...ed ecco
finalmente arrivato il 20 dicembre 2007,
siamo nella Sala degli Specchi del Paradiso sul Mare di Anzio,
è un bel giorno di festa, guardate!
Cominciamo con le foto ricordo...
Chi fosse interessato ad
acquistare il libro, è invitato a rivolgersi direttamente
all'Associazione Giampi:
via e-mail all'indirizzo: info@giampi.org;
telefonicamente ai numeri: Tel. 06 98578074; fax. 06 98578033- 06
9854530 Cell. 347 3502703;
Il prezzo è di € 5,00 ed il ricavato verrà devoluto al sostenimento
delle iniziative di solidarietà svolte direttamente dall'Associazione
medesima a favore dei bambini bisognosi in relazione ai diversi progetti
in corso.
Gli autori del libro "Sulle Spalle di Papà": il poeta Antonio
Carcuro e l'illustratrice Marika Cibati.
Da sinistra: Jennifer ed Emanuela si alternano a giocare a "Nascondino tra le nuvole"
[a conclusione della serata, Emanuela ha provato l'ebbrezza di salire sulle
spalle del poeta
mentre Jennifer - previo permesso di sua mamma - ha avuto da lui un bacio
sulla fronte];
Riccardo che trasforma in una lieve poesia le difficoltà delle "Declinazioni e
coniugazioni";
Mariastella che, giacché "Arriva Natale", tra
un po' domanderà a sua mamma: "la letterina dove la vado ad
imbucare?"
Lorenzo che spiccherà infine anche lui un volo "Sulle spalle di papà".
Rita Imperiali, presidente dell'Associazione Giampi, fa intervenire infine il
poeta Antonio Carcuro.
Da sinistra, Elmerindo Pietrosanti, sua moglie Rita, Teresa,
il marito poeta Antonio, Maria Grazia Ronci.
... la foto non è riuscita nitida, ma
vedrete invece oltre quanto sia nitido e bello ciò che ha scritto e letto
proprio Maria Grazia per presentare il libro "Sulle Spalle di
Papà" e per invitare alla sua lettura! Cominciamo intanto
...
...
con l'introduzione di Federica
20
Dicembre! Fra qualche giorno sarà di nuovo NATALE!
E’
incredibile come giorni, mesi ed anni trascorrano, sotto i nostri occhi,
velocemente, tanto da non riuscire a renderci conto di come tutto ciò che
ruota intorno e soprattutto la nostra stessa esistenza siano solamente un
attimo! Un solo, unico, profondo respiro che noi chiamiamo vita e che
racchiude emozioni quali amore, dolore, speranza, odio, gioia, perdono,
affanni!
La
vita che ci viene proposta, nell’era in cui viviamo è, però, fatta
soprattutto di affanni:. “stress” come viene definito oggi. Provate, infatti, a pensar a ciò che succede
ogni mattina a molti di noi.
La giornata inizia con il
suono di una sveglia che,
per molti mesi dell’anno, viene
portata avanti di un’ora,
ci troviamo, quindi, già
defraudati di un’ora di sonno mattutino!
Il che spesso influisce negativamente sull’umore di molte persone,
rendendole già nervose di prima mattina! Successivamente, prendiamo, salvo scioperi, il treno, la
metro o un altro mezzo pubblico, per raggiungere il posto di lavoro e, se siamo fortunati, forse riusciamo a trovare un posto in piedi. Nel caso di utilizzo della propria
auto, non crediate che la cosa si
semplifichi poiché, se si parte con qualche minuto di ritardo, sicuramente ci
troviamo imbottigliati in un
traffico caotico! In
pratica, quando riusciamo a raggiungere le sedi lavorative già siamo
stressati.
Ci adoperiamo quindi di far trascorrere la giornata nel migliore dei modi,
cercando di fare il nostro dovere con una strana calma inquietante, in
attesa del percorso inverso che
dovremo affrontare per tornare a casa, con gli stessi disagi della mattina!
Tornati finalmente a casa,
ognuno di noi sa che la giornata non è ancora finita poiché c’è tutto
da sistemare: la spesa, la cena, i
conti che troppo spesso non quadrano! Naturalmente sono cose importanti che
fanno parte della quotidianità. Deve esserci tempo per tutto ciò ma, presi
da tante preoccupazioni, non ci rendiamo conto che non abbiamo tempo per la
nostra famiglia o meglio ce n’è per attività come palestra, piscina,
calcio, calcetto ed altri impegni, ma ognuno lo fa per conto proprio. La
famiglia intesa come madre, padre e figli, non ha tempo per stare insieme;
spesso neanche la sera poiché, durante la cena c’è il televisore acceso e
non si può parlare.
Riusciamo, a malapena
a dialogare in questo modo:
- “Com’è andata in ufficio?”;
-
“Come al solito”;
- “A scuola ci sono state novità?”;
- “Niente
di particolare”;
-“Hai fatto i compiti?”;
- “Sì”;
- “Bene, poi gli darò un’occhiata;
- La cena è quasi pronta.
Questo, in linea generale, è il punto di
contatto serale di una famiglia moderna. Dopo cena , invece, la situazione
peggiora; ognuno, infatti, si chiude nella propria stanza dove c’è un
televisore o un computer, bello
ed interessante sì ma pronto ad isolarci dal resto dei propri cari.
Così, in questa società frenetica, lasciamo sfuggire la nostra vita,
giorno dopo giorno, senza fermarci,
senza pensare che c’è qualcosa di veramente prezioso di cui poter godere e,
strano a dirsi, addirittura gratuitamente – poiché oggi nulla è gratuito - e che rende
veramente viva la nostra esistenza: LA
FAMIGLIA.
Viverla, finalmente, senza la presenza indiscreta di elementi esterni. Cercare
in qualche modo di difenderci, almeno per un po’, dal continuo bombardamento
che subiamo, fatto quasi esclusivamente di notizie tragiche,…poiché fanno ascolto! Ritrovare,
almeno per un’ora la sera, un po’ di serenità attraverso i colori ed il
calore della fantasia che regalano i libri. Leggerli insieme ai nostri
bambini, stimolandoli magari ad inventare anche finali diversi oppure nuove
storie.
Cercare, insomma , di depurare la mente
da tutta la negatività che, troppo spesso, i mass media ci propongono in modo
quasi maniacale, ritrovando nella semplicità di storie di un tempo e di
semplici giochi quella serenità e quella libertà di cui la nostra mente è
ricca e della quale vogliono
privarci.
Stasera vogliamo proporvi proprio questo: spegnere la TV ed accendere
la fantasia, presentandovi un
piccolo ma vivace libro dedicato ai piccoli
di casa …ma , perché
no, anche ai grandi, e lo faremo attraverso il racconto di una breve favola,
per ritrovare le semplici emozioni di una volta .
Grazie
per l’attenzione e BUON ASCOLTO!
favola di Maria Grazia Ronci
C’erano
una volta, tanto tempo fa, sere durante le quali nonni, mamme, papà
raccontavano fiabe, leggende e filastrocche ai loro bambini che, contenti, le
ascoltavano, prima di addormentarsi, nel loro caldo lettino.
Ogni
parola di quelle storie, usciva dai libri e si trasformava in una dolce
voce narrante che, pian piano, si allontanava da quei lettini nei quali i
bimbi si addormentavano e volava verso il cielo, in alto sempre più in alto,
fino a raggiungere, aiutata dal vento, le bellissime nubi su cui, da sempre,
giocano gli angeli. Tutte quelle
celestiali creature, udendo la tenera melodia di quella voce, si sedevano
sulla nuvola bianca più grande e morbida per ascoltare quelle magnifiche
storie, giunte fin lassù.
Erano tempi in cui i bambini, nelle belle giornate,
correvano sui prati per far volare
allegramente in cielo i loro
aquiloni i cui colori erano vivaci come quelli dei fiori. Su alcuni di essi
c’erano disegnati grandi occhi e bocche sorridenti che li
trasformavano
in
simpatici volti che, dal cielo, sembravano osservare tutto e
sorridere davvero.
I bambini li vedevano ondeggiare, con le loro code
colorate, in quell’azzurro mare sospeso sulle loro teste fin quasi a
raggiungere le nuvole e, a volte,
capitava che un aquilone, volando tra le nuvole più alte, riuscisse a vedere
su di esse gli angeli, tutti seduti ed attenti ad ascoltare qualche cosa che
lui, però, non riusciva a sentire. Incuriosito, allora, l’aquilone
scioglieva dalla sua pancia il lunghissimo filo che lo teneva legato a quel
rocchetto che i bambini stringevano tra le mani, necessario per riportare sul
prato il loro “amico volante” e, libero, scompariva tra le nubi
fino a raggiungere gli angeli.
Ora,
finalmente, anche lui riusciva a sentire l’eco di quelle fiabe e di quelle filastrocche! Le trovava talmente belle
che, per non farle volare via fino a perdersi, le legava con un fiocco
invisibile agli anelli della sua lunga coda colorata.
Contento
di aver trovato quei doni, considerati da lui tanto preziosi per i bambini, l’aquilone riprendeva il suo festoso volo
fino a quando, stanco, si lasciava nuovamente cadere su quel prato dove i
suoi piccoli amici erano rimasti, con il naso all’insù, ad osservarlo
mentre scompariva tra le nuvole.
I
bambini, vedendolo scendere
cullato dal vento, correvano felici cercando di indovinare il punto in cui
sarebbe atterrato e, una volta raggiunto, lo riprendevano, coccolandolo come
un caro compagno che, finalmente, era tornato per giocare ancora tante altre
volte con loro. Insieme, poi, si avviavano verso casa.
Sono
trascorsi molti anni da allora. Quei bambini sono cresciuti, hanno avuto figli
e molti di essi sono diventati anche nonni. I loro figli e nipoti, però, non
ascoltano più le storie fantastiche o le filastrocche che i libri, “amici”
troppo
spesso dimenticati, vorrebbero far conoscere ai nuovi bambini; quei libri
ormai sono superati,“appartengono
alle cose
vecchie”,
quelle cioè di un tempo che non c’è più.
Oggi
i bambini, la sera, si addormentano davanti alla televisione oppure giocano con il computer, con la play-station o con
internet, prima di andare a letto. Quando, infine, si addormentano, sognano,
di vincere la partita di uno dei tanti “videogiochi
di guerra”, magari
sperando
di uccidere tanti nemici!
Una
notte, però, dalla
soffitta di una delle case di queste “nuove
famiglie”
si sente qualche rumore. Un papà distoglie la sua attenzione dalla Tv e sale
in soffitta per controllare. Quando entra, nota che da una vecchia cassapanca
che qualcuno ha aperto, non si sa come poiché il coperchio era chiusa a chiave, si vede spuntare una coda colorata,
formata da tanti anelli.
Il
papà, incuriosito, si avvicina e scopre che all’interno, oltre ad alcuni
libri e un quaderno ingiallito, c’è il resto di quella coda. E’ il
vecchio aquilone che
suo nonno aveva costruito per suo padre e con cui, qualche volta, aveva
giocato anche lui.
Con
nostalgia, allora ricorda il volto del nonno e la gioia di quel lontano giorno
quando, insieme, erano andati su un prato per provare a farlo volare. Erano trascorsi molti anni da quando il nonno lo aveva
costruito, ma quel vecchio amico, vestito di vivaci colori, con il suo volto
buffo e sorridente, aveva ancora una volta dimostrato di saper raggiungere il
cielo per andare alla ricerca di altre favole da portare
ai bimbi.
Con
delicatezza, allora, lo tira fuori dalla cassapanca e, come per incanto, su
ognuno degli anelli della coda più lunga, legate con un fiocco, appaiono
tante piccole pergamene sulle quali c’è scritto “fiaba”,
“leggenda”, “filastrocca”.
Le
frasi di quelle storie gli tornano alla mente. Le leggeva anche lui quando
era piccolo e mentre ripensa ai suoi vecchi libri di fiabe, proprio quelli
che sono nella cassapanca, un delicato alito di vento fa sì che una delle
code più piccole dell’aquilone
si alzi per poi sfiorare, come se fosse una carezza, la mano del papà che
sta osservando il volto sorridente di quel vecchio amico, riuscendo quasi a
sentirne la voce che
gli sussurra:”Bentornato!
E’ bello non essere dimenticati e rivivere, insieme,
antiche emozioni che non hanno tempo, anche se
ora non sei più un bambino!”.
Il
papà capisce ciò che quel “vecchio amico” ha voluto dire al suo
cuore. Si ricorda anche del quaderno ingiallito che ha visto tra le cose
riposte in quella cassapanca e sul quale suo nonno aveva scritto, con amore,
storie e filastrocche nate dal suo cuore. Lo prende e nota che, sulla
copertina, c’è scritto qualcosa che il tempo ha sbiadito ma che fa
sorridere il papà e fa sì che i suoi occhi diventino lucidi.
Dopo
qualche minuto di
riflessione, torna, con il vecchio aquilone e il quaderno ingiallito, dai suoi
bambini. Li distoglie dal computer e li invita a sedersi accanto a lui poi si
rivolge loro dicendo: “Sedetevi
accanto a me e ascoltatemi bene: avete mai pensato di inventare qualche storia, qualche filastrocca per
rendere questo mondo, così affaticato, meno triste e un po’ più fresco e
colorato?”.
I
bambini, perplessi, osservano il papà, l’aquilone e il vecchio quaderno con
aria interrogativa e rispondono:
“No, certo! Quelle
cose non si usano più! Oggi
abbiamo altri giochi e passatempi!”.
A
quel punto, anche la mamma, incuriosita da ciò che ha sentito, spegne il
televisore e si avvicina. Osserva il marito e si rende conto che nel suo volto
c’è un’espressione che ricorda
quella che lei ha visto in alcune foto, quando era ancora bambino!
Incuriosita, si siede anche lei e lo ascolta.
“E’
vero
“- continua il papà – “bisogna
lavorare di fantasia per inventare storie e buona volontà per costruire anche
semplici giocattoli. Oggi è tutto più semplice: ci sono i giochi elettronici che fanno tutto.
sono belli, certo, Sono nati dalla nuova
tecnologia dell’uomo, ma….. i bambini non devono fare altro che premere un
tasto e seguire le istruzioni, non occorre farli pensare!
E’
molto triste tutto
ciò poiché la vostra mente è ricca di freschi e incontaminati pensieri che,
se espressi, potrebbero donare a noi adulti tesori immensi! Insieme, però
,potremmo scoprire qualcosa di bello che il computer non può donare ai
bambini! Avete mai provato l’emozione di guardare dall’alto la stanza come
se foste un aquilone che vola in cielo e cercare di prendere tutte le parole
che escono dai libri di favole e filastrocche per non farle fuggire in cielo?”
“No,
noi siamo abituati a giocare solo
con i giochi elettronici perché anche i grandi lo fanno!
– rispondono i bambini e continuano dicendo - “Non
abbiamo mai costruito un aquilone o inventato favole e filastrocche, perché
tu non ce lo hai insegnato. Tu e la mamma non avete tempo per portarci sui
prati o raccontarci fiabe”.
Il
papà, a questo punto, si rende conto di aver privato i suoi figli delle vere
emozioni, quelle che si possono vivere insieme facendo le cose più semplici e
risponde loro “Avete
ragione, ma sono in tempo per rimediare?”
I bambini esclamano “Siii!”.
“Bene!
- risponde
il papà – “Farò
provare ad ognuno di voi questa emozione, la stessa che provai anch’io
quando ero bambino facendovi
salire sulle mie spalle!
Voi,
da lassù, dovrete riuscire a prendere con la fantasia, proprio come
se foste un aquilone, le parole delle filastrocche che vi leggerò da
questo vecchio quaderno che mio nonno intitolò “
Sulle
spalle di papà!
”
Conservatele nel vostro cuore e
fatele rivivere nel tempo, raccontandole un giorno ai vostri figli!
...
finalmente quel papà si rende conto che è tanto più bello farsi attorniare
dai suoi bambini e giocare insieme a loro!
... così spegne l'odiosa tv, tira fuori un
aquilone, lo lega ad un rocchetto, mette questo in mano alla sua bambina più piccola, la prende sulle spalle
e corrono insieme all'aperto nel giardino vicino ...
... l'aquilone si solleva magicamente in
cielo, cominciando subito a garrire ineffabilmente all'unisono con la fantasia ed i cuori di bambini e papà di quella
ritrovata famiglia!
... ma la mamma che fa?...
... sentendo dalla finestra quei versi di gioia autentica dei suoi bambini mai
uditi prima, invece di buttare la pasta nella pentola che già bolliva...
... "oggi mangeremo un quarto d'ora più tardi" - dice fra sé -
"adesso vado a
condividere anch'io questa gioia"...
... ed allora, dopo che suo marito ha spento la televisione, spegne anche lei il fornello, si affaccia alla finestra e grida:
"arrivo subito anch'io!".
CHE
BELLO AVERVI INCONTRATO!
Ricordi ed emozioni del poeta
Partire
mi procura sempre una certa angoscia. Per Roma poi, può sembrare strano, essa è connaturata al luogo,
giacché tutte le volte che mi sono recato nella capitale non è mai stato per
diletto, ma costrettovi dagli esami da sostenere per concorsi, in
particolare quello per segretario comunale. Il
viaggio che mi accingevo a fare questa volta non era però più collegato ad un
impegno di tale natura, eppure, per una sorta di riflesso condizionato,
quell'oscuro sentimento si
agitava dentro me, anche perché, alla fin fine, ancora di un cimento si
trattava, sia pure affatto particolare, da affrontare. Il
motivo di questa missione era costituito dalla presentazione di un libricino -
"Sulle spalle di papà" - contenente mie poesie per bambini,
organizzata da Giampi, un'Associazione onlus di Nettuno, libricino che
costituiva il risultato di un'iniziativa pedagogico-sociale, mirante a sottrarre
i bambini dall'abulica passività televisiva, denominata "Spegni la tv,
accendi un libro e vola con la fantasia". All'evento,
ovviamente - fissato per il 20 dicembre 2007, ore 17,00, ad Anzio, Paradiso sul
Mare, Sala degli Specchi - ero invitato a partecipare anch'io, essendo previsto
nel programma anche un mio intervento, ed era proprio ciò che dava origine alla
mia angoscia, giacché su un palco, e col microfono, non mi era ancora mai
capitato di parlare prima. Teresa,
mia moglie, a Roma non ci era mai stata, allora mi sono fatto accompagnare anche
da lei, sia per togliermi questa specie di debito, sia e soprattutto per
condividere insieme questo evento particolare, forse eccezionale ed unico
per me. Allora
eccoci mercoledì 19 dicembre sull'Eurostar in partenza da Milano alle ore 9,00:
orario d'arrivo previsto per Roma Termini 13,30. L'atmosfera sul treno era già
natalizia, con studenti che ritornavano a casa per le vacanze: due studentesse,
Cristina ed Alessandra, erano sedute insieme a noi: entrambe, romane,
frequentavano l'università Bocconi. Era
impossibile non conversare con loro, anche se Cristina è stata interrotta e
distolta dallo studio, che intendeva continuare a fare anche in treno, di un manuale di
diritto privato, materia questa che era stata anche per me oggetto del primo
esame e che avevo ancora nitida nella mente, seppure fossero trascorsi
trentacinque anni, al punto che le ho fatto mettere a fuoco qualche concetto,
come ad esempio i contratti per adesione, differenza tra risoluzione e rescissione
contrattuale, contratti reali e ad efficacia reale, contratti sinallagmatici ed
unilaterali, emancipazione, potestà (denominata ora genitoriale e non patria,
come prima delle riforma del diritto di famiglia avvenuta nel 1976), ecc. Alessandra,
invece, non aveva in mano libri universitari, bensì un romanzo ponderoso, di ben
1367 pagine:
"Mondo senza fine" di Ken Follet, che tuttavia, anche lei, ha messo a
riposo per il piacere della conversazione. Lei studiava lingue e, oltre a
quelle europee, conosceva anche il russo ed il cinese. Le
ho raccontato allora come fosse diffuso Banzi in Cina (ma anche in Giappone,
Corea, Africa, ecc.), sia pure pronunciato "Banzai" ed ho anche
approfittato a farmelo scrivere, compito che è stato eseguito disinvoltamente
senza alcuna
titubanza. Mi ha spiegato poi, rispondendo ad una mia curiosità, che
l'alfabeto cinese è composto da mille lettere, nessuna delle quali ha
corrispondenza con quelle italiane. Quella
piacevole conversazione stava correndo il rischio d'interrompersi quando,
essendo salite alla stazione di Bologna due signore, amiche tra di loro,
accomodatesi esse a fianco nella fila parallela, hanno cominciato,
maleducatamente, a percuoterci i timpani con le loro voci, come se fossero nel
salotto di casa propria. Ad
un certo punto - al fastidio si è aggiunta così anche una noia
insopportabile - si sono messe a fare l'elenco dei regali avuti da bambini e
ragazzi in famiglia, al che io, rivolgendomi ad Alessandra con un tono di voce
tale che potessero sentire anche le signore bolognesi, ho detto: "Qui
siamo condannati ad ascoltare l'elenco dei regali fino a Roma Termini". La
signora più giovane ha sentito, è arrossita un po' ed ha capito finalmente
che dovevano moderare la loro voce, procurando ciò un grande sollievo in noi,
tanto maggiore quando, dopo un po', la signora più anziana ha cominciato a
far penzolare la testa a destra ed a manca, vinta dal sonno che le stimolava
il treno col suo dondolamento. Così
il viaggio si è concluso piacevolmente senza accorgercene, con Alessandra che
si è alzata precocemente per andare a recuperare il suo valigione, attesa per
un Natale di allegria dai suoi quattro fratelli e sorelle, Cristina rimanendo
invece seduta fino alla fine, perché lei viaggiava senza valigia, avendo una
sorella gemella che le dava da condividere vestiti e scarpe. Arrivati
(strano a dirsi, in anticipo) a Roma, abbiamo depositato la valigia in
stazione e, presa la metropolitana, io e mia moglie ci siamo ritrovati in
piazza di Spagna, da dove abbiamo cominciato l'escursione della capitale.
Prima di riprendere il treno per Nettuno alla sera, avevamo girato i posti
più rinomati: Trinità dei Monti, Fontana di Trevi, Pantheon, piazza Navona,
piazza Madama (un marinaio presidiava il palazzo del Senato con mitra
imbracciato, passandovi davanti gli ho strappato un sorriso dicendogli:
"Per cortesia potrebbe far esplodere il colpo dopo che siamo passati
noi?"), Castel Sant'Angelo, Sn Pietro, Colosseo, Altare della Patria,
Campidoglio. In
San Pietro non poteva non costituire una tappa obbligata (ne sentivo
profondamente bisogno) andare in raccoglimento davanti alla tomba di
Giovanni Paolo II, ed è stata un'emozione intensa che mi ha fatto sgorgare
irrefrenabilmente le lagrime, pur nella fugacità della sosta, durata non più
di una ventina di secondi, perché la fila dei visitatori era ancora fitta ed i guardiani ci hanno
invitato subito, perentoriamente, a proseguire. A
Giovanni Paolo II avevo invocato la sua intercessione allorché una signora - di cui ho conoscenza solo a livello di
internet e non per motivi di chat - l'anno scorso mi aveva
raccontato la sua terribile sventura di essere affetta da un cancro al seno
(che le era stato anche asportato), nonostante avesse poco prima fatto la
rituale mammografia, il cui esito era stato diagnosticato, incredibilmente e
sconcertantemente, negativo dallo specialista. Mi aveva implorato di pregare per lei, se fossi
stato credente, in preda alla costernazione com'era. Ne
rimasi talmente colpito che, anche se non vado pressoché mai a messa, mi
recai forse quello stesso giorno nella chiesa di Druogno, impetrando dal
profondo del cuore l'intercessione proprio a Giovanni Paolo II, al quale
chiesi di convertire tutte le mie sofferenze ed eventuali meriti acquisiti a
beneficio di quella donna, perché potesse guarire. Ho
ricevuto in seguito da lei messaggi rassicuranti, uno proprio
stamattina di Natale, nel quale scrive di non crederci ancora di stare bene,
perché è come se fosse stata "miracolata" (sic!). Che si
tratti di miracolo o meno non lo so (in ogni caso, anche se lo fosse, non
intendo menar vanto alcuno), so solo che io sono rimasto sollevato a leggere
tale bella notizia, ed ho fatto un Natale più sereno anche grazie ad essa. Prima
di scrivere del motivo principale della mia missione romana, non posso non
fare cenno di altre due emozioni provate per l'occasione: la scoperta
che a Nettuno si trova il santuario contenente il sepolcro di Santa Maria
Goretti, Santa della Purezza, ed il Sicily Rome American Cemetery and Memorial
- cimitero americano dove sono sepolti i soldati morti durante lo
sbarco avvenuto in Sicilia e ad Anzio per la liberazione dell'Italia dai
nazisti -, cimitero d'una bellezza ed una pace sublimi che ti blocca il respiro. Ma
la prova di un'altra emozione, dall'esito non pronosticabile, cui dovevo
essere sottoposto, mi attendeva ad Anzio nella "Sala degli Specchi del
Paradiso sul Mare", ed ormai stava giungendo il momento. Ciò
che sentivo dentro assomigliava molto alla sensazione provata ancora nel mese
di dicembre, il giorno 23 di 29 anni prima, quando con mia madre attendevo in
chiesa a Besozzo l'arrivo di quella che sarebbe diventata, nel giro di un'ora,
la mia sposa: anche in questo caso l'affluire delle persone in quella sala era
per partecipare alla celebrazione di una specie di rito nuziale, tra me e la
poesia. Finalmente
vedo Marika Cibati, l'autrice delle illustrazioni, e non riesco a trattenere
un abbraccio entusiastico; poi l'esposizione dei libretti su un tavolo
rivestito per l'occasione con un panno verde; la sala addobbata con mille
palloni colorati, che si moltiplicano riflessi dagli specchi, soprattutto i
tanti bambini con i genitori: tutti erano lì per le mie poesie e
filastrocche. Arriva
il momento fatidico: Rita Imperiali sale sul palco, impugna il microfono e dà
avvio alla cerimonia, ma in quel momento sembrava che il microfono lo avesse
preso il mio cuore e che fosse collegato ad un potente amplificatore, per come
rimbombava con i suoi battiti. Presentazione
della manifestazione con rituali parole di ringraziamento, quindi
l'introduzione ed il racconto della favola riportati sopra, che, non mi
sembrava vero, erano tutti stati scritti e venivano letti per le mie poesie.
Ma l'emozione è stata dirompente quando ho visto salire sul palco i piccoli
attori che dovevano recitare alcune delle mie poesie, a cominciare dalle
bambine Jennifer ed Emanuela, che si sono alternate a leggere a strofe
"Nascondino tra le nuvole", con un'espressività tale da sembrare
quasi di essere loro là in cielo tra le stelle a vedere come una di esse
giocasse a nascondino con la luna tra le nuvole. E poi Riccardo, che come ha
saputo enfatizzare la difficoltà delle "Declinazioni e
coniugazioni"!; e Lorenzo che si è fatto il giro finale"Sulle spalle
di papà". Era
giunto a questo punto il mio turno: per fortuna nel frattempo avevo avuto il tempo di controllare i
battiti del cuore ed il fiato, dicendo forse anche qualcosa di pertinente,
dopodiché rimaneva solo da rinfrancarsi e compiacersi per la riuscita della bella
manifestazione, che era stata dedicata alla creatura partorita dalla mia
fantasia. L'auspicio
che faccio è che il coraggio mostrato da Rita Imperiali, nello scommettere ed
investire su un poeta anonimo come me - fatta eccezione per internet dove
oramai da qualche anno Google, su circa tre milioni di siti, mette me al primo
posto in materia di "poesie per bambini" - possa consentirle di
procurare alla sua Associazione Giampi un po' di fondi per realizzare i
progetti che le stanno a cuore, di aiutare i bambini in situazione di
difficoltà, promuovendo le adozioni a distanza. Io
stesso ne farò almeno una. E' incredibile pensare che, se solo uno smettesse
di fumare, con ciò che risparmia potrebbe dare da mangiare e far studiare
almeno due bambini che vivono in qualche paese povero; addirittura, a momenti
si potrebbe mantenere un bambino anche solo tenendo spenta la tv ed utilizzando
il canone Rai risparmiato: nell'uno e nell'altro caso, peraltro, con grande
beneficio per la salute fisica e mentale. Ma qui non voglio rubare il ruolo a
Beppe Grillo, che sa dire le cose in modo sicuramente assai più eloquente ed
efficace di me. Grazie,
Rita Imperiali, per il nobile messaggio che hai inteso lanciare con la tua
iniziativa, concedendomi l'onore di utilizzare per tale scopo le mie poesie,
anche se, forse, hai esagerato nell'uso dell'aggettivo "grande",
dato al nostro piccolo libretto, aggettivo che invece si attaglia senz'altro
bene ad un Papa come Giovanni Paolo II, che voglio ancora una volta citare,
per far visita alla cui tomba sono venuto volentieri a Roma, e che, forse,
oggi, giorno di Natale, è stato cagione di quella e-mail inviatami da quella
sconosciuta amica, con la quale mi comunica di stare bene e di non sembrarle
ciò vero. Non
posso, Rita, non ritenere rivolta anche a te e tuo marito Elmerindo
l'esclamazione posta in
apertura del nostro libretto di poesia: "Che bello avervi
incontrato!".
Mi pare, a
questo punto, di
aver raccontato forse tutto, anzi no, perché mi piace ricordare ancora
il bacio che la mamma di Jennifer mi ha concesso di dare sulla fronte
alla sua bambina, e due palloncini rosso e blu che, sfuggiti dalle mani
di qualche bimbo, sono rimasti prigionieri sotto il soffitto della Sala
degli Specchi: peccato che non siano volati in cielo a raccontare alle
stelle, alla luna ed alle nuvole che sulla terra c'è qualcuno che le
ama, ed è affascinato dai giochi che loro fanno lassù nel cielo!
P. S. Per
completezza di cronaca, sono venuto a conoscenza che all'evento,
tramite il proprio sindaco, ha partecipato idealmente anche la comunità
bantina, che ha voluto porgere il saluto ed esprimere "ovvio ma
sincero apprezzamento per la manifestazione e, soprattutto, la
soddisfazione e l'orgoglio nel sapere protagonista della serata il
concittadino Dott. Antonio Carcuro". Inoltre, che il Comune di
Banzi ha impegnato per l'Associazione Giampi la somma di € 350,00 per
acquistare un certo numero di "Sulle spalle di papà". Grazie,
a nome di Giampi!
L'EVENTO
SULLA STAMPA LOCALE
Errata
corrige: nell'articolo è scritto erroneamente Bansi anziché "Banzi",
il paese d'origine del poeta Antonio Carcuro.
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