TUPPE TUPPE A LA FUNTANA

...e 'na madonna c' lu mant' ni cummoglie a tutt' quant'... ohhh

     

A volte capitano degli incontri fortuiti che possono dar luogo a qualcosa di fantastico. 

Si pensi a cosa succede quando due atomi di idrogeno incontrano uno di ossigeno: si compone immediatamente la formula magica H2O, ovverosia una molecola d'acqua.

A chi ama lavarsi poco, o bere solo vino, la cosa può apparire trascurabile, tuttavia, senza quell'incontro, non potrebbe esserci vita sulla Terra. 

Per quanto non fosse certamente di quelli che non amasse lavarsi e che desiderasse bere solo vino, ho conosciuto anche un mio compagno di scuola rimanere alquanto indifferente alla magia di tale formula chimica, ma ciò solo perché, a giudicare dai movimenti tellurici che poneva in essere attraverso il varco della fodera della tasca dei pantaloni, il suo interesse era assorbito precipuamente dalle cosce della bionda professoressa, che la spiegava al secondo anno di ragioneria a Palazzo San Gervasio.

Non è meno importante l'incontro tra lo spermatozoo e l'ovulo. Se non fosse avvenuto tra quelli prodotti, rispettivamente, da Lorenzo e Severina, io non sarei potuto essere adesso qui a scrivere questa pagina... più di qualcuno, lo so, esclamerebbero: sarebbe stato meglio! 

Certo, gli incontri non sono sempre felici. Così, se il comandante dell’Airbus A320 della Germanwings, Patrick Sondenheimer, non avesse avuto la sventura d'incontrare e avere a fianco, martedì 24 marzo 2015, il copilota Andreas Lubitz, non avrebbe smesso di provare la gioia di prendere in braccio tante volte ancora la sua bambina di sei anni ed il suo bambino di tre, che il folle compagno di volo ha voluto rendere invece orfani.

 

Ma adesso basta riferimenti a cose importanti e gravi e, scendendo al livello delle futilità di cui si occupa lo scrivano di questo sito (tuttavia il mio collega Leopardi pensava che "tutto è vanità nella vita, tranne le piacevoli illusioni e le dilettevoli frivolezze"), voglio invece notiziare su due fatti di cronaca recente di cui sono venuto a conoscenza, pure essi intrecciati in certo modo alla trama del tema degli incontri fortuiti, e che, da me combinati qui insieme, producono la gestazione di questa pagina.

Vengo subito al primo.

Stefano De Dominicis, naturalista e docente di matematica di origini lucane, è anche un componente (voce-chitarra battente e forse il principale fondatore) del gruppo musicale denominato "Soballera", i quali "ricreano e reinterpretano le atmosfere e le emozioni tipiche della tradizione musicale delle terre meridionali attraverso gli strumenti più caratteristici: voce, castagnette/castagnole, chitarra battente, fisarmonica, putipù e tamburello".

Nei giorni scorsi Stefano, approdando su questo sito, ha fatto un incontro entusiastico con alcune filastrocche in vernacolo, rimanendo folgorato in modo particolare da "Tuppe tuppe a la funtana", parte della raccolta "Canti di Banzi", curata da Michele Feo, che mi trasmise a suo tempo e che io pubblicai qui.

La filastrocca è la seguente.

Tuppe tuppe a la funtana,
una streca e 'n'ata lava;
una prega a sante Vite
pe' vedè  lu suie marite;
'u suie marite stai 'n cappella
pe' vedè li munachelle;
i munachelle stanno o frische
pe' vedè a san Francische;
san Francische 'nginucchiate
pe' vedè la Nunziata;
la Nunziata faccia tonna
pe' vedè a la madonna;
la Madonna cu lu mante
ni cummoglie a tutte quante.

 

Successivamente, ho segnalato a Stefano le mie "Mamm i papunn" e "U' mir d' Mast N'col". Ed egli mi ha risposto dicendomi che anche "le mie poesie in dialetto sono molto belle e metricamente si presterebbero per essere musicate", cosa che proverà a fare non appena avrà un po' di tempo, trasmettendo i brani incisi a me ed al professor Feo. Infine, che m'informerà dei concerti che i "Soballera" terranno dalle mie parti (per la verità non più mie).

A questo punto può non apparire del tutto bizzarra questa domanda: puta caso che i "Soballera" dovessero partecipare al "Festival di Sanremo" e vincerlo con "Tuppe tuppe a la funtana", cosa succedrebbe?

Io penso che scoppierebbe semplicemente il finimondo. Perché, a parte possibili rivendicazioni di copyright (dalle quali io mi terrei comunque alla larga perché ho già di che campare decentemente), quelle che sicuramente pioverebbero a gogò sarebbero le rivendicazioni circa la località di appartenenza della fontana, fontana che, invece di fare versi tipo quelli de "La fontana malata" di Aldo Palazzeschi - clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchette, chchch -  manifesta invece la vitalità euforica dei versi tuppe tuppe.

Immagino allora già che il primo cittadino di Banzi, lancia in resta, sarebbe, ovviamente, anche il primo a scatenare l'offensiva, adducendo che, giacché la fontana si trova nella raccolta "Canti di Banzi", curata da Michele Feo, il quale è nato a Banzi, la fontana non può non essere che una delle tante dell'antica Bantia: indifferente è poi che sia quella dei Monaci, di Sardidd, di Mastron, ecc. (per identificarla esattamente, si sarebbe riservato d'interpellare in un secondo momento l'archeologo specializzato in fontanologia Antonio Sapio).

A fortiori, se ciò non bastasse, egli avrebbe un'altra cartuccia da mettere in canna per corroborare la fondatezza della sua rivendicazione, ovverosia che i versi tuppe tuppe emessi della fontana provengono da un sito web il cui curatore è nato pure lui a Banzi, e se non bastasse ancora, peraltro amico suo (dillo pure tranquillamente, non ti taccio di millanteria stante la nobiltà di causa nel caso di specie).

Nonostante tutti questi buoni motivi, dubito tuttavia che i Genzanesi lucani (non quelli di Roma) si rassegnino a mettere il cuore in pace, e non scatenino invece una furibonda controffensiva, sostenendo essere la loro "Fontana Cavallina", od in alternativa quella di "Capodacqua", l'unica a poter fare "tuppe tuppe".

A quel punto, temo che la via d'uscita obbligata per dirimere la questione, non sarebbe che quella del duello, disputando il quale, sempre ovviamente, io non potrei non tifare che per il primo cittadino di Banzi, convinto che, grazie soprattutto al mio incoraggiamento, ne riuscirebbe vittorioso.

Allora, immagino che, per gratitudine, egli non potrebbe non inserire nel programma de "L'Estate Bantina" un concerto dei "Soballera" e, utilizzando la mia IMU e TASI, far divertire i nostri comuni compaesani al ritmo di "tuppe tuppe", fino a che benevolentemente "la Madonna cu lu mante/ni cummoglie a tutte quante".

 

Ma immagino che il mio lettore - giacchè non è di quelli qualunque e non perde pertanto il filo del discorso - stia aspettando di sapere quale sia il secondo fatto che, in combinazione col primo, abbia prodotto il concepimento di questa pagina.

Eccomi pronto a riferirlo, chiedendo anche venia per l'attesa.

Il 16 maggio 1718 nacque a Milano Maria Gaetana Agnesi, terza della bellezza di ventuno figli.

Uno potrebbe chiedersi cosa sia nata a fare questa donna. 

Io lo so: perché lei, quale matematica, filosofa e benefattrice che sarebbe diventata, avrebbe dato il suo nome a diversi istituti scolastici, tra i quali il liceo scientifico di Merate. 

Embè? Cosa te ne frega a te? Potrebbe continuare a chiedersi il lettore di questa pagina.

Niente. Solo che volevo annotare che tra Merate e Banzi c'è un certo legame. Perché al liceo di Maria Gaetana ci passò a fare la preside una Maria Teresa che ebbe i natali al paese che li diede anche a me.

A questo punto scommetto che il lettore, un po' come fanno i bambini che ti sparano addosso mitragliate di perché, mi chiederebbe ancora: perché hai usato il passato remoto "passò"? Perché non fa più la preside al liceo Agnesi di Merate?

No. Perché una ministra, pure lei di nome Maria (non è che il fatto di chiamarsi entrambe Maria implichi di volersi bene per forza e di non farsi dispetti) ha ritenuto che fosse diventata "vecchia" e l'ha costretta a starsene in casa a fare la pensionata.

Come faccio a sapere ciò? Di certo non perché la cessata preside mi abbia telefonato per dirmelo (a parte che il mio numero non le è noto, anche se lo fosse, sa che non amo ricevere le sue telefonate), bensì per essermi passata tra le mani la circolare della Madia, contenente chiarimenti sull'applicazione delle norme afferenti lo "svecchiamento" dei dipendenti della pubblica amministrazione. 

Dopo averla letta, venendomi la curiosità di sapere se avesse avuto già applicazione concreta, mi sono detto: vuoi vedere che lo "svecchiamento" ha cominciato a trovare applicazione proprio all'omonima della ministra Madia? 

Due cliccate e... toh! l'Istituto M. G. Agnesi aveva cambiato preside! Infatti, la direzione dell'istituto era passata ad Antonio Cassonello, guarda caso uno che aveva proprio il mio nome e il cognome con la stessa mia iniziale, il che non potrà trattenermi dal provare il piacere di telefonargli, oltre che per congratularmi con lui, raccontargli qualcosa, in particolare che anch'io sono di Banzi come la sua predecessora, e caso mai qualcos'altro, così per avere uno scambio d'impressioni.

Alcuni giorni fa ho rogato un atto al quale erano intervenuti come parte acquirente due coniugi: uno ancora docente dell'università di Pavia (per quanto del 1941 ed in pensione, aveva un contratto con prestazioni gratuite), l'altra ex maestra in pensione. 

Giacché era l'ultimo impegno che avevo, ci siamo dilungati in una piacevole conversazione, che non poteva non andare a toccare anche la scuola e le esperienze vissute da me a Banzi, con l'appendice di mezzo secolo dopo. A sentire quanto raccontavo, la maestra Laura rimaneva incredula, esterrefatta, strabuzzava gli occhi e sprizzava indignazione non solo dallo sguardo, da ogni poro, compiacendosi vivamente per l'epilogo di tutta la tormentata vicenda.

Giacché ero sintonizzato sull'argomento, alla sera ho assecondato meglio la curiosità di fare ulteriori approfondimenti, per capire come fossero andate esattamente le cose circa l'applicazione della circolare Madia.

E il web ti dà sempre una mano!

Infatti, "La Provincia di Lecco" del 12 luglio 2014 annuncia un valzer di presidi nel lecchese, nel quale è tirata in ballo anche la preside dell'Istituto M. G. Agnesi di Merate, la quale però "vorrebbe restare, tanto che ha chiesto un anno in deroga al pensionamento... Il nodo verrà sciolto nelle prossime settimane".

E il nodo viene sgrovigliato dal provveditore Tiziano Secchi senza indugi e tentennamenti, se già il primo agosto lo stesso giornale lecchese titola a caratteri cubitali: "Obbligati ad andare in pensione", e nel corpo dell'articolo, che la richiesta della preside dell'Agnesi è stata respinta: "L'ufficio scolastico regionale non ha perso tempo e ha già nominato Antonio Cassonello, proveniente da Mantova, come nuovo preside del liceo Agnesi".

Certo che la delusione deve essere stata grande per Maria Teresa, la frustrazione profonda e amara, se ancora non si sentiva pronta a fare la pensionata-casalinga.

Immagino allora che la cessata preside, possa aver provato una sensazione simile a quella di Napoleone, quando si vide rinchiuso nell'isola di Sant'Elena, sicché, come il francese, anche la banzese "quante volte, al tacito morir d'un giorno inerte, chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte, sta, e dei dì che furono l'assale il sovvenir!". 

Finché "Ahi! forse a tanto strazio cadrà lo spirto anelo, e dispererà; ma valida verrà una man dal cielo, e in più spirabil aere pietosa la trasporterà; e l'avvierà, pei floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desideri avanza, dove sarà silenzio e tenebre la gloria che passò".

Comunque, se la mia compaesana lucana-lombarda, nell'attesa che venga trasportata ai campi eterni, non sapesse proprio come riempire il tempo, potrebbe sempre venire ad intrattenersi su questo sito: qualcosa di stuzzicante non mancherà mai di trovarlo.

Fatto tesoro di questa "brutta lezione" impartita dall'una all'altra Maria, io invece non aspetterò di farmi cacciare via (anche perché già ho provato la sensazione di essere stato cacciato non poche volte dai sindaci) e adesso me ne voglio andare via di mia iniziativa al primo gennaio del 2016, anche perché ho già un'agenda stracolma di impegni.

Infatti, a parte i diversi nipotini, il cui ambito desiderio di stare con nonno Tonino intendo soddisfare al massimo, non smetterò certo di scrivere, non sapendo da dove cominciare, tanti che sono i progetti letterari che ho per la testa ed assillandomi la preoccupazione di lasciarli incompiuti.

Ma poi c'è un'altra cosa che mi entusiasma: coltivare la terra! Ne sto acquistando un bel pezzo proprio davanti a casa, che trasformerò in un eden, in cui mi riprometto di realizzare anche un "sentiero della speranza"... non si sa mai che, venendo a fare proprio qui una passeggiata l'omologa di Napoleone, possa incontrarla ancora!

 

Ma c'è un'altra speranza che nutro: che il primo cittadino di Banzi non legga questa pagina, perché potrebbero esserci degli sviluppi imprevedibili quanto sensazionali.

Non vorrei, infatti, che la mia prolessi sulla preside coartatamente pensionata gli piaccia troppo da fargli concepire strani pensieri.

Sia chiaro: il verso manzoniano "forse a tanto strazio cadrà lo spirto anelo" che ho riportato non è da intendersi come una profezia (o iettatura) che debba realizzarsi imminentemente e, se ciò dovesse accadere, escludo categoricamente che abbia concorso a determinarlo io, il cui mio desiderio è invece che la suddetta omologa campi almeno cento anni, in modo da poter essere sicuro di avere qualche lettore in più delle pagine di questo sito.

Pertanto, ove detta prolessi dovesse verificarsi precocemente, il mio sospetto è che abbia dispiegato influssi malefici proprio detto primo cittadino, immaginando agevolmente quale possa essere anche il movente.

A me, infatti, non pare affatto peregrina l'ipotesi che il primus super pares bantino, stante la carenza di risorse ed il cappio del patto di stabilità, coltivi nel suo intimo il segreto desiderio di procurarsi una  soddisfazione alternativa: declamare una orazione funebre ad un personaggio importante. E quale occasione più propizia potrebbe essere quella delle esequie di una persona che, anche a noi, fa "chinar la fronte al massimo fattor, che volle in lei del creator suo spirito più vasta orma stampar"? Un evento che per importanza si collocherebbe, forse, solo dopo la visita a Banzi di Papa Urbano II?

Allora, io che ho il privilegio di una "sintosimpatelepatia" con Nicola, immagino che egli intenderà sciogliere nell'urna (stavolta non quella elettorale) un cantico che forse non morrà, di cui qui posso anticiparne l'incipit (tranquillo Nicola non dico che l'hai plagiato da "Banzi -18 agosto a.D. 2000", l'ode del mio amico Gerardo forse più famosa).

 

  Nulla di simile

 a Banzi

 c'era mai stato!

 

 Era in programma,

 destava una gran curiosità,

 ma in alcuni

 anche apatia e scetticità.  

 

(n.d.r. "scetticità" è espressione di una licenza poetica concessasi dal mio amico poeta Gerardo, egli sapeva senz'altro che il termine giusto sarebbe stato invece "scetticismo")

 

Il 27 marzo 2013 Anna Azzena, ascoltando il "papàgirico" (prontamente troncato dalla giudice), venne a sapere insieme con me che quando "passed away" the father della "napoleonessa", il paese fu tappezzato di manifesti per annunciare il memorabile evento. 

Immagino allora che, per la dipartita della sua prediletta figlia primogenita, avendo Ella dato lustro a Banzi più del padre, il mio paese sarà riempito per l'occasione di arazzi e ai balconi saranno appesi i copriletti più pregiati, più di quelli che si ostentano nelle solenni processioni religiose dedicate alla festa del Santo Patrono, o del Corpus Domini

Ma non solo - avrebbe detto un esperto regionalologo lucano - sarà steso un red carpet lungo il percorso ove si svolgerà il corteo funebre. 

Il feretro giungerà trionfalmente a Banzi attraverso la "Carrera della Reggina" (sic! Reggina, che sarà coperta col red carpet), non trasportato sulla solita comune mercedes, bensì su uno "sciarabball" trainato da quattro cavalli. 

La quadriglia, giunta dalla remota Lombardia nel territorio bantino, non appena imboccherà la "Carrera della Reggina", quasi a ingaggiare una sorta di gara con le fontane, comincerà a far risuonare anche lei il suo "tuppe e tuppe", sicché "tuppe e tuppe le funtane, "tuppe e tuppe la quadriglia di cavalli", nel cielo di Banzi si udiranno come dei fuochi pirotecnici di "tuppe e tuppe".

All'ingresso del paese, alla stregua di quando giunge in visita il vescovo (io lo so perché mi capitò d'assistere a quella di Giovanni Ricchiuti il 30 ottobre 2005) sarà ad aspettarlo pressoché tutta la popolazione, anzi tutta intera senza pressoché, come se ritornasse ancora in visita il Papa... anche se questo non ci andrà più, sapendo che a Banzi c'è già un papa che riveste la carica vita natural durante.

E finalmente l'orazione funebre del Sindaco di Banzi!!! E poi l'ovazione interminabile della folla!!!

A questo punto manca solo un miracolo. 

Ed eccolo avvenire: la resurrezione di "donna" Maria.

Il miracolo però non è un semplice miracolo, è un miracolo davvero miracoloso, perché "donna" Maria si è trasformata nel frattempo in un'altra "Madonna" (non va taciuto tuttavia che il miracolo è stato alquanto agevolato perché c'era da anteporre solo la sillaba  "ma" a "donna"), con vivo disappunto di quella dell'8 settembre e con un gesto di stizza anche della Madonna di Genzano di Lucania, che temono la concorrenza della nuova rivale, notando subito la superba alterezza con la quale prende a stagliarsi col suo ampio manto, che fa vorticare come una giostra prima che sia afferrato il pennacchio.

Il miracolo miracoloso contiene ad abundantiam anche una bella sorpresa: mentre Madonna Maria cu lu mante ni cummoglie a tutte quante, dalla piazza, dopo l'interminabile ovazione, si ode ora un'ancora più interminabile esclamazione di stupore: tutti infatti emettono un ohhhhh, con aggiunte di acca ad libitum: la Madonna si vede sotto titolata esattamente come il famoso film del 1985 diretto da Carlo Vanzina. Al che tutte le mogli di Banzi, per evitare ai loro mariti di commettere atti impuri, si buttano loro addosso a coprire gli occhi con le mani, togliendole solo quando il pennacchio viene afferrato e la giostra del manto diventa floscia.

Cessato, con dispiacere, il meravigliso chock per l'estatica visione, nella piazza si udiva ora un mormorio generale, derivante da un'unica imprecazione: chi è stato ad avere così tanta fretta ad acchiappare il pennacchio? (... prima o poi le mogli si sarebbero certo stancate di tenere le mani sugli occhi dei loro mariti).

Ma, per quanto durata una manciata di secondi, quella visione mistica rimarrà accesa per sempre sullo schermo riservato di ogni maschio di Banzi, sempre pronta disponibile ad essere contemplata con religioso godimento. 

Allora, sentendo ognuno straboccare il proprio animo di gratitudine verso il primo cittadino, cui andava ascritto il merito, avvertirono il bisogno irrefrenabile di esprimergli la loro profonda riconoscenza in modo tangibile, con un'iniziativa generosa. il cui valore non impallidisse troppo rispetto a quella da lui posta in essere e che aveva prodotto così tanto beneficio a tutti gli iscritti nelle liste elettorali maschili... ma anche, indirettamente, femminili.

Cosa fecero?

Così come il consiglio comunale di Salvia, per lavare la vergogna del tentato regicidio di Umberto I da parte del loro compaesano Giovanni Passanante, accogliendo il suggerimento della "Corona" nel dicembre 1878 delibera di cambiare il nome del proprio paese in "Savoia di Lucania" (e nel febbraio del 1879 un decreto reale esaudisce “il desiderio dei fedeli sudditi”), il consiglio comunale di Banzi, invece, per la preclara benemerenza acquisita da Nicola Vertone quale artefice del miracolo, delibera di fare istanza congiunta al presidente del Consiglio, al presidente della Camera ed a quello del Senato, che venga emanata una legge speciale  per consentire  al primo cittadino banzese di rivestire la carica di sindaco per un quarto mandato. Non solo, delibera anche di fare istanza al Capo dello Stato Sergio Mattarella di conferirgli l'onoreficienza di "Cavaliere" al "Merito della Repubblica Italiana".

La petizione viene portata direttamente a Roma da un "Comitato pro Vertone" appositamente costituito per il nobile scopo, del quale, per attribuirgli maggior prestigio, chiamano a far parte tutti i sindaci che avevano rivestito in precedenza la carica ed anche quelli per i quali questa era rimasta solo in pectore, e tutti accettarono con entusiasmo.

In tre giorni il Parlamento emanò la legge petita ed il Presidente della Repubblica concesse l'onoreficenza di "Cavaliere" all'autore del miracolo di Banzi. 

E per i tre giorni successivi Banzi fu dichiarata in festa, per consentire ai banzesi di esternare tutto il loro giubilo. La piazza era gremita all'inverosimile, zeppa zeppa, a tal punto zeppa che  - per prendere a prestito ancora le parole di Manzoni  - "un granello di miglio non sarebbe andato in terra".

E Nicola, sicuro di ciò, si lasciava lanciare allora tranquillo in aria, un po' come José Mourinho quando è stato festeggiato per aver conquistato la "triplete" (ma il trainer Nicola  lo aveva sorpassato per aver conquistato addirittura la "quadruplete").

Alla festa partecipò come ospite d'onore anche il cocchiere che aveva trasportato la nuova madonna. A questi piacque talmente tanto il paese (giacchè si rese subito conto che ogni motivo era buono perché Banzi fosse sempre in festa, che, invece di attenersi al proverbio "che tu possa passare una notte a Banzi", pensò di radicarvisi e non andare via più.

E la quadriglia di cavalli? Chi la riportava indietro al remoto lembo del paese lecchese? Perché essi, a diffeenza del cocchiere, volevano invece fare ritorno, e cominciavano a nitrire e scalpitare rumorosamente, "arrobbiati" com'erano di nostalgia.

Si cercava allora un volontario che si mettesse alla guida dello "sciarabball", ma tutti giravano la testa dall'altra parte, se non addirittura indietro.

Eccetto uno: chi?

Chi poteva avere uno spontaneo sussulto per compiere il sacrificio richiesto?

Ma è scontato: il neopromosso "cavaliere"!

Fatto un rapido passaggio di consegne al vicesindaco, balzò sullo "sciarabball", una schioccata di frusta e via, "tuppe e tuppe", a percorrere a ritroso la "Carrera della Reggina", prima al trotto, dopo al galoppo.

Tre giorni di viaggio e, acuendo la vista, vide in lontananza la Madonnina di Milano.

Basta però adesso con le madonne, pensò, quasi quasi faccio invece un giro da San Siro. Non per andare a vedere il Milan o l'Inter (in materia di calcio Nicola non è esterofilo, è un patriota, tifa esclusivamente per la squadra di Banzi), ma per fare invidia a Berlusconi, che non è più cavaliere.

E Belusconi era proprio allo stadio di San Siro. Nonostante i cori forsennati dei tifosi, non mancò di avvertire lo scalpiccio della quadriglia di cavalli, lanciati a gran corsa. Allora si alzò, ordinò all'arbitro di sospendere la partita, ai vigili urbani di Milano di far deviare il percorso dei cavalli in modo da obbligarli a fare ingresso nello stadio. 

E fu un ingresso trionfale, con standing ovation, come se, invece che Nicola Vertone, fosse ritornato in quel momento Marco Van Bastern ed avesse fatto gol con una rovesciata.

A quella vista, Berlusconi non poté trattenersi dal riversare sul volto rivoli di lagrime perché con la sua immaginazione aveva optato decisamente per quest'ultima ipotesi, che lo riportava indietro ai suoi anni più felici.

Nicola, però, pensò che le lagrime fossero d'invidia perché Berlusconi non era più "cavaliere", mentre lo era diventato lui.

Allora, passando sotto la tribuna, gli fece il segno del dito medio atteggiato all'esplorazione..., diede uno schiocco di frusta e schizzò via, come per conquistare il traguardo della vittoria, sentendo in quel momento che "di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno".

Il che gli fece venire spontanea una domanda: "perché, invece di riportare subito i cavalli nella stalla di Robbiate, non faccio prima un giro "dall'Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno"?

Riflettendo che la proposta non doveva essere sottoposta all'approvazione né della giunta, nè del consiglio, ma solo di sè stesso, se l'approvò seduta stante, ossia senza bisogno di scendere dallo "sciarabball", lanciandosi così immediatamente alla conquista delle Alpi.

Attaccando la scalata, per riflesso condizionato sincronico correlato all'intrapresa impresa, attaccò anche a recitare ad alta voce (come avesse il maestro davanti e volesse guadagnarsi un bel dieci) "Il Cinque Maggio" e, soffermandosi con enfasi sul verso "e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà", aggrottò le sopracciglia e stirò il neo, perché gli venne da chiedersi: "giacché sto attraversando anch'io le Alpi, le Piramidi, il Manzanarre ed il Reno, chi scioglierà nell'urna anche per me un cantico che forse non morrà?

Le sopracciglia non rimasero aggrottate più di tre secondi - e nello stesso tempo anche il neo ritornò ad essere un dolce promontorio - perchè andò diritto, come fosse in un senso unico, verso colui che lo avrebbe reso immortale.

Io però qui, pur sapendone il nome, non posso rivelarlo.

Posso, invece, solo rendervi edotti che, all'idea, Nicola provò una sensazione assai vicina all'apoteosi e che, cercando di capire cosa essa fosse esattamente, per similitudine fonica, la identificò nell'ipotenusa. 

Volle però scongiurare possibili errori (sui quali qualcuno avrebbe potuto poi ironizzare), così fece subito una ricerca in internet e, trovando che essa si estraeva dalla radice (il cui sapore non era molto diverso dalla rar'ca doc' d' Vanzudd') quadrata della somma dei quadrati costruiti sui due cateti, esclamò compiaciuto: esatto, è proprio la sensazione che sto gustando in questo momento.

Allora, ebbe un'esplosione incontenibile di felicità, per sfogare la quale, si arrampicò sul cateto verticale e si tuffò a volo d'angelo sull'ipotenusa, lungo la discesa del cui tragitto non cessò di fare inebrianti capriole. Approdato sul cateto orizzontale, affranto dalla troppa felicità provata, vi si distese sfinito e si addormentò.

Per sempre.

Ma, come tutte le belle storie, pure questa non poteva finire con un epilogo così.

Cosa accadde allora?

Accadde che la neopromossa madonna, per debito di riconoscenza, trasformandosi in una fata, si avvicinò invisibilmente al "Cavaliere" (se no che fata era), gli diede un bacio con lo schiocco sulle labbra e lo fece risvegliare. 

Allora Nicola, a sua volta, fece fare lo schiocco alla frusta e, abbandonata l'ipotenusa, mise le ali alla quadriglia di cavalli e s'involò sulla rotta dell'infinito.

Così adesso in cielo si possono di notte ammirare: il carro dell'Orsa Maggiore, il carro dell'Orsa Minore e u' sciarabball' di Nicola Vertone.

Per lo meno, io lo intercetto tra le tante costellazioni, e se non lo vedo perché il cielo è coperto di nuvole, percepisco l'eco del "tuppe e tuppe" prodotta dalla quadriglia di cavalli.

Essa fa pe, pe, pe... il lettore è libero di continuare a fare lui pe, pe, pe ad libitum.


Ieri 4 luglio 2017, Stefano De Dominicis, essendo, oltre che un artista di talento, una persona di parola, mi ha fatto consegnare dal postino l'annunciato compact disc (CD), titolato "AVAST", contenente tra i nove brani "Iè sciuta a l'acqua", in cui è inserito il ritornello "Tuppe tuppe a la funtana".

E' un pezzo assai piacevole da ascoltare e lo offro ai miei lettori con questo link.

 

15 aprile 2015