In un sito
per bambini ho scoperto una ricca silloge di poesie sull'inverno: ben
quaranta appartenenti ai poeti più famosi, tra i quali la curatrice della
pagina web ha voluto inserire anche una mia - "Solstizio
d'inverno" - composta undici anni addietro.
Segnalo tale
raccolta, perchè fa cogliere le diverse sfaccettature della stagione
forse meno preferita, riportandone di seguito alcune tra le più
espressive, simpatiche ed originali (con in fondo la mia).
ATTILIO
BERTOLUCCI
Vennero
i freddi
Vennero
i freddi,
con
bianchi pennacchi e azzurre spade
spopolarono
le contrade.
Il
riverbero dei fuochi splendé calmo nei vetri.
La
luna era sugli spogli orti invernali.
MARIO
LUZI
Il
gelo
Il giorno schietto
d'inverno inasprisce le
carraie,
aguzza il taglio della
pietra,
sopra i poggi pelati
brucia i pochi fili d'erba.
Chi affastella legna, chi
sciorina
panni s'affretta; sgretola
la crosta
con le scarpe chiodate, con
gli zoccoli,
spranga l'uscio di casa.
E' un tempo che fa bruschi
i conciliaboli,
ruvide le parole ed i
commiati.
Antenne
e nervature d'alberi, di
rovi
graffiano i venti del
tramonto…
GIANNI
RODARI
Il gatto inverno
Ai vetri della scuola
stamattina
l'inverno strofina
la sua schiena nuvolosa
come un vecchio gatto grigio:
con la nebbia fa i giochi di prestigio,
le case fa sparire
e ricomparire;
con le zampe imbianca il suolo
e per coda ha un ghiacciolo
Sì, signora maestra,
mi sono un po' distratto
ma per forza, con quel gatto,
con l'inverno alla finestra
che mi ruba i pensieri
e se li porta in slitta
per allegri sentieri.
Invano io li richiamo:
si saranno impigliati in qualche ramo spoglio;
e per dolce imbroglio chiotti, chiotti,
fingon d'esser merli e passerotti.
GIANNI
RODARI
La
neve
Che
bella neve,
che invenzione la neve di lana e di cotone…
Non bagna i guanti né le mani senza guanti,
né i piedi senza scarpe,
né i nasi senza sciarpe,
né le teste senza cappello,
né i cappelli senza ombrello,
né le stufe senza carbone,
questa bellissima invenzione,
la neve di lana e di cotone.
GIANNI
RODARI
Sulla
neve
D’inverno,
quando cade
la neve e imbianca il prato
e nasconde le strade
sotto il manto gelato,
ai bimbi, avventurieri
dal cuor senza paura,
non servono sentieri
per tentar l’avventura:
marciano arditi dove
la nevicata è intatta
aprendo strade nuove
nel deserto d’ovatta.
( Ma l’orme dei piedini
la neve serberà
per guidare i bambini
a casa, quando mamma chiamerà…)
EVGENIJ EVTUSENKO
La
terza neve
Guardavamo
dalle finestre,
là dove i tigli si stagliavano neri nella profondità del cortile.
Sospirammo ancora,
la neve non veniva,
ed era tempo, ormai,
era tempo…
E la neve venne,
venne verso sera.
Essa giù dall’alto dei cieli volava a seconda del vento.
e nel volo oscillava.
A falde sottili come lamine. fragili,
era confusa di sé stessa.
La prendevamo delicatamente nelle mani
e stupivamo:
dunque, era quella la neve?
Ma la neve ci rassicurava:
Verrà, io lo so,
verrà la neve vera.
Non vi turbate mi scioglierò,
non inquietatevi subito… .
Dopo sette giorni venne la neve nuova.
Non venne
precipitò.
Cadeva cosi fitta, da non potere tenere aperti gli occhi.
a tutta forza vorticava in cerchio, mugliando.
Con pervicace ostinazione voleva inseguire il trionfo
perché tutti dicessero concordi:
si, è lei, la neve vera.
Che non dura un sol giorno, o due.
Ma disperò di sé, non resistette
e si diede per vinta.
E se non si scioglieva tra le mani
si scioglieva sotto i piedi…
E noi inquieti, ansiosi
sempre più spesso scrutavamo l’orizzonte:
quando quella vera verrà?
Perché era tempo,
era tempo…
E un mattino, appena alzati,
pieni di sonno,
ignari ancora,
d’improvviso aperta la porta,
meravigliati, la calpestammo.
Posava, alta e pulita
in tutta la sua tenera semplicità.
Era fittissimamente di sé sicura.
Giacque in terra
sui tetti e stupì tutti con la sua bianchezza.
Era davvero tanta,
ed era davvero bella.
Cadeva e cadeva
nel baccano dell’alba
fra il rombo delle macchine e lo sbuffare dei cavalli
e sotto i piedi non si scioglieva.
anzi diventava più compatta.
Giaceva fresca e scintillante
e ognuno ne era abbagliato.
Ed era lei, la neve. La vera.
L’aspettavamo.
Era venuta.
ANTONIO
CARCURO
Solstizio
d'inverno
Quando
a dicembre arriva il solstizio
che dell'inverno scandisce l'inizio
il
sole pare diventare più mite ed umano
non fa più l'altezzoso nel cielo lontano
insieme
a noi si leva tardi al mattino
si tira pigramente sul tetto vicino
rimanendo
incantato tutto il giorno
a guardare curioso le case intorno
non
c'è chi non lo veda affacciare
che non lo faccia subito entrare
accogliendolo
con cordialità e calore
come si trattasse d'un ospite d'onore
in
realtà sembra che al solstizio
sia la festa del sole ad avere inizio.
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