ESALTAZIONE DEI FIGLI
Chi, come me, ha frequentato le scuole medie inferiori e/o ragioneria a Palazzo San
Gervasio negli anni '60, sicuramente ha avuto a che fare col professore cieco di
francese Di Benedetto ed altrettanto non può non ricordare come egli mimasse le
mamme quando, incontrandosi tra di loro, gareggiavano ad elogiare le virtù dei
propri figli, anche - anzi in modo particolare - quando fossero stati bocciati a
scuola. Tradotto in italiano, egli cantilenava così: - Ce l'hanno col
figlio mio! Mio figlio è il più pregiato! Tutti venivano a copiare i compiti
di mio figlio! Facevano la processione per entrare in casa! Ed adesso me l'hanno
bocciato il figlio mio! Ce l'hanno col figlio mio!
Io non ho mai assistito personalmente a nessun incontro tra
le mamme di Palazzo San Gervasio. So solo che hanno un animo molto buono,
sensibile e protettivo, non solo nei confronti dei propri figli, ma anche degli
altri. Di ciò ne ho avuto una prova diretta in occasione di un incidente
stradale occorsomi nel novembre 1963 mentre ritornavo da scuola.
Uscitone ferito
e sanguinante, mi ritrovai subito avvolto tra le braccia e lo scialle di qualche
premurosa mamma che si precipitò a soccorrermi. Ma voglio anche ricordare la
grande premura che manifestò in quell'occasione il mio professore e notaio
Antonio Proto che, in ambulatorio per i primi interventi, mi diede da bere - fu
la prima volta per me - del cognac, successivamente elogiandomi perché, a
differenza di altri infortunati, non ho emesso neppure un lamento di dolore
durante la ricucitura della ferita alla testa.
Sicuramente anche quella anonima
mamma, come il professor Proto, non ci sarà più, ma desidero ancora una volta
ringraziare l'una e l'altro per la loro bontà d'animo.
Ma, ritornando alle nostre mamme di Banzi, sono stato invece
testimone una volta di un incontro tra una signora e mia madre e tra le tante
cose che si dicevano hanno parlato naturalmente anche dei figli. Tale signora,
per sottolineare l'importanza e la difficoltà degli studi che stava facendo
il/la proprio/a figlio/a - lingue - li confrontava con quelli che stava facendo
un'altra ragazza - lettere -, commentando così: - Severina, vuoi mettere mia
figlia, che deve studiare il francese e l'inglese, con Xxxx, che invece deve
imparare solo l'alfabeto? (evidentemente per lei studiare lettere significava
solo studiare le lettere dell'alfabeto).
Mia madre, naturalmente, non la
contraddiceva: un po' perché non ne sapeva di studi, un po' per cortese
compiacimento. Ma sapeva sicuramente che quella donna, come si diceva una
volta a Banzi (non so se qualcuno usa ancora queste espressioni), "sfandcav",
ovverosia raccontava balle.
Infatti, quando finalmente, finito il lungo e noioso
panegirico di suo/a figlio/a (uso il doppio genere per evitare che si individui
con troppa facilità la persona di cui trattasi, temendo tuttavia che ciò non
possa bastare lo stesso) si decise ad andare via, scoppiammo in una fragorosa
bella risata, conservando il buonumore per l'intera giornata ed anche per alcuni giorni successivi.