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14 FEBBRAIO 2004, UN'ALTRA DATA DA
RICORDARE...
non per la ricorrenza
banale di San Valentino, ma per la grande tristezza provata per la prematura scomparsa di
Marco Pantani.
Due altre volte ho provato qualcosa di simile: il 4 giugno 1994, quando finì di
recitare sulla scena di questo mondo Massimo Troisi, ed il 9 settembre 1998,
quando la voce di Lucio Battisti divenne solo un'eco che si smarriva
lontano nell'universo.
Questa volta, però, il dolore è stato più grande, vissuto come se fossi stato
colpito da un lutto familiare. Bisognava proclamare per oggi domenica 15
febbraio una giornata di lutto nazionale, sospendere tutte le trasmissioni
d'intrattenimento per rispetto del dolore di tanti. Invece ....
Quando vengono a mancare persone così, vorresti davvero che esistesse
l'aldilà, per sperare di poterli rivedere ancora.
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Nella seconda quindicina del giugno
2010, in vacanza a Cesenatico, conversando sulla spiaggia col bagnino Stefano
(38 anni), mi ha detto di essere stato amico di Marco Pantani (che di anni ne
avrebbe compiuti 40) raccontandomi diverse cose del grande campione. Nel mentre
si stava parlando mi ha additato la mamma di Marco che stava passeggiando nei
paraggi con un'amica: avrei voluto farmi avanti per salutarla e dirle del grande
dolore provato anche da me per la prematura scomparsa di suo figlio, ma mi sono
trattenuto dal farlo perché ero sicuro mi sarei commosso.
La mattina del 30 giugno, ultimo giorno di vacanza, mi sono recato al cimitero a
rendere omaggio a Marco Pantani. Poggiata la bicicletta fuori, ho chiesto ad un
anziano signore appena uscito dove si trovasse la tomba di Pantani: nel
corridoio numero 16, mi ha risposto. Anche se non avessi chiesto quella
informazione, tuttavia, non mi sarebbe stato difficile individuarla perché,
subito all'ingresso del cimitero, il primo cartello posto in evidenza era
proprio quello indicante la tomba di Pantani.
Giuntovi sul posto, c'erano già diversi visitatori. Ho atteso che uscissero per
raccogliermi in silenzio da solo sul sepolcro di Marco, anche per poter sfogare
senza imbarazzo la mia commozione. Ma un signore si aggirava nei paraggi,
scrutandomi discretamente. Dalle sembianze avevo arguito potesse essere il padre
di Marco. Anche in questo caso però mi sono trattenuto dal farmi avanti per
stringergli la mano ed abbracciarlo.
Uscito dalla cappella, ho fatto un giro intorno, ammirando la pista che saliva
fino in alto a simboleggiare le scalate del grande ciclista.
Suo papà stava innaffiando le piante intorno. Ci siamo incrociati furtivamente
con lo sguardo, rimanendo egli, chissà, anche stupito (io spero anche un po'
consolato) che uno sconosciuto, a distanza di oltre sei anni, avesse ancora gli
occhi rossi ed umidi per la perdita di suo figlio Marco.
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