LA FESTA DI SAN VITO A BANZI
Antonio Nicastro continua a fare il "provocatore" nei miei confronti: ogni tanto mi invia qua a Varese, a mezzo posta
elettronica, qualche fotografia scattata laggiù, in terra lucana, ben sapendo
quali reazioni esse mi suscitino. Oggi me ne ritrovo allegate ad una sua mail due
fresche di ieri, fatte a Banzi, dove ricorreva la festa patronale di San Vito.
Ebbene, se tale festa
adesso non mi dice pressoché più nulla, tuttavia la testimonianza
pervenutami della stessa ha avuto facile gioco nel farmi proiettare indietro nel passato,
ricordare il significato che essa aveva una volta nel nostro paese e come
veniva vissuta.
Il suo arrivo era atteso e sospirato, perché era, forse
insieme al Natale, l'unica occasione in cui si poteva mangiare qualcosa di
buono, assaggiare la carne, sentire dentro una gioia autentica. La festa
giungeva inoltre anche a chiusura dell'anno scolastico, sicché quale premio
migliore poteva essere, dopo le angustie della scuola?
Ed infatti, il suo arrivo
lo percepivamo proprio dalle aule della scuola, con i rumori che provenivano
dalla piazza, originati dallo sbattimento dei legni della cassa armonica e delle
luminarie che
venivano scaricati dai camion e poi rimontati. Allora cominciava a prenderci
subito una forte eccitazione, a scatenarsi anzi una vera e propria fibrillazione,
spasimando nell'attesa che arrivasse zio Rocco il
bidello ad annunciare la fine delle lezioni, e quando egli compariva, dicendo
"don Pè è ora", scoppiava davvero, accompagnata da un senso di
liberazione, un tripudio di gioia: per la fine della scuola, e per l'inizio della festa.
I giorni immediatamente antecedenti le nostre case
venivano rese tutte linde con fresche imbiancature - aveste visto quanto
l'imbianchino Domenico Matera fosse indaffarato in quei giorni!- che
cancellavano lo strato di fumo depositatosi sulle pareti durante i mesi freddi
precedenti, soprattutto allorché tirava scirocco ed esso, invece di uscire
dalla ciminiera, si espandeva denso in casa, costretti a spalancare porta e
finestra per farlo uscire, ma facendo così entrare anche il freddo.
In strada era tutto un fervore, con le nostre mamme e sorelle
che lavavano panni, appesi poi qua e là ad asciugare, e lucidavano tutto, in
particolare le stoviglie di rame; cominciavano ad apparire alle porte le tende (i pannetti).
In giro per il paese si vedeva la commissione incaricata della questua,
accompagnata da una
fanfara di pochi elementi, che metteva già allegria.
In piazza apparivano le bancarelle che esponevano
prelibatezze, palloni colorati, trombette e varie altre cianfrusaglie per
bambini, fra le quali tipico della festa era il yoyo; e soprattutto arrivava la
giostra, una volta solo quella che ruotava con i seggiolini: l'autoscontro ha fatto
apparizione si può dire in era moderna.
La festa di San Vito concludeva nella
sua solennità un festeggiamento che cominciava già il 13 giugno, con la
venerazione, in
tono minore, di San Antonio, che si svolgeva comunque pure con
processione ed accompagnamento di fanfara. Essa veniva annunciata al mattino da
alcuni colpi di fuoco d'artificio, e quando ti affacciavi fuori dalla porta il
sole splendeva di una luce fulgente, come ad esaltare ancora di più l'atmosfera
festosa
Ognuno di noi indossava forse finalmente un vestito ed un
paio di scarpe nuovi, ed otteneva qualche dieci lire da spendere, al
massimo 100, almeno io, per comperarsi un palloncino, un gelato o, in alternativa,
un pezzo di torrone, una gassosa, oppure ancora per andare a sparare
qualche colpo col fucile, per vedere se col tappo di sughero colpivi e facevi
cadere un frufru.
E quel giorno, l'unico dell'anno, si mangiavano anche le
arachidi, acquistate da un venditore ambulante che girava col carretto di legno,
ed urlava come un ossesso, facendo una gran concorrenza a mio zio Nicola,
che non so se riusciva a vendere i suoi lupini anche alla festa di San Vito,
essendo essi un legume ordinario della domenica, e forse non veniva desiderato
in un giorno speciale.
Nonostante la campagna lo richiedesse, mio padre si
sacrificava a non andare a lavorare, soprattutto per rispetto del Santo, non per
il divertimento, ma qualche volta ci andava lo stesso al mattino presto a fare
una mezza giornata di lavoro alla vigna, ritornando in tempo utile per la
processione, che costituiva il momento saliente della festa, il più solenne e
sentito, che coinvolgeva tutta la gente, fatta eccezione per le persone molto
anziane, le quali aspettavano davanti a casa il passaggio del Santo, al giungere
del quale si drizzavano in piedi e si scappellavano, tanti palesando sul volto
una grande emozione.
Il resto era, come oggi, un riversarsi di tutta la gente in
piazza, fare avanti ed indietro all'infinito, abbagliati dalle luminarie, e le
ragazze, anche da eventuali sguardi di ragazzi, che cercavano di mettersi in
mostra e lanciare messaggi attraverso di essi, intanto che la banda si esibiva sulla cassa armonica ad eseguire brani di Verdi,
Rossini, Puccini, ascoltati però più che altri da persone anziane. Infine i
fuochi d'artificio suggellavano la festa a mezzanotte.
A fine festa ci rimanevano dei cimeli: i tappi delle
bottiglie di birra e gassosa che raccattavamo innanzi ai bar, che appiattivamo
accuratamente e che avrebbero costituito oggetto di uno dei pochi giochi durante
l'estate.
Quest'anno, per la prima volta, è assente dalla festa anche
mio padre e la processione è sfilata davanti a casa senza che si sia affacciato
sul balcone e fatto il segno della croce e baciato San Vito al suo passaggio. La
festa stava sfilando liscia anche dentro di me, ma Antonio Nicastro me ne ha
richiamato l'attenzione e suscitato i ricordi. Ed a proposito di questi, ricordo
che l'anno scorso proprio oggi fu affisso in piazza un mio scritto sul cambio di
Sindaco a Banzi. Ho visto su internet che in giornata qualcuno è andato a
leggerlo, o rileggerlo, nel mio sito. Allora, almeno due persone hanno pensato
oggi a me, Antonio Nicastro ed un'altra ignota, probabilmente il sindaco nuovo
col neo o quello vecchio con i baffi.
Nessuno più si è ricordato invece di andare a fare visita a
mio padre ... perché quest'anno non c'erano più le elezioni ... e non sono
andati a trovarlo neppure per i referendum, dei quali non gliene ha fregato
niente quasi a nessuno.
Voglio sperare che mio padre, dove adesso si trova, insieme a
mia madre, non debba più ricevere visite imbarazzanti, non abbia più bisogno
di affacciarsi per vedere sfilare processioni, neppure per vedere quella
fulgente luce che io vedevo quando mi affacciavo sull'uscio di casa il giorno di
San Vito.
( 16 giugno 2005)
Festa di San Vito a Banzi - 15 giugno 2005
(foto scattata e gentilmente offertami da Antonio Nicastro)
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