UNA VAGA SENSAZIONE DI APNEA

   Annalisa Spiezie sta dando conto al TG5 dell'ennesimo disastro aereo, avvenuto oggi in Venezuela, dove hanno perso la vita 161 persone per lo schianto dell'MD-82 della compagnia colombiana low-cost "West Caribbean": è il terzo incidente aereo avvenuto in 10 giorni, dopo il mal riuscito ammaraggio dell'Atr 72 il 6 agosto nei pressi di Palermo e lo schianto due giorni fa del Boeing 737-300 della "Helios Airlines" vicino Atene, costati la vita, rispettivamente, ad altre 16 e 121 persone.
    Ascolto il telegiornale da fuori in giardino, intanto che sto cenando e che altri aerei mi sorvolano sulla testa, mentre prendono quota, decollati dalla Malpensa: qualcuno sembra proprio centrarmi, come se la fusoliera mi sfiorasse il naso e le ali gli occhi.
    In quel momento non penso però che mi possa precipitare addosso e mi abbandono anzi ad immaginarlo, più che una massa metallica, una sorta di rondine umana, che scende planando delicatamente, trasformando il rombo del motore in un suono soave, finché non sento sfiorarmi gli occhi ed il naso, qui fermandosi morbidamente in attesa che si aprano non i portelloni, ma le mie labbra per un bacio.
    Paradossalmente sentire tutte queste notizie di cronaca funeste procura sollievo a chi non è andato in vacanza, perché non si è esposto ad alcun pericolo, neppure a quello di vedersi piombare addosso un masso dal cavalcavia dell'autostrada: manca solo sentire di qualche disastro ferroviario ed il sollievo sarebbe completo.
    Guardo poi intorno tutti i fiori e le piante del giardino:  l'uva fragola sta lambendo ormai il tetto, colgo vicino a me due pomodori di una pianta nata spontaneamente e floridamente cresciuta, arricchendo così il contorno; più in là, oltre il giardino, si protendono verso il cielo limpido le cime di alberi secolari dei parchi circostanti: quanta pazienza hanno dovuto avere, se avranno atteso secoli perché potessero essere ammirati da me stasera.
    Oggi si festeggia San Rocco e sicuramente chissà quante persone si sono recate ancora a Tolve per invocare qualche grazia: da parte mia considero già un miracolo ritrovarmi in questo momento qua dove sono.
    Quegli alberi però in realtà non hanno dovuto avere alcuna pazienza per essere visti da me, per loro è indifferente che io sia qui a guardarli, forse anche che ci siano tra i suoi rami degli uccelli che cantino: sembrano invece avvertire solo la presenza del vento, che dimostrano di gradire anche molto, se ne esprimono la gioia con un festoso sciamare di foglie.
    Ma, se posso escludere pacificamente che quegli alberi fossero in attesa del mio arrivo, ed altrettanto che il miracolo di ritrovarmi al loro cospetto possa essere ritenuto idoneo a far diventare santi, forse sarebbe eccessivo escludere che non ci sia nessun altro che invece aspettasse me.
    Anzi, ritengo assai probabile che a Banzi qualcuno aspettasse di vedermi: se non don Peppe, perché parlassi anche di lui su questo sito per la sua partecipazione alla festa dei cinquantenni, sicuramente qualche Maria vicina di casa, che aspettava di vedermi apparire sul balcone, scambiare qualche chiacchiera in strada.
    E mentre oggi nuotavo nella piscina del residence, provavo una certa sensazione di apnea, non tanto perché lo facessi sott'acqua, quanto perché mi mancavano quelle voci del vicinato di casa mia a Banzi, il cui ascolto ha la valenza di un concerto che ti fa uscire l'anima dal torpore.
    Sembrerà strano, ma la voce di uno come Peppino (P'ppnucc') Di Meo, che se avessi come vicino qua mi indurrebbe a cambiare casa, a Banzi assume invece il suono più gradevole da sentire
, è come se mi risvegliasse l'anima; i colpi di maglio dell'officina di Giacomino sembrano stimolare il cuore ad emettere battiti simili profondi, mentre quando i miei figli ascoltano la musica sono intollerante alle note di basso, protestando subito perché ne abbassino il volume.
    Quale piacere poi salutare al mattino Lenuccia dal balcone mentre si affaccia in strada in vestaglia ed io alzo apposta un po' la voce per farmi sentire da Sergio, suo marito, che intanto approfitta ancora a poltrire a letto, nella speranza di vedere quel simpatico toscano affacciarsi, con i suoi simpatici baffi, a protestare amabilmente per avergli fatto terminare di poltrire! E poi scendere in strada, chiacchierare come una volta, pur se adesso un po' costretti tra le tante macchine parcheggiate, e vedere avvicinarsi zia Peppina, che ti mira e rimira con vari movimenti del capo per cercare di indovinare il mio volto, e che è sempre pronta a farti qualche effusione d'affetto, ad offrirti qualcosa da bere o da mangiare.
    Poi appare all'altra strada l'altra Lenuccia, che, da dietro alla "vianova", sembra venire in missione per farsi un bagno di chiacchiere anche lei: qualche sedia o panchina trova sempre su cui potersi soffermare e qualcuno che abbia voglia di conversare con lei. Ed il via vai dei tanti passanti che non mancano di salutarti, di chiederti se sei al fresco, se stai preparando da mangiare e cosa: ovviamente ci sono anche delle eccezioni, ovverosia persone che non salutano: io ne ho conosciuto solo una: aveva i baffi.
    Ma, se mancano i volti e le voci delle vie Garibaldi e Cairoli, la limpida luce del sole, il cielo azzurro, il chiasso dei passeri, il ronzio delle mosche, le grida dei venditori ambulanti, di "Tonin' u' visciglies" in particolare, non di meno manca quella sorta di rumore di cascata prodotto dal fiume di persone che alla sera si riversa in piazza, con tanti sguardi che si incrociano, si osservano, si scrutano, talvolta si evitano però anche. 
    Andare in piazza, tuttavia, non se ne può fare a meno, non tanto per vedere se il sindaco in carica indossi un nuovo vestito ed il neo sia divenuto più grosso, oppure se quello precedente passeggi ancora in modo snobistico in bermuda ed i suoi baffi siano diventati più radi e bianchi, ma per rilassarsi in mezzo a quella bolgia umana, per provare l'emozione d'incontrare qualcuno che non vedevi da qualche decina d'anni, oppure qualcun altro che all'appello è sempre puntuale, come per esempio un mio ex amico, che di certo non avrà mancato, neppure quest'anno, di trovare l'ispirazione per dedicare a Banzi ancora una poesia; oppure un altro compagno di scuola, che dall'alto della sua statura sembra dominare la piazza e, salutando a destra ed a manca, lo fa quasi come un monsignore che impartisce la benedizione ... l'anno scorso l'ha impartita addirittura come Papa!
    La piazza non è dominata però solo da costui, ci sono altri che vorrebbero averla proprio tutta per sé, come ad esempio un gruppo familiare che spesso si mette a sfilare, mogli comprese, come un plotone compatto durante le parate militari, costringendo a momenti gli altri a doversi rifugiare sui marciapiedi per consentire loro di potersi esibire ed essere ammirati, sì che ognuno, anche se non indossano la divisa, possa vedervi comunque tutti i baffi dorati, i binari e le stelle appiccicate sopra.
    C'è qualcun altro che però non aspetta di essere costretto da tale sfilata per andare sul marciapiede: lo predilige per andarsene spontaneamente ramingo, come il passero solitario di Leopardi, a passeggiare con sua moglie, oppure seduto su qualche panchina, ad osservare tutti i passanti, trovando su ognuno argomento di conversazione, tra i quali, scommetto, non può essere mancato quello sul plotone citato innanzi, caso mai anche su di me, chiedendosi: "ma chi crede di essere costui" per scrivere degli altri sul suo sito?
    Qualcun altro invece va ad occupare la panchina in fondo alla piazza, dove una volta c'era la farmacia, divenuta nel tempo sede della transizione della sinistra italiana: quando c'era il PCI era il regno di Mutri, con tanto di bandiere rosse ed "avanti popolo" che inneggiava col giradischi, poi di non so più chi col PDS e DS.
    Una bacheca sulla parete espone puntualmente l'ultimo volantino polemico contro qualche avversario politico, con la possibilità comunque di prenderne anche copia lì vicino per portarsela a casa. Si vuole evidentemente far vedere ai tanti banzesi rimpatriati che nel nostro paese c'è vivacità e fermento politico, senza tuttavia rendersi conto che di quelle vuote diatribe ai forestieri (ma forse anche ai banzesi stanziali) non gliene frega assolutamente niente. Ma, del resto, la piazza è piena di sezioni di partiti e debbono pur mostrare che fanno qualcosa, vaneggiare un po'.
    Banzi, poi, può vantare di avere anche una sede di associazione cacciatori: la vedo quando faccio la strada per andare al cimitero: debbo chiedere a mio cognato Nicolino se ci si intratterrà lì quando quest'anno andrà a cacciare a Banzi, forse in compagnia di don Peppe.
    Ma, visto tutto ciò, che è solo un piccolo assaggio di tutte le scene di teatro che si possono osservare, è bello poi ritornare a casa a notte inoltrata, accompagnati da serenate di grilli, pieni di confusione tra presente e passato, sogni e rimpianti, osservati da tante stelle curiose, di cui cerchi di evitare quella Polare, per non ricordare i giorni che mancano alla partenza per il ritorno al nord, andando a scovare invece la luna per vagare e fantasticare, ancora un po', insieme a lei.
    ... E' giunta intanto l'ora di pranzo ed in questo momento ... mi ritrovo a Banzi, vedo mia moglie affacciarsi al balcone per invitarci ad entrare perché è pronto da mangiare: mio padre impugna i due bastoni, augura a Maria buon appetito, attraversiamo la strada, piena di una luce incredibile che scende dal limpido cielo azzurro, io con la sua sedia in mano, varchiamo, ancora insieme, il portone di casa.

(16-17 agosto 2005)

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