MICHELE FEO: TRE DENOMINATORI COMUNI
Non so se l'Assessore alla cultura di Banzi, Renato
Armignacco se non sbaglio, stia ancora gongolandosi per il successo dell'ultima
(e prima sua) "Estate Bantina", con i due memorabili eventi della
"Festa dei cinquantenni" e della presentazione del libro di poesie
"L'eco del cuore", oppure si sia già proiettato e tuffato a
programmare quella prossima del 2005.
In questo secondo caso, se non avesse già completato
il calendario delle manifestazioni future, mi permetterei di suggerirgli di
inserire, come momento culturale di rilievo, una serata con Michele Feo - illustre personalità banzese, divenuto pisano d'adozione, docente di Filologia
medievale ed umanistica all’Università di Firenze - il quale sta imperversando
in questi giorni, anche su
internet, per essere il presidente del Comitato Nazionale, costituito presso il Ministero per i Beni e per le Attività
Culturali, per le celebrazioni del VII centenario della nascita di Francesco
Petrarca: si vedano al riguardo il sito creato ad hoc < http://www.franciscus.unifi.it
>, nonché una sua intervista
sulla mostra ed un suo saggio su
Petrarca.
In una recente intervista, apparsa sul sito <http://www.comune.pisa.it/doc/cultura/doc/MicheleFeo.htm>,
egli dichiara: “Petrarca è un uomo che ha lasciato un’immensa eredità,
padre della lirica europea, profeta dell’identità nazionale, inventore
dell’umanesimo, protagonista assoluto della cultura europea. E’ per questo
che il mondo civile quest’anno lo celebra in maniera diversificata in vari
angoli della terra, da città grandi a piccoli paesi, dall’Italia
all’Europa, al Messico, agli Stati Uniti, all’India. E’ una fibrillazione,
un amore che ha investito soprattutto il mondo degli studiosi, ma le cui
propaggini sono arrivate al grande pubblico mediante i mezzi di comunicazione di
massa, giornali, radio, televisione, riviste, internet “.
Sia pure un anno dopo, potremmo celebrare Petrarca anche
nel nostro piccolo paese, riprovando ammirazione nel saggiare più da vicino la
sua dottrina vasta, eclettica e raffinata - che ha lasciato un'impronta profonda
ed indelebile, non circoscritta nei confini nazionali ed inossidabile nel tempo
- ma anche emozione nel ricordare la sua umanità
non dissimile dalla nostra, quando, sette secoli fa, andava in giro "solo e
pensoso per i deserti campi per misurarli con passi tardi e lenti, portando gli
occhi per fuggire intenti ove vestigio uman l'arena stampi".
L'occasione potrebbe essere propizia anche per ascoltare
Michele Feo poeta, alcuni versi attinti dai suoi "Canti di Banzi", che mostrano quanto egli, oltre a dare lustro al
nostro paese per essere un insigne docente universitario, non abbia reciso il
suo legame d'affetto verso la terra natale. Che strano, succede sempre così: bisogna andare
lontano per amare di più una persona, un luogo; forse accadrà così anche con
la nostra stessa vita, che chissà quanto rimpiangeremo quando saremo
nell'aldilà, mentre qua invece non riusciamo ad apprezzarla a pieno, la
dilapidiamo tante volte inutilmente.
Ma immagino voi vi starete già chiedendo: cosa c'entra ciò
con i tre denominatori comuni? Quali sono essi?
Calma, sto per arrivarci, del resto essi erano solo uno spunto per inserire
Michele Feo, quale banzese illustre, in questo sito - che, come ha detto
qualcuno, è "quasi ufficiale su Banzi" - per dargli un minimo di
spazio e di onore che merita.
E benintesi, ciò di per sé, senza alcuna influenza per
avere egli lo stesso cognome del professore di matematica Francesco, ex sindaco
di Banzi, per una sorta di simpatia e stima "derivata", perché non so
neppure se intercorra un rapporto di parentela fra Michele e Francesco Feo.
Un rapporto di parentela stavo per averlo io direttamente
con Francesco, come cugino, se non fosse morta la prima moglie di mio padre,
Filomena Simone, sorella di sua madre, anche se io sono comunque più che
contento di avere avuto la madre che ho avuto, pur comprendendo il terribile
dispiacere patito da mio padre. Del resto, anche suo padre Domenico e suo
fratello Nicola hanno avuto la sventura di doversi sposare due volte.
Ma ecco, finalmente, i tre denominatori comuni.
Il primo, ovvio, per aver avuto con me gli stessi natali
nella terra di Banzi, ed essere poi finito anch'egli altrove lontano.
Il secondo, perché anch'egli ha sentito il bisogno di
dedicare delle poesie a Banzi, tra cui una "Fons Bandusiae", anche se
la sua rappresenta una traduzione dell'ode oraziana, la mia invece una libera
interpretazione.
Ma anche il terzo denominatore non mi piace meno avere in
comune con Michele Feo: si tratta di una persona a me cara, Michele Rigato, con
la quale ha anch'egli un rapporto di affetto, scoperta che ho fatto qualche
giorno fa, in occasione di un triste evento che ha colpito Rigato.
Il 13 di questo mese di ottobre mi giunge, purtroppo, una di
quelle telefonate che non vorresti mai avere: da Bologna Francesco Rigato,
figlio di Vito e nipote di Michele Rigato, mi informa - io ho avuto il
privilegio di essere tra le persone subito avvertite - che il mio compare si
trovava in condizioni gravi all'ospedale. La situazione viene rappresentata in
termini disperati, lasciandomi affranto e sbigottito. Trattavasi per fortuna di
un falso allarme ed il mio compare, invece, sempre lucido e coriaceo, si
riprendeva dall'intervento i giorni successivi e recuperava sorprendentemente.
Io mi sono tenuto sempre in contatto con la mia comare
Antonietta, moglie di Michele, rincuorandola ed incoraggiandola con delle lunghe
conversazioni telefoniche. Durante una di queste, lei mi ha letto una lettera,
bellissima, proprio di Michele Feo da Pisa, che ho scoperto così stimare ed
amare, insieme a me, Michele Rigato (sono riuscito qualche giorno dopo ad avere tale lettera
direttamente dal suo autore, ma, sebbene mi sarebbe piaciuto farlo, non la
pubblico qua, per rispetto della privacy, trattandosi di qualcosa molto
personale).
Mi è piaciuto tanto
ciò che egli ha scritto riguardo al libro "E Così Fu", che ha
dichiarato di apprezzare, come me, ed in particolare il fatto che egli avrebbe
ritenuto più genuine ed interessanti le memorie del mio compare, se fossero
state pubblicate esattamente così come egli le aveva scritte, errori
grammaticali compresi, che avrebbero avuto, a mio avviso, lo stesso valore di una sorta di
licenza poetica.
Facendomi interprete del comune sentimento d'affetto avuto
con Michele Feo verso Michele Rigato, voglio augurare al mio compare, che ha
compiuto 92 anni il primo ottobre, di poter riprendere pienamente le sue forze,
sì che, se non può garantirsi l'immortalità, possa festeggiare con la mia
comare Antonietta, i suoi quattro figli ed i tantissimi nipoti ancora diversi
compleanni, almeno da arrivare a completare il secolo.
Scommetto che egli non mancherebbe di rievocare qualche altro
ricordo della sua vita, sfuggito alla prima pubblicazione del suo libro,
offrendo caso mai ancora anche a noi la gioia di condividerlo, questa volta senza manipolazioni di
nessuno. Ed io, insieme a Michele Feo, ci annovereremmo ancora tra i primi entusiasti suoi lettori.
Perciò, rinnovo tanti auguri al compare Michele Rigato,
accompagnati dalla speranza di poterlo incontrare ancora, caso mai a Banzi, una
sera d'agosto, in compagnia di Michele Feo, che non mancherebbe di far sentire
dalla sua viva voce, oltre a versi di Petrarca e suoi dei "Canti di
Banzi", anche le belle parole che ho sentito indirettamente per
telefono dalla comare Antonietta, sulle emozioni da lui provate a leggere il racconto
della vita di Michele Rigato, che non fu, ma che è ancora.
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Appendice
1 -
Ormai il titolo alla pagina è stato dato e non mi sembra opportuno cambiarlo,
altrimenti esso sarebbe dovuto diventare "Michele Feo: quattro denominatori
comuni", avendo scoperto di recente che anche Feo, come me, ama la gatta,
seppure la sua abbia il nome Kobolda, invece "La
mia gatta non aveva nome".
Vedi di Michele Feo:
- La
guardia agli sposi: - Leggere |
28 ottobre 2004
02 settembre 2005