UN OLEANDRO MONUMENTALE

Quando, nel giugno 1969, scoprii l'esistenza di Domodossola, perché a fine anno scolastico vi andai in vacanza a trovare due mie sorelle, rimasi colpito nel vedere, oltre la cornice di montagne imponenti che la circondavano, un gigantesco cedro del libano (che si chiamasse così l'avrei imparato successivamente) che si innalzava immenso nella piazza antistante l'abitazione dove fui ospite: non avevo mai visto prima un albero così maestoso! Il fusto era talmente largo da non riuscire a cingerlo neppure in due persone con quattro braccia! 

Debbo dire, però, che passandovi ora spesso davanti, esso non mi fa più quell'effetto, anche se non manco di ammirarlo e di guardare anche la finestra dalla quale mi affacciavo, notando che quell'edificio sta andando in rovina, in pieno centro capoluogo ossolano, il che accentua un po' di più la tristezza, perché rende visibile la sensazione del tanto tempo trascorso da quell'estate (quasi quarant'anni!), alla quale si aggiunge poi la percezione di non ritrovarmi ancora lì per villeggiatura, bensì per lavoro.

Successivamente ho visto un altro cedro del libano ancora più grande: nei Giardini Estensi di Varese e si tratta d'un esemplare che forse non ce ne sarà un altro simile sulla Terra, quanto è davvero immenso!

Un altro albero, inserito nel catalogo di quelli monumentali della Regione Piemonte, è un ippocastano che si trova a Piedimulera (per l'esattezza nella frazione di Cimamulera), paese ai piedi della valle Anzasca, al termine della quale si trova Macugnaga ed il monte Rosa: si tratta di un esemplare alto 25 metri, con una circonferenza di 4,60 ed un'età stimata di 140 anni.

Anche Banzi, come ho contribuito a rendere noto in questo sito, ha un "pino"monumentale (veramente ne avrebbe due, ma uno non è una pianta),  nel senso che esso fu piantato con l'intenzione di farne un monumento dedicato ad Arnaldo Mussolini, fratello del duce.

 

Ma per me una pianta davvero monumentale è un semplice oleandro. Esso "abitava" una volta presso la casa di mia suocera a Banzi, promettendo di crescere bello florido. Tuttavia, non potette avere più le sue cure, perché ella dovette abbandonarlo, costretta ad andare via dal paese con tutta la sua famiglia. Quell'oleandro lo "adottò" successivamente mia madre, che lo mise a dimora in un'ampia conca di zinco, che non usava più per lavare i panni, forse perché bucata. E l'oleandro allora, salvato da mia madre, crebbe florido sul terrazzo di casa. 

Accadde però che esso, prima che arrivasse la primavera del 1999, rimanesse ancora orfano, perché anche mia madre dovette andare via, in un posto lontano e sconosciuto. 

L'oleandro cominciò ad intristirsi, a soffrire, ad incurvarsi come un vecchio. Quando, infatti, facevo ritorno a casa a Banzi in estate, lo trovavo davvero malandato, asfittico, moribondo. Mi premuravo allora subito di soccorrerlo, di prestargli le cure del caso, di fargli trattamenti ricostituenti. 

Allo scopo, raccoglievo nel vano della finestra del lato opposto (divenuto sede stabile di piccioni, dove vi facevano persino le covate) gli escrementi dei volatili, li mescolavo nella terra, innaffiavo abbondantemente e, prima che ripartissi, l'oleandro si riprendeva pronto a rifiorire abbondantemente.

Quei salvataggi li ho fatti per qualche anno, ma nell'estate 2004, capii che l'oleandro non ce l'avrebbe fatto più a sopravvivere ancora un altro anno (non avevo immaginato, tuttavia, che non ce l'avrebbe fatto neppure mio padre).

Allora pensai di metterlo in salvo in modo definitivo, trapiantandolo io stesso nel giardino pubblico (la cosiddetta villa) il giorno ultimo di mia permanenza a Banzi, ovverosia il 28 agosto.

Da allora non l'ho visto più, e non so che fine abbia fatto, se sia sopravvissuto o meno. Tuttavia, anche se avesse fatto una brutta fine, quella pianta rimane viva ancora, sia perché un suo germoglio è diventato albero nel mio giardino qua in Lombardia, sia perché essa è assurta a pianta monumentale nei miei ricordi: mi sembra di vederla ancora, dal marciapiede di fronte a casa, riempire dei suoi fiori rosa la terrazza, illuminata dal sole lucente.

 

 

 

08 marzo 2008

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