ROCCO SCOTELLARO
(un grande poeta lucano, anzi universale)

Che sia verosimile, che la fortuna di poter leggere le poesie di Rocco Scotellaro - nato a Tricarico il 19 aprile 1923 e morto a Portici il 15 dicembre 1953 - sia dipesa dalla conoscenza di personaggi importanti, quali Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, da egli avuta in ragione della sua attività politica, appare sicuramente condivisibile: il destino di tante persone non si realizzerebbe, se non capita d'incontrare qualcuno che lo aiuti ad assecondare, alla stregua di una sorta di levatrice.

Che, tuttavia, Rocco Scotellaro si continui a definirlo sindaco-poeta ed a ritenere che egli abbia concepito la sua poesia solo come "uno strumento di lotta e di emancipazione sociale", sembra apparire perlomeno riduttivo, si rivela una categorizzazione che gli sta stretta addosso, asfittica rispetto al respiro universale che i suoi versi recano e che ha fatto sì che la conoscenza dello scrittore di Tricarico non rimanesse solo negli angusti confini regionali della Lucania, ma oltrepassasse anche quelli nazionali, approdando tradotto addirittura nella lontana America.

Certo, nel suo repertorio poetico figurano diverse poesie che rivelano il fervore della sua passione politica - "E ci mettiamo a maledire insieme", "Primo sciopero", "Topi e condannati", per citarne alcune -, ma non è per esse che Scotellaro conquista l'animo di chi lo legge, bensì per quelle altre dove egli riesce a trasfondere sublimemente il suo lirismo, gli affanni emotivi del proprio cuore, ad affrescare con parole semplici immagini ineffabili.

Ecco che allora ci si commuove quando si legge "E' fatto giorno", i cui versi più che essere intesi in senso metaforico - come entrata in scena della massa contadina - rivelano più pura poesia se vengono intesi proprio per ciò che le parole dicono e che abbiamo vissuto durante l'infanzia, quando ci si svegliava emergendo alla luce dal buio della notte, scoprendo di essere ancora vivi e sé stessi nel momento in cui ci si metteva addosso ancora gli stessi panni e scarpe, si vedeva la stessa faccia allo specchio avuti la sera precedente andando a letto; e poi ci si dedicava ognuno al proprio gioco sulla scena del mondo, annunciata dal canto del gallo e confortata dalla visione del volto rassicurante di nostra madre al focolare.

Per chi, poi, sopra i cinquant'anni, ha vissuto la propria giovinezza, od almeno l'infanzia, in qualche paese lucano, può godere del privilegio aggiunto di riuscire a rievocare nitidamente ricordi di tempi che furono, divenuti irripetibili perché gli ultimi decenni hanno fatto voltare definitivamente pagina nella vita sociale ed economica anche della nostra Lucania.

Sicché, se sicuramente potremo continuare a vedere "passeggiare i cieli sulla terra", a sentire "lo zirlio dei grilli" ed il vento fasciarci "di sottilissimi nastri d'argento", il trainante, invece, ha finito per sempre "di andare alto sul carro a scacciare le stelle con la frusta"; è finita per sempre "la processione .. cominciata già nella notte ... della fila dei mietitori che toccano la stella, l'unica rimasta in cima alla strada tortuosa, dopo aver alloggiato sulla nostra piazza un mese; non si vedrà più il mietitore leccese partire per ultimo con la sua bicicletta da passeggio; nessuno dormirà più alla mèta della paglia, dove vedeva il cielo frastagliarsi nel contrasto dei venti e nascere la punta della luna; gli asini non trotteranno più leggeri sulla comoda riva e le giumente bendate non faranno più la giostra nell'aia cantate dagli uomini che sanno farle sognare; nessuno andrà più curvo sotto le salme di legna recitando il rosario lungo freddi chilometri per cuocersi poi il volto al focolare; i fanciulli non andranno più scalzi ad assaltare i ciuffi delle viole (quante volte l'abbiamo fatto anche noi nella nostra infanzia!): questo è solo un piccolo campionario delle immagini poetiche scolpite mirabilmente dallo Scotellaro.

E non c'è chi non ritrovi in tali semplici e naturali espressioni del poeta lucano - che si leggono alla stessa maniera come si beve un bicchiere d'acqua fresca - riecheggiare la propria esperienza di vita, o quella sentita raccontare dai propri genitori e nonni, non mancando di provare uno spontaneo ed irrefrenabile sussulto di emozione.

Tanti di noi lucani siamo finiti in città lontane "... apparse la notte/dopo tutto un giorno/che il treno aveva singhiozzato,/e non c'era la nostra luna/e non c'era la tavola nera della notte/e i monti s'erano persi lungo la strada": leggendo le poesie di Scotellaro riappaiono i nostri monti, da essi la punta della luna che sale nel cielo, dal quale il trainante ha scacciato le stelle con la frusta, udendo infine l'eco lontana del suo schiocco perdersi nel buio della notte.

Chissà, però, che non arrivi che si faccia ancora giorno e che non ritroviamo, insieme ai nostri panni, alle nostre scarpe ed alle nostre facce, anche quella dell'amico Rocco: ciò ci darebbe maggiore certezza di essere ancora noi stessi, di esserci ancora ritrovati e di aver realizzato il sogno di essere insieme ad un'anima nobile, sensibile e delicata come la sua.

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... un segretario comunale, poeta lucano, ha presentato un ex sindaco, poeta lucano.

Leggi alcune poesie di Rocco Scotellaro
Vedi fotografia di Rocco Scotellaro

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