STORIE INCREDIBILI
... di Lorenzo Ioanni e di Gary
Allen Carcuro
La foto qui sopra è
di Lorenzo Ioanni. Copiata dal sito http://www.findagrave.com,
l'originale della stessa - in ceramica - si trova "on the
grave" (sulla tomba) posta nel "Cemetery & Mausoleum"
di Onondaga County - Syracuse New York, USA - ove riposano le spoglie di
questo bel giovane.
Perché, vi chiederete, Lorenzo Ioanni finisce in questo
racconto?
Perché desidero contribuire
anch'io a ricordare l'"incredibile" storia di questo lucano, che
mi ha straziato l'anima, quando l'ho sentita raccontare domenica 2 settembre
2007, sembrandomi come accaduta ad una persona di famiglia.
Nato a Venosa il 20 febbraio 1943, orfano di padre, egli
viveva con altri cinque fratelli in grande miseria. Un giorno si presentò a
sua madre una signora elegante dai modi accattivanti. Faceva parte della POA
(Pontificia Opera di Assistenza) e, in collegamento con una organizzazione
americana, girava per i paesi del sud a convincere le famiglie bisognose a
dare in affidamento i bambini a famiglie americane, con lo scopo di farli
studiare, procurargli un futuro migliore, salvarli anche dal pericolo del
comunismo. A diciotto anni sarebbero tornati indietro.
La mamma, anche se afflitta dalla incertezza, acconsentì. Con
un paio di scarpe nuove, le prime della sua vita, e un vestito nuovo,
Lorenzo, nel 1952, partì per la mitica America. Ma non vi fece mai più
tornò. La madre non si dette pace. Fece scrivere alla POA,
all’Ambasciata, a tutti.
Tuttavia, non ebbe mai risposta e notizie di Lorenzo e morì
senza sapere della sua sorte. Morendo, supplicò gli altri figli di fare di
tutto per sapere dove era e che cosa ne era stato di Lorenzo. Per questo,
anche se tanti anni erano trascorsi, i fratelli si sono rivolti a "Chi
l'ha visto?", e tramite questo servizio pubblico sono riusciti a
scoprire quale amara sorte fosse toccata a loro fratello.
Lorenzo non aveva fatto nessuna fortuna, veniva trattato senza
affetto nella famiglia che lo aveva preso. Lo facevano lavorare pagandolo
poco nel loro ristorante. Allora egli, che aveva in animo di ritornare a
Venosa per ricongiungersi con la sua famiglia, per procurarsi i soldi
necessari, decise di arruolarsi in marina. Ma finì spedito in guerra nel
Vietnam e lì perse la vita il 27 gennaio 1968 in una cruenta battaglia.
L'ironia del destino volle che in America fosse stato mandato
"anche" per salvarlo dal pericolo comunista, invece Lorenzo morì
proprio per combattere una sciagurata guerra contro il comunismo.
In America è stato
creato un sito, ove c'è
il muro virtuale al quale vengono
appese le memorie dei veterani del Vietnam. Vi ho trovato una pagina - http://www.virtualwall.org/di/IoanniLJ01a.htm
- dedicata a Lorenzo Joseph Ioanni. Desidero riprodurla qui per contribuire
anch'io a ricordare la sua memoria e la tristissima sua storia, con
l'aggiunta d'una invocazione: che sua mamma possa infine averlo incontrato e
riabbracciato!
22 May 2001
This brave Marine was born in Italy. He came to
America when he was about 9 years old. The two proudest moments in
his life were when he became an American Citizen and when he
joined the U.S. Marine Corps to defend the country he loved and
the rights of others to freedom.
I was 7 and he was 9 when this photo was taken (and I still have
that doll). He, the other little girl, and I were like the
"terrible trio." He and I were terribly competitive. I
was jealous because it seemed he could do everything better than
me. He could run faster, swim farther, ride his bike faster, climb
higher ... Poor kid, he was trying to impress me and I was such a
brat. One time I put my arm through a window at a friend's house
(French door; I was pounding and missed the wood). I severed an
artery and had to have 12 stitches. I was quite the celebrity ...
briefly. Not a week later he was running after someone when they
ran into a grocery store and closed the door quickly and he ran
right through a plate-glass window because he couldn't stop in
time. He had 102 stitches and I was livid that he had outdone me
again and stolen my star status. How we laughed about it years
later.
He was a kind, gentle, generous human being. He
was my friend since childhood and one of the truest and most loyal
I've ever known. I am filled with pride that he called me
"friend."
"Sleep sweet prince," for you are not forgotten.
All my love, and
All my heart, for
All my life -
Joy
mcarbonaro@cnybj.com
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28 Feb 2005
Lorenzo was born in Italy in 1943 in town called
Venosa (Potenza) in the south of Italy.
His mother was a widow and he had five brothers
and sisters. His family was very poor and his mother was convinced
by a Catholic organization (Pontificia Opera Apostolica) to send
him to the United States to study and to get a better future.
His mother saw him for the last time in 1952. She
died recently without any further news from him but with the
strong desire to know something about her beloved son.
On February 21st 2005, Lorenzo's brothers and
sisters were in an Italian TV show called "Chi l'ha
visto" (broadcast on National Italian TV). This TV show looks
for missing people and they were looking for some news about their
brother Lorenzo.
This is the URL for Lorenzo's report.
On February 28th 2005, the TV show will tell
Lorenzo's story and also show this page on television.
Requiem aeternam dona ei, Domine, et lux perpetua luceat ei.
Requiescant in pace.
Amen
From
Alessandro Gentilini
E-Mail will be forwarded by the
Webmaster@VirtualWall.org
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Lorenzo
Joseph Ioanni |
Birth: |
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Feb. 20, 1943,
Italy |
Death: |
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Jan. 27, 1968, Vietnam |
Vietnam War Medal of Honor Recipient.
Private First Class of Marine Corps, he was
born in Italy, but was adopted by an
American family in the early 50's. He was
killed in Quang Tri South Vietnam, by ground
casualty artillary rocket or mortar hostile.
P.F.C. Ioanni is listed on panel 35E, line
047 of the Veterans Memorial Wall in
Washington D.C. |
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Burial:
Assumption
Catholic Syracuse
Syracuse
Onondaga County
New York, USA |
Record
added: Dec 9 2005
By: MC |
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Added
by: MC |
Cemetery
Photo
Added
by: NM |
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Dicevo
sopra, che la storia di Lorenzo Ioanni mi ha straziato l'anima, sembrandomi
come accaduta ad una persona di famiglia. In effetti qualcosa di simile è
accaduto realmente nella famiglia di mio padre, dal momento che anche i miei
nonni paterni hanno visto partire per l'America ben tre figli, senza averli
mai più rivisti. Di due di essi, Michele e Donato, se ne sa qualcosa; di
Francesco, invece, non si sa nulla della fine che abbia fatto, dal momento
che non ha lasciato prole.
Non sembra il caso di scomodare anche per lui Federica
Sciarelli, per andare a scoprire che sorte gli sia toccata. Forse qualche
notizia si potrebbe avere dai nipoti e pronipoti che si trovano tuttora in
America. Per questo, sarebbe interessante potersi incontrare ed ho lanciato
su questo sito l'idea di fare un meeting dei Carcuro: fin qui non ho ancora
avvertito alcuna manifestazione di entusiasmo, da parte italiana.
Non dispero, tuttavia, di poter inserire, prima o poi, anche la
foto di mio zio Francesco Carcuro, qui insieme a quella di Lorenzo Ioanni,
accompagnando tale speranza alla preghiera che pure egli possa aver
riabbracciato i genitori, i suoi fratelli, per la prima volta anche mio
padre, che non era ancora nato, quando Francesco partì per l'America con
Michele e Donato.
LA MORALE DELLE
STORIE
Da ogni storia
bisogna ricavarne la morale, od "il sugo", come lo chiamava
Manzoni, che, a conclusione de "I Promessi Sposi", fa dire a Renzo
e Lucia che "i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato
cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli
lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio
li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore".
Nel caso di Lorenzo, la fiducia in Dio - che ne avrà avuto
sicuramente - non è servita ad addolcire i suoi guai, e neppure a
convertirli utilmente per una vita migliore: Dio non s'è impicciato di lui,
lo ha abbandonato al suo crudele destino, ed ha gettato sua madre in
un'angoscia e rimorso senza fine.
La morale allora qua è diversa ed è comune a quella delle
storie di tanti di coloro che vanno via dalla propria terra, la maggioranza
dei quali vede infrangersi il sogno di "una vita migliore": la
morale è che bisogna rimanere al proprio paese, perché "il posto più
bello del creato è quello dove uno è nato", mi diceva conversando
davanti al suo trullo il signor Antonio, un arzillo ottantenne conosciuto
l'estate scorsa al mare in Salento: "lei ha perfettamente
ragione", confermavo, non per compiacerlo ma convinto, essendone
prova, forse significativa, il contenuto prevalente (e migliore) di questo
sito.
Se, infatti, siamo venuti a conoscenza della tristissima fine
di Lorenzo Ioanni, cosa ne è stato anche dei tre fratelli Carcuro? Nella
migliore delle ipotesi, hanno fatto una vita modesta come la nostra. Da
qualche foto ricevuta, ho notato, infatti, che anche qualche figlio di
Michele è stato arruolato in marina, rischiando forse anch'egli di
lasciarci la pelle, caso mai paradossalmente in Italia, se fosse venuto a
sbarcarvi per liberarla dai Nazisti; il marito di una nipote sta facendo la
guardia del corpo a Bush (guadagnando forse bene ma rischiando molto).
Che il loro tenore di vita non fosse elevato, che non
navigassero nell'oro, lo si deduce dal fatto che mai, né uno dei tre
fratelli, né alcuno dei loro figli, nipoti e pronipoti, ha mai preso un
aereo per venire a fare una sorpresa a Banzi alla loro madre, al loro padre,
ai loro fratelli, ai loro cugini. L'altro giorno mi diceva un'impiegata di
uno dei Comuni dove presto servizio, che era in arrivo dall'America il
fratello di sua nonna (la nonna 95 anni, il fratello 92) per la consueta
visita annuale alla sorella, per festeggiarne il compleanno: evidentemente,
ho pensato, quel suo zio ha fatto fortuna, la sua storia è diversa,
costituisce un'eccezione rispetto alle maggioranza delle storie comuni.
Bene ha fatto allora qualche fratello di mio padre, a rimanere
sempre a Banzi, a godersi la sua famiglia, a sistemare ad uno ad uno tutti i
suoi figli, ad essere circondato dal loro affetto, curato fino all'ultimo
momento della sua lunga vita. Bene stanno facendo anche alcuni loro figli,
che sono rimasti pure loro a Banzi, a godersi la loro famiglia, a sistemare
ad uno ad uno tutti i loro figli, circondati dal loro affetto, e che saranno
curati fino all'ultimo momento della loro lunga vita. Bene (forse anzi
troppo) stanno facendo anche i figli dei figli, a rimanere anche loro a
Banzi, a godersi la loro famiglia, a sistemare sicuramente pure loro ad uno
ad uno tutti i propri figli, circondati dal loro affetto, e che saranno
curati fino all'ultimo momento della loro lunga vita.
In fondo, che bisogno c'è di emigrare? Basta ingegnarsi un
po': se ogni mondo è paese, anche a Banzi sicuramente ci sarà qualche
"Saladino" (sempre che non lo sia diventato addirittura qualcuno
di loro) a cui rivolgersi per avere procurato un posto di lavoro (meglio il
posto per lo stipendio) od altre opportunità: quando mi capita di vedere la
pubblicità del "Conto Arancio", dove si vede una zucca che
promette un guadagno facile facile, chissà perché, tale immagine mi viene
di associarla al posto "facile facile" garantito a certe zucche di
Banzi.
Purtroppo, "chi vaj alla chiazz, perd u' jazz",
diceva mio padre. Mutatis mutandis, il proverbio significa che quando te ne
vai via, non c'è più posto per te, non ci sono più opportunità, non
conti più nulla. Del resto, in altra pagina di questo sito avevo
sottolineato come dall'andatura si capisca chi siano i padroni della piazza
di Banzi, occupino i posti di prestigio.
In questi giorni si
va al cimitero, forse anche lì c'è chi si aggiudica posti migliori di
altri, sta più in vetrina, e riceverà ancora visite e manifestazioni di
affetto da parte di figli, nipoti e pronipoti: i miei genitori,
invece, non riceveranno la visita di nessuno di loro!
APPENDICE
Come riferito in altro racconto, di recente mi sono imbattuto in un
sito web americano, che riporta le foto delle lapidi poste nel cimitero di
Schenectady.
Incredibilmente scopro che una è di Gary Allen Carcuro, mio
procugino: era nato il 21 gennaio 1955, è morto in Vietnam il 28 giugno
1975.
Chi avrebbe mai immaginato che, per la remota guerra in Vietnam, che
faceva cantare a Morandi “C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i
Rolling Stones”, fosse dato un contributo di sangue anche dalla famiglia
Carcuro!
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