NEL NOME DI KOBOLDA E LIDE ... CARDO E SPINA
... magia d'immagini di Maga, racconti di Fabrizio e Giuditta Moly
raccolti in un "befanino" di "AUGURI per il 2007" 
dal papà Michele Feo con la mamma Gabriella Mazzei
"Stampato a Pontedera in 500 copie dalla Tipografia Bandecchi & Vivaldi
quando erano gialle le foglie di novembre del 2006
a pro di chi sereno aspetta e spera
che s'avveri il colore della sera"

... s t o r i e   d i   g a t t i  ... e   d i   c a n i ...  e   n o n   s o l o

 
RITORNERA' LA MIA GATTA

Chissà dove sarà andata
la mia gatta
che più non è ritornata
lei non era matta
non andava neppure
in cerca d'avventure
allora un giorno arriverà
che a casa lei comparirà.

Porterà in bocca un topo
farà con lui la giocherellona
finito il divertimento dopo
se ne farà un bel boccone
oppure un passerotto porterà
che lei però non mangerà
perché da ma sarà liberato
prima che un morso gli abbia dato.

Quando poi d'inverno il freddo
diventerà assai pungente
la gatta nel mio letto
s'infilerà cautamente
insieme ci potremo riscaldare
continuare a riposare e sognare.

Allora sicuramente un giorno
la mia gatta io vedrò a me intorno
non importa se con topo o senza
ma di certo finirà la sua assenza
cercherà di chiedermi anche scusa
dandomi zampate e facendo le fusa.

     L'Epifania, si sa, tutte le feste porta via. Alcune decine di anni addietro, oggi pomeriggio di domenica 7 gennaio, in cui  mi accingo a scrivere questa pagina, l'angoscia della ripresa della scuola cominciava a rodermi dentro, non riuscendo a neutralizzarla quelle poche caramelle che disseppellivo in fondo alla calza da un cumulo di agli, cipolle, patate ed anche qualche carbone, di cui mia madre la infarciva. Ciò non accadeva, invece, per la mia sorella più piccola, che si sarebbe goduta spensierata le feste natalizie fino a stasera, ricordandosi solo dopo cena di tutti i compiti che avrebbe dovuto svolgere durante le vacanze, e che, piagnucolando, tirava fuori, in zona cesarini, per essere aiutata da me.
     Adesso non è più così, sia perché le feste natalizie hanno perso la valenza d'una volta (durante quelle appena passate ho preferito non fare neppure un giorno di vacanza aggiuntivo a quelle prescritte dal calendario), sia perché - per fortuna - ho finito con l'andare a scuola. 
     Quest'anno, peraltro, c'è stata una bella eccezione a tale proverbio, ed oggi, per quanto la Befana fosse stata festeggiata ieri, ho avuto un bel regalo. Me lo ha portato mia figlia Elena, che però nel caso di specie non ha recitato il ruolo di Befana, bensì solo di messaggera d'un prezioso "befanino" di "Auguri per il 2007", inviatomi nientedimeno che da Michele Feo, che ha voluto concedermi ancora l'onore di annoverarmi tra i pochi privilegiati destinatari di questa specie di suoi doni.
     L'ho "bevuto" e gustato subito come un "aperitivo" del pranzo domenicale, facendomi evocare, la storia della gatta Lede raccontata nello stesso, una simile accaduta nella mia famiglia, sebbene abbia avuto come protagonista non un gatto, bensì un cane, anzi due, battezzati da me Cardo e Spina. Non nascondo che mi è riaffiorata una certa emozione, nel ricordo dell'avventurosa vicenda, che ebbe inizio a Banzi il 26 dicembre 1994, che intendo poi raccontare, a conclusione di questa pagina,  in aggiunta a quella dei gatti di casa Feo.
     Adesso desidero, invece e prima di tutto, ringraziare il prof. Feo, nonché la sua gentile consorte Gabriella, del pensiero che ha avuto nei miei riguardi, di inviarmi degli auguri non convenzionali. Nel messaggio di accompagnamento al "befanino", egli, tra l'altro, mi ha scritto: "...immagino che sia contento che il Suo desiderio di Petraca a Banzi si sia avverato". Certo, prof. Feo, che lo sono, ma purtroppo anche dispiaciuto che, per una ragione non molto dissimile che per Gorla Minore, non abbia potuto provare il grande piacere d'incontrarLa neppure a Banzi.
     Ma, preferendo ritornare subito al "befanino", per non inquinare il piacere di quel dono con ricordi di brutti dispiaceri, per quanto non mi senta un esperto di pittura - sono appena un dilettante di poesie - ho potuto apprezzare senz'altro alcuni dipinti di "Maga", i cui soggetti suscitano spontanee sensazioni vissute ed interiorizzate, sia pure lontano nello spazio e/o nel tempo. 
     A cominciare dalla  gatta dipinta nel quadro titolato "Controra", riportato in apertura di questa pagina, che assomiglia incredibilmente a quella avuta da me a Banzi e di cui ne ho parlato anche in questo sito (clicca qua per vederla). Come non vedere poi nel quadro "a ritroso" l'espressione anche di mia madre quando - per chissà quanto ore ogni giorno! - ha rimuginato il suo passato?
     Ma anche lo "chador" mi ha ricordato l'episodio d'un incontro avvenuto qualche mese fa in un supermercato, di una coppia di marocchini. Lei aveva uno chador azzurro, che lasciava intravedere però un volto e degli occhi bellissimi. Non ho saputo trattenermi dal rivolgermi a suo marito, per fargli i complimenti per la bellissima sua moglie. Egli ha apprezzato, sorridendomi e ringraziandomi. Anche sua moglie aveva capito ciò che avevo detto, manifestandolo dallo sguardo, che si accese ancor più di una lucentezza meravigliosa. Quella scena mi commosse al punto da avere la necessità di mantenermi lontano da mia moglie ancora qualche secondo - facendo finta di cercare qualcosa tra gli scaffali - per sottrarmi al suo sguardo, in modo che non mi vedesse emozionato, costretto poi a spiegarle la ragione, col risultato che non mi avrebbe creduto, o che mi avrebbe dato dello stupido.
     Ed infine, per citare solo alcuni quadri, anche "terradisiena" non può non suscitare emozione, richiamando inevitabilmente alla memoria la visione dei campi di grano della mia terra natia. 
     Proprio ieri sera, ho avuto un altro motivo di riandare ad essi con la memoria.Questa estate mia sorella Anna ha venduto a Gerardo Cilumbriello la quota di terreno lasciatale in eredità da mio padre. Quando ne sono venuto a conoscenza, sono rimasto contento nel sapere chi fosse l'acquirente, perché mi sarebbe dispiaciuto che quel bene sacro finisse sotto i piedi di qualche sconosciuto profanatore. Invece, Gerardo s'è sempre fatto notare come persona rispettosa nei confronti di mio padre e, ne sono sicuro, che quando si recherà in quel terreno, egli volgerà ancora qualche pensiero rispettoso a lui.
     Ieri sera gli ho telefonato, per esprimergli il mio compiacimento che fosse diventato il nuovo padrone di quel terreno paterno, ed anche lui, a sua volta, è rimasto molto contento della mia telefonata, lasciandoci con la promessa che, quando fossi ritornato a Banzi, mi avrebbe condotto volentieri con sé ad ammirare quel campo di grano, diventato ora suo.
     Quanti e quali ricordi e sensazioni sono affiorati dischiudendo il befanino di Michele Feo! E come, incredibilmente, si possano condividere pensieri e sentimenti con persone affatto sconosciute!
     Ringrazio, allora, ancora una volta, il prof. Feo e la sua famiglia del dono inviatomi, ed insieme a loro anche "Maga" per farmi immaginare che la mia gatta senza nome possa, come quella dipinta nel suo quadro, ritrovarsi ancora, non solo in "controra", a riposare e sognare in un mondo leggiadro e variopinto di luce, colori e farfalle: parafrasando l'epigrafe di questa pagina, aspetto anch'io sereno e spero che questo miracolo si avveri.


Befanino 2007 di  Feo


Frontespizio del befanino


"A ritroso", dipinto di Maga


"Chador", dipinto di Maga


"Terra di Siena", dipinto di Maga



Biglietto di accompagnamento del befanino, opportunamente depurato 
dei dati privati-personali, inviatomi dal prof. Michele Feo

Presentazione di Michele Feo del "befanino"

     Per i lettori dei befanini & carpinesi Maga non è un mistero. Pisana, insegnante di Lettere di scuola media in pensione, ha scoperto che si può utilizzare il tempo degli anta con occupazioni divertenti e che quel tempo non è necessariamente destinato al rimbambimento e alla solitudine.
     Erano state forse le ombre del padre e dello zio, bravissimi nel maneggiar pennelli, a intimidirla e a sconsigliarla dal mettersi sulla via di un possibile confronto ingrato. Poi in un giorno dell'età matura, quando i fichi appassulati sono al massimo della dolcezza, decise di tirar fuori dal deposito delle cose vecchie un bel cavalletto, alto, con le ruotine e coi ganci per appendervi la tavolozza, segnata da colori che già furono all'opera. Maga si mise come uno dei suoi diligenti scolaretti a imparare il disegno, l'acquerello e l'olio, a riprodurre dalle fotografie e dai nudi veri, a misurarsi con la prospettiva, a fare le ombre e i riflessi di luce sulle vesti. Si è anche giustamente provvista di un basco da pittore ottocentesco. Imbrattar tele e barattare arte moderna e futura non è nei suoi gusti. Ha già un buon mercato nell'ambito del senza prezzo.
     Maga scrive pure, ogni tanto, piccoli pezzi di varia umanità, ricordi di famiglia e animali, su cinema, letteratura e stranezze della vita. Anche nella scrittura segue e rispetta le regole della grammatica. Ha pure pubblicato alcuni 'maggi', sfruttando la lezione di filologia appresa ali 'università qualche anno fa.
Oltre a ciò nella giornata trova lo spazio per occuparsi della famiglia e della casa, per leggere romanzi (non solo di donne), per incontrare persone, andare al cinema e ahimè vedere la televisione. Insomma non si annoia.
     Vi manda per il 2007 le immagini augurali delle sue pitture'. Se vi piacciono, applaudite; se non vi piacciono, pensate che non s'è fatto apposta. Sono dedicate, con tutto il resto, al ricordo di Koboldina, micia magica.


m.f

KOBOLDA E L'OSPITE INVADENTE


     Anni fa ho raccolto un gatto, un piccolo nato da poco che nel piazzale della scuola, sbucando da un cespuglio ne di oleandri, ha mosso i suoi incerti passi tra i miei, a chiedere protezione. Ha sollevato il suo musetto cisposo verso di me e non ho potuto fare a meno di carezzarlo. Ho proposto a Monica, la ragazza dawn che frequentava la nostra scuola, di adottarlo; ho già un cane, mi ha risposto, pronta; in quattro parole mi faceva notare che le era impossibile raccoglierlo per l'incompatibilità dei due animali a convivere. Così mi sono decisa: non
si poteva lasciarlo lì a morire consunto dai parassiti, fra le immondizie.
     La veterinaria ha confermato il mio sospetto che fosse femmina: i tricolori sono tutti di sesso femminile e il pelo di Lide (è stata poi così battezzata da Michele, che con iniziale entusiasmo ha scelto per lei l'inconsueto nome di donne amate da antichi poeti) era mischiato buffamente di bianco, grigio-nero e arancio ne.
     Kobolda, la gatta di casa, non l'ha accolta bene e durante il mese che è stata con noi ha continuato a 'schiaffeggiarla', a soffiarle ostilità sul muso, nonostante i suoi ripetuti, amichevoli tentativi di approccio. Questo all'incirca può aver pensato Kobolda: guardatela, quel sacchetto di peli e pulci che ora non pare da terraI tra non molto, lo so, mi contenderà lo spazio e io rischio la sorte di mia madre che ha preferito la strada e se n'è andata, pur di non scadere al ruolo di seconda nell'affetto padronale, quando, rimasta in casa a differenza dei miei fratelli, ho messo in campo i miei diritti; rischio un'infezione se mi lascio avvicinare da questa piccola rognosa; perché mi sottrae le palline che le donne di casa costruiscono per me coi sacchetti di plastica e che io mi diverto a rincorrere, a parare in funambolesche impennate e giravolte e a riportare indietro per un nuovo lancio neanche fossi un cane? perché le prime attenzioni (e forse i migliori bocconi!) ora sono per lei? ma chi è questa intrusa, piovuta non si sa da dove? a me spetta tutto quanto, a me che sono qui da una vita, dall'inizio della mia vita. Il fiele di questi pensieri le ha oscurato per tutto il tempo gli occhi e tenuto la coda bassa.
     Lide ha subito seminato pipì e popò ovunque le paresse che stessero bene; per ben due volte sulla spalla di Michele, che si è infuriato e si è convinto della sfrontatezza dell'animaluccio, ma non ha osato scaricarlo di dosso.
     Troppa tensione e animosità in giro contro Lide. Ho deciso di continuare a curarla dei suoi mille guai (raffreddore, vermi, rogna auricolare), ma intanto mi sono messa a cercarle una buona sistemazione. Ho sparso la voce, ho fatto telefonate a destra e a manca, nessuno si è lasciato commuovere. È incredibile quanti possono essere i motivi per non accogliere un gatto in casa: c'è già un gatto; c'è un cane; non c'è un giardino; quando c'è, lo fiancheggia una strada pericolosa; si è allergici al pelo felino; è già morto un gatto che ha fatto soffrire; ma dove metto il gatto, quando d'estate vado in vacanza; magari se fosse stato un maschio...!
     Infine Lide è stata adottata. Da Marco, un ragazzo dai capelli lunghi, che mi ha fatto una buona impressione: educato, di poche parole, determinato. .La ragazza è piaciuta» ha commentato Anita, che ci ha aiutato ad allogarla. E così Lide è uscita di casa avvolta in una vecchia canottiere di lana, 1.' perché non prendesse freddo. Pareva che capisse. Ci guardava seria, ferma nelle mani di Marco, lei ; che aveva l'argento vivo addosso ed era incapace di il star quieta per due minuti di seguito. Non bisogna prolungare gli addii. Abbiamo chiuso la porta.
     Finalmente Kobolda riacquistava intero il suo : spazio e le sue abitudini. Lettiera e piatto dell'ospite sono scomparsi. Nel giro di qualche ora per la gatta grande Lide non era che un brutto ricordo. Kobolda si è stesa sulle piastrelle del corridoio, tiepide, perché sotto passa un tubo dell'acqua calda, e lì è stata l'intero pomeriggio. Lide le aveva rubato quel luogo amato negli ultimi venti-trenta giorni e lei, la padrona della casa, si era vista costretta ad uscire, piovesse o no, per togliersi dalla vista quell'esserino fragile e prepotente.
     Ma io sono convinta che a tratti le venisse su qualche buon impulso. Una volta che guardava Lide giocare con una pallina, è scomparsa; poco dopo è riemersa di fra i rami della bougainvillea che rampica da terra fin sul terrazzo della cucina con una cavalletta in bocca. L'ha deposta sul pavimento, ci ha giocato un po' con le zampe; Lide gliel'ha immediatamente rubata, ma Kobolda questa volta non si è arrabbiata, non ha 'sgridato' la piccola, non ha fatto nulla per riconquistarsi quell'animaletto spaurito; è stata quieta a guardare. Così faceva con lei e i fratelli la madre Birba. Pochi giorni dopo la situazione si è ripetuta con un topolino, grigio e grassoccio. Ma io ho chiuso la porta-finestra e Kobolda stanca di aspettare ha perduto il roditore. Kobolda sapeva, per vie misteriose, che ai piccoli bisogna insegnare con il gioco la caccia e la destrezza. Involontariamente a tratti si dimenticava della sua gelosia e lasciava che prevalesse l'istinto materno. Se Lide fosse rimasta, avrebbe finito forse per essere accettata.


I CONTI DI KOBOLDA


     La mia gatta è civilizzata e gentile, più di certe persone che penseresti altamente acculturate; l'ho sentito dire spesso con amarezza anche da Michele.
     È vero. Kobolda ringrazia sempre quando le si riempie di cibo la scodella: lo fa appoggiando il naso umido alla gota di chi in quel momento è chino sulla sua ciotola. Se vede qualcuno di noi triste, preoccupato, sofferente per un qualche motivo che lei ignora, non solo lo percepisce subito -ed è difficile per un essere 'superiore' come me rendersi conto da che cosa -, ma si accoccola vicino e avvia il suo rassicurante ronfare. Quando si rientra da una breve consueta uscita di affari non suoi, viene incontro e saluta a suo modo. E, via di questo passo, qualche altro esempio della sua buona creanza, quella più autentica che ha a che fare con la riconoscenza e la comprensione, si potrebbe ancora aggiungere.
     Così come si potrebbero raccontare aneddoti d'altro genere, quasi infiniti, su di lei. Basterebbe solo cominciare da una parte. Ad esempio da come ha cercato, in continuo sforzo di apprendimento, di adeguare gesti e suoni ai nostri.
     Non c'è da stupirsi. Gli studiosi del comportamento animale si stanno orientando a ritenere gli animali in grado di farlo spontaneamente e non solo per ereditarietà genetica.
     Fatto sta che Kobolda allunga la zampetta verso il nostro viso come a volerci gratificare di una carezza, perché - è mia intima convinzione - ha interiorizzato ed imita il gesto che noi facciamo per accarezzarla; oppure ci gira le spalle, diciamo così, quando è offesa e così sta finché non la si richiama con affettuose parole. È incapace di tenere il punto e anche in questo dimostra maggiore generosità e gentilezza degli umani.
     Ha inoltre arricchito notevolmente il suo vocabolario. Emette dolci gorgoglii appena percettibili,
quando è in vena di amorevolezze, o suoni terribili che si slargano e si velano in acuti gutturali o in note profonde che mi spaventano sempre; e lei lo sa e li usa quando è incavolata per qualche sgarbo o trascuratezza nostra e mi vuole piegare a farle servizi immediati. Contrappunta i nostri richiami: io la chiamo e lei risponde, ripeto il suo nome e lei ribatte ancora; così per un po'; poi per i gatti esiste un limite dettato dal decoro, e ad un certo punto resta muta e guarda lontano. A volte, quando le racconto qualcosa, o le chiedo un'opinione, mi risponde con un quasi mah!, come a dire, che vuoi farci, oppure, non ho idea.
     Ha ricevuto una ferrea educazione dalla madre. Allevare quattro cuccioli vivaci, sempre pronti a tuffarsi in giochi scatenati e a lanciarsi in corsa traversa nel luminoso living della nostra, provvisoria, casa in 1m Dal a Berlino, non deve essere stato uno scherzo per Birba. Affettuosamente, ma anche autorevolmente, ad esempio, gli ha subito insegnato quale doveva essere il posto per pipì e popò: i rifiuti poco odorosi, per usare eufemismi, di quattro intestini indaffarati a crescere hanno subito preoccupato la madre quanto o forse più di noi stessi;
ma Birba è stata encomiabile; noi abbiamo messo a disposizione l'apposita lettiera e dopo pochi giorni di incerto e contraddittorio comportamento, i quattro hanno cominciato a fame perfetto uso; tanto che se per caso erano in giardino a sfogare le loro effervescenze, al momento del bisogno non era, li che gli davano naturale e immediata soddisfazione, ma li si vedeva correre uno dopo l'altro a 'bussare' alla porta chiusa che li separava dal luogo deputato. Che era sempre ingombro: tenerlo pulito a quel punto spettava a noi umani, ma era un servizio che prestavamo volentieri. L'ospite temporanea Lide, trovatella, che non ha avuto una madre nei pressi a sgridarla quando si comportava male, l'ha fatta dove ha voluto con poca soddisfazione nostra. Per tornare a Kobolda, quando poi ha potuto disporre di se stessa, ha preferito agire en plein air. E noi abbiamo apprezzato la sua saggia decisione.
     Sono certa che capisca il significato di nostre parole: qualcuno può obiettare -via non esageriamo con questa intelligenza animale! -che tuttalpiù ha imparato ad associare le parole a determinate situazioni, gesti, ecc.; e non è questo, rispondo io, il modo di imparare dei bambini o dell'apprendista di una lingua straniera?
     Capisce inoltre quando decidiamo di andare a Stazzema e prima che la chiudiamo nella gabbia da viaggio, che le procura sofferenze fisiche e che lei nella sua indole inclinante naturalmente all'edonismo vorrebbe evitare, sparisce per tempo in posti imprendibili: sotto alletto, ad es., esattamente nel punto d'incidenza delle diagonali, li dove non arriva il braccio più lungo dei componenti umani della famiglia e dove, certamente arriverebbe un bastone, ma, lei lo sa o lo spera, nessuno di noi ha il cuore di acchiapparla con metodi tanto brutali.
     Su un episodio della sua vita, curioso e stimolante per etologi e non, attingo da una pubblicazione a tiratura e circolazione assai limitata, voluta nell'ormai non più vicino 1988, da una Stazziemalis Accademia del Procinto, con licenza ovviamente del suo autore, il Prof. Dr. Papis Michael Archangelakis, che qui ringrazio.
     Indubitabile ingegno e capacità programmatrice le hanno una volta consentito di procurare crocchette supplementari per la madre e se stessa. La scatola era sul piano più alto di un trabiccoletto porta-verdure e per raggiungerla è stato facile, è bastato un salto. Più complicato è stato fame uscire gli appetitosi bocconcini secchi, ma lei ha infilato la zampetta piegata a cucchiaio nella stretta apertura e ne ha fatto saltare il boccone con traiettoria esatta giù ai piedi della madre, che era rimasta comodamente ad aspettare in basso. Un boccone, poi un altro, poi un altro; sempre uno alla volta e uno alla volta la madre se li è sgranocchiati. Kobolda a testa all'ingiù ha realizzato nella sua testolina sapiente che era inutile saltare a terra. Occorreva cambiare strategia. Ha infilato di nuovo la zampa e ha fatto uscire non una ma due crocchette; quindi è saltata. Il secondo bocconcino era ancora li per lei.
     È stato così che ci siamo convinti che Kobolda sa contare, almeno fino a due.

     

... e la storia di Cardo e Spina



... la leggerete nei prossimi giorni. Adesso sono troppo emozionato (ed anche un po' stanco) per raccontarla. Poi domani inaugurerò un quarto comune (a scavalco questo) dove presterò servizio, quindi bisogna che arrivi fresco di energie.

07 gennaio 2007

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