GIUDITTA FEO SPOSA
... lo profetizzava già un verso rinvenuto ne "L'Epigrammata Bobiensia"
Non che questo sito
ambisca - tra l'altro - a diventare una succursale dell'albo delle pubblicazioni
di matrimonio di Banzi, ma non posso astenermi dal dare la sensazionale notizia
che, nel proseguire l'esegesi de "L'Epigrammata Bobiensia", dopo il
tormento per l'interpretazione del verso 13° - se cioè Penelope implorasse in
sogno il soccorso della nonna piuttosto che dell'ancella (clicca
qua se sei curioso di approfondire la questione) - è venuto alla luce
qualcosa che rinfranca lo spirito, conseguente alla decifrazione di un verso, questa volta non equivoco
e di valenza profetica, dal quale si evince che Giuditta Feo si sarebbe sposata.
Il professore Michele Feo, padre della sposa, sapendomi
appassionato delle questioni esegetiche de "L'Epigrammata Bobiensia", me
ne ha partecipato la scoperta, ma giacché la notizia riguardava una
persona della sua famiglia - la figlia - la sua riservatezza avrebbe comportato il
divieto di renderla pubblica in questo spazio. Tuttavia, avvalendomi di una
sorta di diritto di cronaca per l'evento profetizzato nella silloge poetica latina,
mi permetto di fare un garbato vulnus alla volontà del professore,
e pertanto di divulgarla.
Il professore Feo, che già alla nascita della figlia aveva raccolto i "Canti di Banzi" per offrirglieli quale
dono, ovviamente non poteva astenersi neppure per l'evento nuziale dal farle
ancora un omaggio poetico, dedicando a Giuditta Moly ed allo sposo Fabrizio,
l'«Aurea Aphrodite», un befanino stampato in 500 copie "per portare gioia
e amore al cuore degli amici nelle (loro) nozze ai primi di giugno luminosi
dell'anno 2005".
Io non ero tra gli invitati, ma il professore Feo mi ha
gratificato ugualmente dell'omaggio, facendomi così apprezzare la delicatezza di questa
raccolta di versi d'amore.
Anche lo sposo, per rimanere in sintonia con l'atmosfera
poetica che regna in casa Feo (... sembra che anche la gatta non di rado muova le
vibrisse per fare con le fusa degli endecasillabi), ha sentito di doversi cimentare a comporre
dei versi che, pare, abbia declamato durante il pranzo nuziale, dopo il fatidico sì.
Io ho avuto il privilegio di essere omaggiato pure di questi
versi che, a mia volta, faccio leggere volentieri ai visitatori:
ALLA MIA SPOSA GIUDITTA Ne "L'Epigrammata
Bobiensia" c'era la profezia vederti accanto a
me mia sposa ancora ti
prometto eterna fedeltà ed anche che
assumerò su di me pranzo e cena
addirittura fino a Natale se i signori
invitati vorranno rinunciare pure tu sarai una
sposa senza nei solo in sogno
peccherai talvolta senza coscienza ma per essere
soccorsa chi è che chiamerai
|
Non so se questa
scherzosa poesia sia stata gradita dalla sposa, e soprattutto dal padre Michele Feo, il cui
palato è molto raffinato per essere egli docente di Filologia medievale ed
umanistica all’Università di Firenze; molto probabilmente però sarà gradita
e fatta propria dalle migliaia di visitatori del mio sito, tanti dei quali vi approdano
proprio perché cercano poesie (ma anche scherzi... "La guardia agli
sposi" docet) da dedicare agli sposi: le nozze
di Giuditta Feo finiscono così per costituire un'occasione per offrire un utile
spunto al riguardo, anche se chi adotterà e declamerà i versi qui pubblicati
si asterrà con quasi certezza dal citarne la fonte, ovverosia che essi sono
stati composti direttamente ... dal cuore dello sposo di Giuditta.
Ma a proposito di "guardia agli sposi": si è
premurato il professor Feo di organizzarla per proteggere la privacy della
figlia e del genero ove avessero inserito anche Banzi tra le tappe del viaggio
di nozze?
Se avesse incontrato difficoltà a garantirne il servizio,
avrebbe potuto contare su di me come volontario. Allo scopo mi sarei fatto prestare la "paroccola"
già usata nel passato dal mio compare Michele Rigato, per tenere lontani
malintenzionati che avessero avuto in mente di fare "stride" agli sposi. Se
non fosse bastata, avrei potuto munirmi anche di due bastoni supplementari, quelli usati
da mio padre... anzi no, perché qualcuno ha deciso che dovessero finire tumulati
insieme a lui: gli siano serviti almeno per sorreggersi durante
l'attraversata del cielo per andare in paradiso.
Però avrei potuto chiedere a mio padre di
venirmi in sogno per farmi ascoltare gli stornelli che cantava nell'aia alla
giumenta durante la pigiatura del grano per tenerla sveglia, in modo da poterli
dedicare agli sposi durante la guardia, affinché, anche loro, fossero potuti rimanere
svegli per consumare un'intera notte d'amore, fino a quando non fosse passata davanti ed
avesse bussato alla porta un'altra zia Vincenzella per annunciare: “Iè fatte iurne”.
3 agosto 2005