COME SI CHIAMANO?
... e come si festeggiano?

     

So che ci sono le nozze d'argento, le nozze d'oro e quelle di platino, per indicare il raggiungimento rispettivamente dei 25, dei 50 e dei 75 anni di matrimonio.

Ma quelle del 40° come si denominano?

Nessun problema, basta andare in internet e si scopre tutto.

Allora sono "nozze di rubino" quelle che facciamo domani 23 dicembre 2018 io e mia moglie Teresa.

Solo che non abbiamo organizzato nulla per festeggiare il ragguardevole anniversario. Esclusi i viaggi, soprattutto esterofili, a rischio di attentati, si pensava di radunare tutta la famiglia allargata per andare a mangiare nello stesso ristorante in riva al lago dove consumammo il pranzo nuziale.

Senonché il locale è in ristrutturazione.

Andare ad abbuffarsi in altro posto non ci diceva nulla, considerando anche che, diventati pressoché vegetariani, non ci si rimpinza più come una volta.

Tempo permettendo, allora, dopo un parco pranzo fatto a casa (possibilmente io e lei da soli), ritorneremo ancora in riva al lago di Gavirate per farci una bella camminata di dieci chilometri sulla pista ciclopedonale, come l'ultima di qualche giorno addietro.

Sì perché non ci siamo mai sentiti bene in salute come adesso, essendo le visite con mio cognato medico solo di piacere, mai di bisogno.

Ieri è stato intervistato Piero Angela (che ebbi l'onore di avere seduto a pranzo al mio fianco il 30 agosto 2007 durante il superquark speciale a Bognanco) in occasione del suo 90° compleanno: i consigli che ha dato per vivere bene in età avanzata sono già da noi messi in pratica, sicché rimane solo la preoccupazione per l'INPS, che dovrà destinarmi almeno un paio di milioni di euro per il tempo che camperò, anche se una consistente parte se li riprenderà indietro lo Stato come IRPEF.

Comunque, lunga o corta che sarà la mia vita, spero possa verificarsi ciò che accadde a Filemone e Bauci nelle "Metamorfosi" di Ovidio, scoperte grazie al "befanino" che ebbi il privilegio di avere da Michele Feo e la moglie Gabriella Mazzei in occasione, guarda caso, della ricorrenza del loro 40° di matrimonio, avvenuta il 3 agosto 2005.

Lo si apprende dagli esametri dattilici 704 e ss. dell'opera (tradotta in italiano) che recitano:

"Allora il figlio di Saturno parlò tenere parole:

«Dite, o giusto vecchio e tu, donna degna di giusto coniuge, cosa desiderate».

Dopo essersi consigliato un poco con Bauci, Filemone aprì agli dèi il loro pensiero comune:

«Di essere sacerdoti e custodi del vostro tempio chiediamo, e poiché abbiam vissuto in accordo i nostri anni, la stessa ora ci porti via tutti e due, né mai io veda la tomba di mia moglie né sia sepolto da lei».

 Il voto fu esaudito: furono messi a guardia del tempio, finché vita fu loro concessa; mentre stavano un giorno, sfiniti dagli anni e dall'età, davanti ai sacri gradini e si raccontavano la storia del luogo, Bauci vide Filemone metter fronde e il vecchio Filemone vide frondeggiar Bauci.

Cresceva la cima sui loro due visi e loro, finché poterono, si scambiavano parole e nello stesso istante «Addio», dissero, «o consorte», e nello stesso istante la scorza nascose e suggellò le loro bocche: ancora mostrano lì i bitini i tronchi accostati sorti dai loro due corpi.

Il “befanino” ricevuto lo pubblicai in questo sito il successivo 13 agosto con una breve mia introduzione.

Persino tale pagina fu in seguito impugnata dal mio defunto maestro a motivo di querela nei miei confronti, poiché mentre io "mi autocelebravo nella celebrazione dell'Insigne Cattedradico Fiorentino", viceversa "interpretavo e proponevo ogni sua azione (NdR del maestro) con parametri alterati", avendo scritto che a Banzi "la scena era occupata dai cinquantenni capitanati da don Peppe, e dal loro clamore", mentre egli si era solo limitato, dietro ripetuto invito dei festeggiati, a pronunciare un discorso per "solennizzare" l'evento... senza il quale, evidentemente, il festeggiamento sarebbe stata cosa davvero insulsa.

Peccato che quel discorso non me l'abbia fatto avere mai nessuno, perché avrei composto un'antologia con insieme tutti gli altri discorsi fatti dal primo cittadino di Banzi negli ultimi quattrodici anni.  

Ah, dimenticavo, quel discorso, ovviamente, l'avrei inserito senz'altro anche in questo sito, in modo da beneficiare pure esso del prodigio della solennizzazione.

Al riguardo non posso però omettere di far notare che la pagina da me pubblicata (anche uno scolaretto se ne sarebbe reso conto) era finalizzata non a celebrare "l'Insigne Cattedratico Fiorentino" (che non aveva titolo a fare la mia modesta persona), bensì a far condividere la favola di Ovidio, solo nei cui versi ho trovato espresse "manifestazioni di delicatezza d'animo in cui non ho fatto alcuna fatica a riconoscermi, trovandole in un certo senso affini ad alcune mie visioni poetiche". 

Viceversa il "discorso" del fu maestro/direttore didattico, ammesso pure che abbia raggiunto lo scopo di "solennizzare" la festa dei cinquantenni, certamente ha perseguito quello di "solennizzare" il suo smisurato sentimento di ego, non affievolitosi in lui neppure alla veneranda età di 86 anni.

Comunque, anche se la querela non ha sortito il risultato sperato, in ogni caso al mio paese  è negato il diritto sancito dall'art. 21 della Costituzione "di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" e chi lo fa, soprattutto se nei confronti di barbassori, viene additato col pollice verso e fatto oggetto di forme di ostracismo, non dissimili da intimidazioni di tipo mafioso, estese queste anche nei confronti di chi non ha nulla a che fare con le mie manifestazioni.

Un effetto di tale ostracismo sarà stato anche il fatto che Michele Feo non mi ha inviato più i suoi “befanini”, probabilmente convinto da qualcuno - un po' come fece una sindaca nel 1998, che si prese la briga di telefonare nei comuni dove andavo a propormi come segretario per sconsigliare i suoi colleghi… "non immagini con chi avresti a che fare!", ma anche come quell'altra gente che sconsigliava Teresa Giacomino dal prendermi per marito, poiché reo di avere un padre (che accuse infamanti si inventavano) che aveva fatto morire la sua prima moglie) - che ero un soggetto non degno di avere rapporti con lui.

Del resto, può essere stato indotto ad immaginarlo forse anche da solo, giacché veniva egli per la celebrazione di Petrarca a Banzi (da me suggerita) e non mi trovava; veniva per la stessa celebrazione a Gorla Minore (sempre da me proposta) e non mi trovava ancora, perché cacciato nel frattempo via.

Basta, avrà pensato, non ci si può fidare di uno che bidona sempre! Ma La prego Professore, mi conceda un'altra chance ancora, sono sicuro che adesso mi troverebbe senza ombra di dubbio perché ... abito proprio in via Petrarca!

Peccato, sarei stato curioso di leggere almeno il “befanino” delle sue nozze d'oro, il cui anniversario è avvenuto tre anni addietro. Ciò non mi impedisce di cogliere l’occasione per fare comunque i miei migliori auguri al professore Feo per gli ottanta anni compiuti in non so quale mese e giorno di quest'anno!

E peccato anche che, estraniandomi dal mio paese, mi sia privato di andare a festeggiare lì l'importante evento di matrimonio: con mia moglie avremmo pranzato piacevolmente al famoso agriturismo di "Moncamasone", poi, dissetatici alla “Fons Bandusiae”, saremmo andati a fare un bagno alle terme della Domus Romana, per concludere l'itinerario al "Templum Auguraculum in Terris", dove, scrutando il volo degli uccelli, avremmo potuto ricavare la predizione del nostro futuro. 

Ma la ciliegina sulla torta, sarebbe stato ascoltare il discorso che il mio amico sindaco, ovviamente, non avrebbe mancato di farci e che avrebbe "solennizzato" il nostro evento, senza il quale sarebbe stato cosa meno che scialba.

A ben considerare c'è sempre un discorso a scandire certi momenti della nostra vita. 

Il Capo dello Stato ce lo fa puntualmente, trasmesso su tutte le televisioni, dal 1949 alle ore 20:30 del 31 dicembre di ogni anno (ma io preferisco il concerto di capodanno da Vienna rispetto a tale discorso); il primo presidente della corte di cassazione fa il discorso per inaugurare l'anno giudiziario, indossando per l'occasione la classica toga cerimoniale rossa bordata di ermellino (e che c'entra il sacrificio di questa povera creatura con l'inaugurazione dell'anno giudiziario?).

Il prete fa il discorso (solito) nella celebrazione dei funerali (non chiedete al Signore perché abbia portato via il vostro caro, ringraziatelo per avervelo concesso fino ad ora. Una volta però mi ricordo che un prete ficcò Ronaldo (il brasiliano, non il portoghese CR7) dentro quel discorso, lasciando i parenti della defunta più costernati e sconsolati che mai.

Mio cognato quasi costrinse sua madre a fare il discorso in occasione del suo 90°  compleanno e lei, che riusciva a fare perfino discorsi al telefono (non so come) con la sua pronipotina Sophie, che parlava all'epoca una lingua tutta sua, per quell'occasione biascicò invece dalla commozione solo poche stentate parole.

Un discorso, guardate un po', fu chiesto addirittura anche al nipotino omonimo del web master di questo sito in occasione del festeggiamento al mare del suo quinto compleanno.

Non ne parliamo poi dei discorsi che i bambini sono chiamati a fare il giorno di Natale con la lettura della famigerata letterina, per me causa di autentico incubo.

Ed anche della nostra tappa coniugale, a ben considerare, non rimarrà infine altra traccia che ancora un discorso, fatto con le parole imbastite in questa pagina, che, se non sono valse a solennizzare l'evento, sono servite a farmi scoprirne almeno la denominazione, "nozze di rubino".

La voglio chiudere col rinnovato auspicio che possa ripetersi anche per noi la favola di Filemone e Bauci, realizzando il sogno, se non di diventare una delle querce contemplate nella campagna divina del mio paese natio, un cedro del libano, un faggio, un pino, un castagno, un noce, un ulivo di quelli che ho piantato nell'orto/giardino di casa qua in Lombardia, dove sto vivendo felice come Seneca.

In barba alle radici, me ne sono fatta presto una ragione, riuscendo a non imitare un mio collega pugliese, pure lui in pensione, che vive nella tristezza della nostalgia della sua terra, dove ci ritorna diverse volte all'anno, perché  sente il bisogno di esprimersi in dialetto.

Questo bisogno io non lo avverto affatto e, se ogni mondo è paese, è vero anche il contrario, cioè che ogni paese è nel mondo, e quello in cui vivo è un piccolo paradiso terrestre (una volta vi abitavano anche i dinosauri, come testimoniato dal recente ritrovamento fossile avvenuto a poca distanza), immerso come sono in mezzo a piante, fiori, uccelli di ogni specie, tortorelle cui diamo da mangiare ogni mattina, un posto dove potrebbe anche ripetersi la favola scritta da Ovidio.

 

 

22 dicembre 2018

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