NON CI RESTA CHE... PIANGERE?

No, l'ici e la festa dei cinquantenni

 

 

Una volta, a Banzi, era così. 

Dopo Natale si ammazzava il maiale allevato in casa? La parte migliore di esso non serviva a dare finalmente un po' di proteine agli emaciati componenti della famiglia. Mio padre mi raccontava che filetto e sottofiletto sua madre li destinava esclusivamente a diventare oggetto di atti di vassallaggio nei confronti dei maggiorenti del paese: podestà, maresciallo (allora forse solo brigadiere), appuntato, medico, farmacista, daziere, ecc. ecc., le porte delle cui case si aprivano presto e volentieri quando gli occupanti sentivano bussare non con le mani, impegnate a portare cesti pesanti, bensì con i piedi.

Ti dimenticavi di portare l'omaggio a qualcuno? Prima o poi avresti ricevuto qualche vessazione. Probabilmente sarà dipeso dal fatto che l'allora messo guardia del mio paese non aveva ricevuto mai alcun omaggio dalla mia famiglia, se accadde che mia madre fu da lui contravvenzionata per aver buttato in strada una bacinella d'acqua usata per lavare la verdura: l'acqua non era certo inquinata, buttata in strada era anche utile a non far sollevare la polvere; i residui di verdura contenuti in essa erano poi cibo prelibato per le galline che vi razzolavano in giro: ma il messo guardia, sulla base di chissà quale disposizione regolamentare, le appiccicò con inflessibile severità la contravvenzione... così impari - avrà egli pensato - a non regalarmi mai neppure un po' di fichi della tua vigna, quando mi passi davanti con la cesta piena che porti in testa.

Una bella cesta di fichi selezionati (in dialetto banzese il più espressivo termine"capati") invece mia madre la portò volentieri una volta al maresciallo che reggeva all'epoca la caserma dei carabinieri, per ringraziarlo della sua disponibilità ad aiutarla a districare una situazione aggrovigliata creata dall'allora ufficio del registro di Palazzo San Gervasio.

Era l'inizio degli anni sessanta ed avevamo comperato finalmente anche noi la radio (marca "Novaradio", che in seguito ho visto avere anche da Savino, il mio compagno di complesso "The White Sols"). L'Urar però ci perseguitava con delle cartelle esattoriali, pretendendo il pagamento di un doppio abbonamento intestato a mio padre: uno per l'indirizzo di via Garibaldi 102, un altro per via Garibaldi 39, che era sempre la stessa abitazione con la numerazione civica di qualche decennio prima.

Mia madre, nonostante avessimo già fatto presente all'ufficio del registro l'equivoco, vedendosi notificare dal messo (allora era il suocero o forse padre del barbiere Rigato) minacciose intimazioni di procedimenti esecutivi di pignoramento, tentò innanzi tutto di rifiutare la "carta" che il messo le voleva consegnare, spiegando che l'abbonamento alla radio era già stato pagato. Ma, vedendo che questi gliela gettò ai piedi per terra, la raccattò e, disperata, si rivolse al maresciallo. 

Onore al merito: egli l'ascoltò, capì che si trattava di una odiosa, incredibile vessazione di qualche accidioso ed ottuso dipendente, si fece carico di aiutarla a venirne fuori, scrivendo una lettera. Così l'Urar la smise finalmente di perseguitarci.

Secondo me, quel maresciallo (mi spiace non ne ricordi il nome) avrebbe meritato un encomio solenne per la buona azione compiuta. 

Un altro encomio solenne (questa volta mi pare sia stato dato per davvero) il maresciallo di Banzi lo ha meritato per il coraggio manifestato in occasione di un evento assai pericoloso accaduto nell'ambito della mia famiglia. Nel 1984 scoppiò un incendio in casa, provocato da una bombola di gas che alimentava una stufetta. Egli, chiamato in aiuto, intrepidamente, riuscì a far rotolare la bombola fuori sul balcone, prima del ritorno di fiamma che avrebbe causato l'esplosione ed il crollo della casa, ed a spegnerla.

Ma il più delle volte (anche) i carabinieri di Banzi si limitano a fare i carabinieri.

Nell'estate del 1999 mio padre (era rimasto vedovo il 28 febbraio precedente) se ne stava seduto al fresco sul marciapiede di fronte casa sua, cercando un po' di consolazione dal saluto dei passanti. Ad un certo punto vede che gli si avvicinano due carabinieri. Pensa che anche loro gli volessero rivolgere qualche parola convenevole per un vecchietto di 88 anni.  Invece, erano andati a cercarlo per rifilargli tra le mani un verbale di contravvenzione.

Cosa poteva aver combinato alla sua veneranda età? Era ritenuto reo di non aver fatto la "precesa" al perimetro di una quota di terreno di cui era proprietario.

Avuto consegnato il verbale, mio padre ringraziò i due carabinieri (non ne immaginava ancora il contenuto), lasciò subito il fresco del marciapiede, andò a casa, inforcò gli occhiali, cercando di capire di che si trattasse. Siccome la cosa gli sembrava poco comprensibile, temendo fosse colpa degli occhiali, li cambiò mettendosene un altro paio, e poi un altro ancora (egli aveva la collezione di quelli di tutti i suoi defunti fratelli e suocero): il risultato però non cambiava: era sempre accusato di aver commesso l'infrazione dell'omessa "precesa", con connessa salata sanzione pecuniaria.

Giacché all'epoca io andavo spesso a Banzi, egli non la pagò subito: aspetto di far veder il verbale prima a Tonino, pensò. Quando me lo sottopose, mi indignai non poco, ordinai (quasi minacciosamente) a mio padre di non pagare la sanzione comminata, dicendogli che ci avrei pensato io. Feci ricorso in Regione Basilicata e ... la pratica è ancora lì a giacere ... e chi se ne frega più: mio padre non è più perseguibile ed i suoi eredi non possono essere chiamati a risponderne perché la sanzione ha natura personale.

Talvolta i carabinieri non se la prendono solo con i novantenni, anche con qualche innocuo "forestiero".

Così, un ragazzo, per ingannare la noia, si fa qualche giretto con la "vespetta" del nonno? Bene, per quanto egli, a differenza di gente del posto, vada in sella alla motoretta rigorosamente munito di casco in testa, viene comunque fermato. E questo passi, non c' è da ridire granché. Ma che invece costringano questo ragazzino ad andare anche in caserma, come se lo avessero pizzicato in flagranza di reato, per interrogarlo e perquisirlo, sembra non poco esagerato. Per fortuna che quel poveretto non aveva problemi di cuore!

Come pure, sembra esagerato, il fatto che uno attacchi un foglietto di carta in giro per comunicare che ha una macchina da vendere, e si veda per ciò comminare una pesante sanzione per pubblicità abusiva, d'importo a momenti maggiore del valore della stessa autovettura. Devo dare atto che, meno male, l'allora sindaco Garzillo è stata una persona di buon senso ed ha accolto il ricorso fatto avverso quella contravvenzione, disponendone l'archiviazione!

Proprio in questi giorni scorsi mi è capitato di vedere, in diverse strade, attaccati decine di foglietti gialli a pali di lampione e segnali stradali,  a colonne di porticato, per pubblicizzare la vendita di una casa; ricordandomi l'episodio raccontato innanzi, mi sono domandato: cosa sarebbe successo a Banzi?

 

Essendo quasi cinque anni che manco dal mio paese, non sono a conoscenza di altri episodi del genere da raccontare.

Uno però ne è venuto ancora fuori, sentendomi con mia sorella Lina in occasione delle feste di Natale, . 

Mi riferisce, infatti, di avere ricevuto una bella raccomandata, spedita dal comune di Banzi, recante un avviso di accertamento relativo all'ici: le viene rimproverato che, invece di pagare la quota di due terzi della casa avuta in eredità, si è limitata a pagare solo un terzo. 

Ma sulla base di cosa viene mossa la contestazione? Sulla base dell'approssimazione e del fastidio (meglio accidia) di andare a controllare la denuncia di successione, l'unica fonte di riferimento. Il dipendente accertatore avrà dedotto: giacché Tonino (conosciuto forse per avere questo sito)  paga un terzo, l'altra sorella comproprietaria (conosciuta perché continua ad andare ancora a Banzi in agosto) deve pagare per forza la differenza, escludendo - per deduzione ricavata dall'indolenza di andare a visionare la detta denuncia di successione, di cui copia non può non essere anche agli atti del comune - che ci possa essere invece, come è nella realtà, un terzo erede comproprietario.

Oramai, oltre alla festa dei cinquantenni - utile solo a far sfogare un po' di narcisismo a qualche amministratore sul palco in piazza e per partecipare alla quale si viene tampinati e pressati con insistenza quasi molesta - per noi banzesi andati via, il vincolo che ci lega a Banzi non rimane che quello dell'ici.

Una volta gli emigranti spedivano al paese le rimesse per la propria famiglia. Al massimo qualche stupido di essi (io ne avevo uno in famiglia che per ciò mi faceva arrabbiare molto), quando ritornava a Natale, in quanto compagni di caccia, si sentiva obbligato a portare in omaggio una stecca di sigarette proprio a quella guardia municipale che aveva contravvenzionato mia madre.

Ora invece gli emigranti sono costretti a spedire le rimesse per contribuire a comperare le scarpe o la cravatta ai tre vigili, o forse per consentire al primo cittadino di rompere ogni tanto la noia, ed andare a farsi un giro in oriente sul cammello.

A proposito, mi è giunta voce che a Banzi, traendo ispirazione da quelle missioni compiute in Terra Santa, sia stato adottato un inno paesano il quale, in virtù di apposito concordato raggiunto tra il comune e la parrocchia, viene cantato in coro ogni domenica in chiesa al termine della messa solenne: siete curiosi di conoscerlo ed avete voglia  di cantarlo anche voi? Cliccate qui sotto.

 

"Comme si' bello a cavallo a 'stu cammello"

 

Non so se Banzi, prima che ne scatti la soppressione ope legis, abbia un difensore civico che, leggendo eventualmente questa pagina, possa domandare al capo dell'amministrazione comunale se sia giusto che il suo comune debba funzionare così.

Io, comunque e per fortuna, ho scoperto che in Basilicata è stato creato un ufficio ad hoc per chiedere informazioni su come ottenere giustizia. Lo segnalerò allora a mia sorella. Le dirò di scrivere a rocco.carcuro@giustizia.it: la giustizia è assicurata!


 

MA C'E' UN'ALTRA RACCOMANDATA IN ARRIVO!

 

Mi è stato preannunciato che tra qualche giorno arriverà anche a me una raccomandata. Non da Banzi però,  bensì da un vecchio amico di Banzi, che, pure lui, non sta più a Banzi.

Mi ha telefonato, infatti, venerdì sera scorso per comunicarmelo. Prima di allora non avevo mai sentito la sua voce al telefono e mi son dovuto far dire il suo nome per riconoscerlo.

Quando mi ha detto che era Gerardo, confesso che, a sentire che mi spediva una raccomandata, mi è venuta un po' di apprensione. Mi sono rasserenato però subito nell'apprendere quale fosse il contenuto di quella spedizione: poesie di cui mi vuole far onore di leggere in anteprima, anticipatamente alla loro pubblicazione in un prossimo libro che verrà dato alla stampa e che, neppure questo, ne sono sicuro, mancherà di essere fatto oggetto di solenne evento culturale in qualche "Estate Bantina".

Spero che il postino riesca, e quanto prima, a consegnarmi la raccomandata. Dico ciò perché Gerardo mi ha informato che non ha indicato sulla busta la via della mia abitazione, pensando che anche il postino della città dove risiedo, un po' come Ciccillo di Banzi, non possa non sapere chi sia Antonio Carcuro.

Comunque, prometto, sia a Gerardo, sia a chi eventualmente mi stia leggendo, che, se il postino mi recapiterà il plico, non mancherò di far conoscere quanto prima, attraverso questo sito, "urbi et orbi", le ultime creature poetiche del mio antico amico Gerardo.


 

SCUSE

 

Infine, desidero rivolgere le mie scuse a Massimo Troisi per aver mutuato il titolo di uno dei suoi film più belli per titolare questa farsa recitata a Banzi.

 

24 gennaio 2010

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