UN SALUTO A FRANCESCO FEO
in onore della sua memoria
Me l'ha partecipata a Domodossola mia sorella Anna la notizia, colpendomi e
rattristandomi, che Francesco Feo non è più tra noi in questo mondo. Francesco era cugino in linea
materna con Anna, avendo essi le loro mamme sorelle. Tra me e
Francesco, invece, non intercorreva nessun rapporto di parentela, perché
con mia sorella Anna abbiamo solo il padre in comune, la nostra mamma è
diversa. Ma quando Francesco passava
davanti a casa, diretto verso la piazza o di ritorno da essa, non mancava
mai di rivolgere il saluto a mio padre, pieno sempre di rispetto, affetto e calore,
come avesse ancora per moglie sua zia. E tali sentimenti li riverberava in
una certa misura anche nei confronti miei, alzando lo sguardo fino in alto
sul balcone per manifestarmi la sua cordiale e gioviale amicizia, piena di
simpatia. Mi piace rievocare qui alcuni
lontani ricordi di Francesco. Uno risale alla mia remota infanzia, quando
un giorno, insieme a mio fratello Domenico, ci ritrovammo nella casa di
Giovanni Tagliente. In quella occasione Francesco si esibì cantando
"La Paloma bianca", con un’espressione intensa ed
appassionata. Un'altra volta, ritrovandomi
insieme sulla corriera diretta a Potenza, Francesco si fece notare da me
per una sottile distinzione concettuale che fece con l'interlocutore con
cui stava conversando: in riferimento a ciò che aveva sostenuto poco
prima, sottolineò che non lo credeva, lo pensava, come a dire che quanto
aveva detto costituiva per lui una convinzione profonda, una certezza, una
verità indiscutibile, non qualcosa frutto solo di un atto di fede. Da
professore di matematica, espresse così egli un concetto di una
precisione filosofica, simile ad una formula algebrica. Tuttavia, per quanto egli fosse un professore, divenuto tale per
aver conseguito una laurea vera, il suo portamento era sempre di una
persona schiva e modesta, tanto che tutti lo chiamavano semplicemente
col suo nome di battesimo, senza adontarsi che non venisse appellato con
“professore”, oppure col famigerato “don”, preteso invece
odiosamente da altri. Questa cosa però non veniva ritenuta giusta dal mio dirimpettaio
Peppino, detto “Mastron”, il quale (unico in paese) quando gli passava
davanti a casa, rispondeva al suo saluto chiamandolo invece “don
Francesco”. Francesco non negava mai il saluto a nessuno, anzi era sempre lui il
primo a salutare chi incontrava, anche quando è diventato sindaco di
Banzi; ed è stato solo da lui che ho ricevuto un’accoglienza riguardosa
in municipio la prima volta che, preso servizio in due comuni in provincia
di Varese come segretario comunale, ritornai al mio paese. Sono certo che, se Francesco avesse rivestito tale carica
successivamente, quando i sindaci hanno acquisito la facoltà di scelta del
segretario comunale, non si sarebbe limitato a fare con me solo il “quaquarone”,
mi avrebbe proposto seriamente di collaborare con lui. Però, Francesco, seppure ora è troppo tardi, debbo rivelarti che
un motivo d’invidia l’ho avuto nei tuoi confronti. E’ accaduto
quando nell’estate del 1968 è venuta a ripetizione da te Teresa
Giacomino, per riparare a settembre matematica. Ti invidiavo perché io
non la potevo vedere, tu invece, come suo professore, sì. Per tutte queste cose, mi è spiaciuto tanto Francesco non averti
potuto accompagnare nel tuo ultimo passaggio davanti a casa mia, diretto
verso la piazza ed oltre. Immagino che anche questa volta, per quanto hai potuto, avrai salutato tutti coloro che hai incontrato, forse hai sollevato anche lo sguardo e la mano verso il balcone di casa mia per cercare e salutare anche me. Allora io qua da lontano desidero di cuore rispondere a questo tuo saluto, dicendoti: “Ciao Francesco”. Allo stesso modo tuo, "penso" anch'io che, nel mondo dove ora sei approdato, per l'alto esempio di umanità che hai dato su questa Terra, non potrà non esserti concesso un posto di grande onore.
Se non l'avessi appresa da mia sorella, la notizia l'avrei avuta comunque da Gerardo Renna, che si è premurato di telefonarmi diverse volte e, non avendo risposta (perché eravamo al mare), me l'ha partecipata tramite lettera, perché - mi scrive Gerardo - " ... penso che Francesco era un po' anche tuo amico o, comunque, più che un semplice conoscente, visto che l'hai citato benevolmente in un tuo scritto a titolo "TRE DENOMINATORI COMUNI". Il mio amico Gerardo, poi, giacché, come me ed anche di più, è solito trasformare in poesia ogni evento, anche per questo che ha riguardato Francesco non ha mancato di fare una composizione: avendomela allegata alla lettera, sottintendeva l'implicito desiderio che la pubblicassi in questo sito. Ovviamente, io non potevo essere scortese con Gerardo ed allora ecco...
UN COLPO AL CUORE...!
Francesco,
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15 maggio 2011