva all’ascetismo, ed aggiunse questa frase testuale: E’ un san Luigi”.
Passanante morirà a
Montelupo il 14 febbraio 1910.
(da Il
re “buono” di Ugobero Alfassio Grimaldi, Feltrinelli)
Sul
suo cadavere inveirono gli scienziati dell’epoca che, a scopo scientifico,
staccarono la testa e la conservarono presso il Museo di Criminologia di Roma.
Nel 1999 due parlamentari scoprono la testa del Passanante nel Museo e ne
chiedono al Ministro di Grazia e Giustizia
il seppellimento.
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Dopo il racconto sopra riportato, si continui pure a leggere le favole su re e
regine, si rimanga pure incollati a guardare per ore la televisione, come tanti
avranno fatto il 22 maggio 2004, per vedere i festeggiamenti nuziali del futuro
re di Spagna, Felipe con Letizia Ortiz. A me, tuttavia, piacerebbe che, oltre
alla regione, anche quel comune in provincia di Potenza potesse riprendere la
propria denominazione originaria, ritornando così essi ad essere,
rispettivamente, Lucania e Salvia: che Margherita di Savoia conservi tale
denominazione mi è indifferente.
Del resto, se qua in Lombardia, fallita la secessione, Bossi,
per consolazione, ha preteso che venisse aggiunto sulle tabelle segnaletiche
all'ingresso delle località il nome "lumbard" del posto, sicché, ad
esempio, insieme
a
"Varese"
appare "Vares"-
state attenti allora che, se, chiedendomi
dove vivo, vi dovessi
rispondere a "Vares",
non è perché non riesco a parlare in italiano, bensì perché parlo "lumbard",
anche se, in questo caso, il "lumbard" coincide col dialetto banzese,
o meridionale in generale - a maggior ragione si potrebbe rivendicare il
ripristino del nome originario di Salvia, al posto di Savoia di Lucania: di
Savoia basti il cognome della mia ex compagna di classe Maria, che non mi
dispiace, quello sì, pronunciare e ricordare.
Poi, sarebbe anche ora che al Museo di Criminologia di Roma
fosse posto termine all'obbrobriosa esposizione del teschio e del cervello di
Passanante, i quali - ad onta della "teoria dell’uomo delinquente
nato "di Cesare Lombroso, che vuole esso identificabile in base alla
conformazione del cranio del soggetto - appartennero ad un uomo che semplicemente
ragionava in modo libero, facendo uso del proprio cervello, ed è una
fortuna che qualcuno ce ne sia ogni tanto. Se non vengo preso per
"mattoide" anch'io, mi sento più orgoglioso sapere che Passanante
sia un lucano come me.
De resto, anch'io una volta ho tentato di ammazzare una
persona, anche se non di rango reale: l'ho fatto in sogno e si trattava di Mike
Buongiorno, quando non ne potevo più del suo "Lascia o raddoppia": se
fosse stato vivo Lombroso, avrebbe colto anche nel mio cranio i caratteri
somatici del criminale? Chissà se avrei avuto risparmiato il manicomio per aver
tentato l'omicidio solo in sogno!
Se avessi il potere di emanare delle disposizioni, abolirei tutti i re e
le regine; inoltre, pur lasciando le favole che li riguardano, spiegherei ai
bambini come non sia giusto diventarlo, perché essi vivono sulle spalle degli
altri, consumando ricchezze spropositate, e poi perché in fondo essere re o
regina non dà la garanzia di essere veramente felici.
Vieterei, inoltre, di far appellare "madre regina"
alla madonna, perché, secondo me, una madonna non può assomigliare per niente
ad una regina, ma ad una "Madre Teresa di Calcutta".
Per fortuna che poi il papa non viene accostato al re, anche se non
ne è molto lontano: veramente lontano ne è stato solamente il papa Celestino
V, ma Dante lo ha condannato all'inferno (chi volesse conoscere meglio questo
personaggio, legga "L'avventura d'un povero cristiano" di
Ignazio Silone).
Bisogna poi non farsi trarre in inganno, perché i re si
dissimulano, possono essere tali anche senza appellarsi maestà ed avere la
corona in testa: un Berlusconi non è come se fosse un re? Forse è anche per
questo che a me non piace.
Ma, ritornando al tema principale della metamorfosi che mi ha
ispirato questa pagina, si renda reversibile quella operata per il comune lucano
di Salvia e si riporti il cranio ed il cervello di Giovanni Passanante nella
sua terra:
forse egli ne sentirebbe in qualche modo ancora il profumo (di
salvia?) che potrebbe fargli dimenticare i patimenti che ha sofferto per aver
tentato di smettere di continuare a credere nelle favole di re e regine.
Poi si può discutere se seppellire quei resti, o continuare
a lasciarli esposti in una vetrina, caso mai della chiesa di Salvia: basta che
non continui ad essere quella del Museo di Criminologia di Roma!
Visitate il sito http://www.uldericopesce.com/seppelliamo.html ed aderite all'iniziativa che vi è promossa, di far ritornare i resti di Giovanni Passanante al paese natale per darvi finalmente sepoltura.
(30
maggio 2004)
RIMEMBANZI
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